L'emergenza stenelle striate non accenna ad attenuarsi. Siamo arrivati ad oltre sessanta esemplari che sono stati trovati spiaggiati in circa due mesi a cui si devono aggiungere altri cetacei di specie diverse che sono stati trovati morti. Il fenomeno, senza dubbio eccezionale, ha ormai assunto dimensioni estese e preoccupanti tanto che è stato istituito un tavolo di lavoro con la partecipazione congiunta di ministero dell'Ambiente e della Salute, Istituto zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, Università di Siena e di Padova, che ha svolto la prima riunione lunedì scorso. Greenreport ha chiesto alla professoressa Letizia Marsili, del dipartimento di Scienze ambientali dell'Università di Siena che ha partecipato ai lavori, di fare il punto della situazione.
«Stiamo continuando gli accertamenti e le analisi. Ci sono varie ipotesi in corso ma per ora non posso dire altro. Prossimamente uscirà un comunicato ufficiale congiunto».
Rimane valida l'ipotesi dell'infezione batterica?
«Si rimane valida. Negli animali che è stato possibile analizzare, visto che molti hanno carcasse in pessimo stato di conservazione, sono stati trovati batteri fotosensibili ma non pare che questa possa essere la causa che ha provocato la morte. Inoltre alcuni esemplari sono stati trovati positivi al morbillivirus, altri al toxoplasma, altri alla brucella. Come dicevo ci sono varie ipotesi ed indagini scientifiche in corso».
A Siena in particolare che analisi state facendo?
«Posso dire che in 7 esemplari spiaggiati in Toscana stiamo verificando la presenza di organoclorurati o elementi in tracce.»
Ci sono state altre segnalazioni di spiaggiamenti nelle ultime ore?
«E' un continuo. Lunedì è stata trovata una stenella nell'oasi di Burano, stamani mi hanno segnalato dall'Elba, a Colle Palombaia, un esemplare di cetaceo spiaggiato ma non sappiamo ancora a quale specie appartenga, non ho ancora visto la foto. Senza fare allarmismi siamo di fronte ad un fenomeno anomalo. In due mesi sono stati trovati spiaggiati tanti esemplari quanti di solito se ne possono trovare in un anno. Quindi è giusto indagare a 360 gradi per riuscire a trovare le cause. Ad oggi, ma questa è solo una mia personalissima ipotesi, non si possono nemmeno escludere fenomeni di adattamento, con selezione naturale di individui più deboli, una risposta all'incremento della specie di stenella che è stata registrato negli ultimi anni».