La spiaggia libera è un diritto, ma ad oggi è un diritto troppo spesso negato. Per questo arrivano da parte di associazioni, comitati e cittadini le prime diffide ai sindaci di alcune località costiere per difendere il diritto di accesso alla spiaggia e fermare le proroghe previste dalla legge di bilancio. Il comune di Rimini e quello di Roma (quest’ultimo per il Lido di Ostia) sono i primi ai quali è stata inviata la diffida, e nei prossimi giorni anche altre amministrazioni della Versilia e della Sicilia, e Pozzuoli (NA) riceveranno lo stesso avviso formale. Quella messa in campo da associazioni, comitati e cittadini è la prima iniziativa legale coordinata e lanciata in Italia che ha come obiettivo quello di fermare la proroga delle concessioni per 15 anni, prevista dalla legge di Bilancio 2019, denunciando allo stesso tempo il problema che si continua a concedere concessioni senza controlli e a canoni bassissimi a fronte di guadagni rilevanti.
Se si continua di questo passo, si rischia di consolidare una situazione in cui già in troppe parti d'Italia è diventato quasi impossibile beneficiare di uno spazio che è di tutti perché demaniale; visto che in questi anni è cresciuto di anno in anno il numero di spiagge in concessione, e in alcune realtà si è arrivati a una vera e propria privatizzazione dei litorali in assenza di controlli.
L’iniziativa è stata presentata oggi a Roma, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, da associazioni e comitati locali per voce di Edoardo Zanchini (Vicepresidente Legambiente), Agostino Biondo (Comitato mare x tutti, Lido di Ostia-Roma), Claudia Vellusi (Coordinamento flegreo mare libero), Andrea De Piano (Comitato spiagge in comune, Versilia), Roberto Biagini (Avvocato, Rimini), Alfonso Sabella (Magistrato), Felice Besostri (Avvocato), Giuseppe Libutti (Avvocato), Maria Laura Turco (Avvocato). All’incontro sono anche intervenuti i parlamentari Riccardo Magi (+Europa), Loredana De Petris (LeU), Roberto Morassut (PD).
Quelle presentate oggi sono le prime diffide inviate ai Sindaci, nei prossimi mesi ma in diverse parti d'Italia seguiranno iniziative analoghe. In particolare le diffide mettono in evidenza il contrasto con la Direttiva 123/2006/CE, la quale all’art. 12 ha imposto agli stati membri che ”qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento” . La Direttiva, spesso denominata la famigerata Bolkestein, prevede che “l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.
Le associazioni dei balneari si battono contro le gare per evitare di perdere le concessioni, come è comprensibile, e hanno ottenuto una proroga al Governo che però è in evidente contrasto con le regole europee come confermato con chiarezza dalla perentoria sentenza della Corte di Giustizia Europea secondo cui il citato art.12 della Direttiva 123/2006 che deve essere interpretato nel senso che “osta a una misura nazionale che prevede il rinnovo automatico delle concessioni balneari”. Da qui la diffida, per evitare che si proceda con proroghe che sarebbero ben presto definite illegittime e aprirebbero un ennesimo conflitto con la Commissione Europea.
Piuttosto, come già avvenuto in altri Paesi europei, molto più senso avrebbe definire un nuovo quadro normativo che lavori nell’ambito di quanto già prevede la Direttiva, ossia che agli Stati membri è consentito tenere conto, “nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario”.
“Il nostro obiettivo - hanno sottolineato comitati e associazioni - è di far capire che una situazione così articolata - circa 30mila concessioni su migliaia di chilometri di coste sabbiose - non si può governare con proroghe e aggiramenti delle direttive europee che porterebbero solo a una procedura di infrazione contro il Governo italiano e all’annullamento degli atti approvati dai Comuni. Le spiagge italiane meritano ben altra attenzione, così come i cittadini di beneficiare di questi straordinari spazi anche senza dover pagare o chiedere il permesso per passare. Invece di insistere con le proroghe che non daranno alcuna certezza tanto ai concessionari balneari quanto ai Comuni, occorre approvare una riforma della normativa all'altezza di sfide che diventeranno sempre più complesse in una prospettiva di cambiamenti climatici e quindi di aumento dell’erosione costiera. Proprio per queste ragioni occorre introdurre regole nuove, che diano la possibilità di fruire gratuitamente del litorale fissando limiti alle spiagge che possono essere date in concessione (in alcuni Comuni si arriva all'80 per cento e libere rimangono solo quelle non balneabili!), ma anche criteri che indirizzino le forme di gestione per premiare le esperienze virtuose di corretta e sostenibile fruizione del litorale, come del resto prevedono le stesse Direttive europee”.
L’ufficio stampa di Legambiente: