Dopo l’allarme lanciato da Legambiente Arcipelago Toscano sulla estesa moria di nacchere (Pinna nobilis) a Giannutri, comincia a farsi più chiaro il quadro di una situazione che sembra davvero preoccupante, anche perché finora non ci sono rimedi.
L’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) Settore Mare, l’8 agosto 2018 aveva già realizzato un campionamento a Giannutri, trovando 64 individui di nacchere morti su un totale di 182, con una percentuale esemplari morti del 35%. Oltre che a Giannutri (Cala dello Spalmatoio) Le ricerche sono state effettuate anche a Capraia (Cala Rossa), Gorgona (tra Cala Martina e Cala Scirocco), in due siti di Pianosa (a sud di Punta del segnale e a est di Cala San Giovanni) e ad Ansedonia (Gr). Quindi l’azione del batterio killer (probabilmente associata a quella di un fungo) era già cominciata almeno l’anno scorso. Arpat ha naturalmente inviato i dati agli enti preposti, ma sarebbe bene che il ministero li pubblicasse in maniera davvero accessibile e informasse l’opinione pubblica e gli enti locali, oltre al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Il 6 e 7 giugno al 1st Sea Day a Livorno. un congresso organizzato da Società chimica italiana, che ha riunito eccellenze in ambito chimico, biologico e ingegneristico «per un confronto e uno scambio di idee finalizzato alla tutela del nostro più prezioso tesoro: il mare», Arpat ha anche presentato il Poster “Il monitoraggio degli habitat e delle specie protette ai sensi dell’addendum Direttiva Habitat nell’ambito della Strategia per l’ambiente marino” (realizzato da Mancusi C., Baino R., Cecchi E., Fani F., Marino G., Ria M., Verniani D., Voliani A., Benedettini G) che dà conto dei risultati dell’attività di monitoraggio, «nell’ambito della direttiva sulla Strategia Marina, svolta dal 2015 ad oggi, con particolare riferimento alle microplastiche, alle specie aliene, al coralligeno, al fitoplancton, ai rodoliti (noduli di alghe calcaree), agli habitat di fondo marino sottoposti a danno fisico dalle attività legate principalmente alla pesca, ed alle specie protette (Posidonia oceanica, Patella ferruginea, Pinna nobilis, tursiope, uccelli marini, ecc.) ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli».
Per quanto riguarda la Pinna nobilis, nel poster si legge che «Relativamente a questo mollusco bivalve, il più grande del Mediterraneo, il protocollo di monitoraggio ha lo scopo principale di acquisire dati sulla presenza, distribuzione, abbondanza e struttura demografica della specie. In particolare, all’interno di ciascuna area di indagine vengono individuati 3 siti di studio (celle di 100m x100m) dove eseguire 3 transetti (repliche) della lunghezza di 100 m ciascuno. Lungo ogni transetto sono stati conteggiati tutti gli individui presenti al fine di determinare la densità della specie (numero di individui per m); inoltre per ciascun individuo sono stati registrati dati sul suo stato di salute, profondità di rinvenimento, tipo di substrato e biometria: altezza della conchiglia che fuoriesce dal substrato, larghezza massima, larghezza minima alla base. Nel 2018 sono state indagate 6 diverse aree, localizzate principalmente lungo le Isole dell’Arcipelago Toscano (Pianosa, Gorgona, Giannutri, Capraia) e nell’area antistante Ansedonia. Non si sono trovate pinne nei transetti di Ansedonia ma sulle isole in totale si sono registrate e misurate 337 conchiglie, ad una profondità compresa tra 3,8 e 21,8 m. Di queste il 26% erano morte (n=86) ed il restante 74% (n=251) erano vitali. La moria registrata è un fenomeno segnalato precedentemente in Spagna e Francia. Alcuni campioni di mollusco vivo, ma piuttosto sofferente, sono stati prelevati ed analizzati ed è emersa la presenza di cellule e tessuti danneggiati dal parassita Haplosporidium sp., probabilmente responsabile della moria anche in altre parti del bacino Mediterraneo».
E il poster di Arpat presentato a Livorno rilancia l’allarme per la Patella ferruginea: «Nel 2018 sono state indagate 6 diverse aree, localizzate principalmente lungo le Isole dell’Arcipelago Toscano (Pianosa, Gorgona, Giannuti, Capraia), nell’area del promontorio dell’Argentario e lungo la costa livornese (Romito). Il monitoraggio è stato condotto nel periodo maggio-ottobre ed i dati raccolti prevedono: caratteristiche della costa (natura e pendenza del substrato, esposizione al moto ondoso, livello di protezione, accessibilità del sito), coordinate geografiche di inizio e fine del tratto di costa rocciosa indagato e dei transetti selezionati, presenza/assenza della specie, morfotipi della specie, densità degli individui, presenza di giovanili e presunti maschi e femmine, biometria degli esemplari (altezza della conchiglia, diametro maggiore e minore), posizione geografica della zona di ritrovamento, altezza rispetto al livello medio di marea, presenza di specifiche criticità e/o impatti da attività antropiche. Questa specie è stata registrata solo nelle isole di Capraia e Gorgona, solo in alcuni transetti».