La segnalazione di Antonello Marchese è molto interessante, e anch'io avevo già notato questo accumulo di eurite alcuni anni fa. Avevo provato anche a darmi una spiegazione del fatto, e ne era nata una considerazione, che espongo. Felice però di essere smentito da chi ne sapesse di più.
La presenza di ciottoli di eurite mi sembra poco naturale in un contesto geologico come quello di San Giovanni/Grotte, dove non è presente questo tipo di formazione geologica. Neanche più in quota, e quindi formatosi come deposito alluvionale dai fossi. Certo, potrebbe essere dovuto a un gioco delle correnti. Ma in grado di trasportare un accumulo così massiccio di ghiaie per centinaia di metri, dal Capo Bianco di dentro? Non mi addentro nella risposta, essendo materia di competenti.
A mio parere resta pesante l'ipotesi che sia un intervento umano. Sembra infatti un accumulo di ghiaie, in progresso di tempo andato eroso dalle mareggiate, che lo avrebbero dunque disperso sui fondali circostanti. L'unica traccia oggi visibile sarebbe quella del costone meno battuto dalle onde, i cui ciottoli sono forse rimasti protetti da terreno franoso o di riporto.
Ma quale ragione potrebbe spiegare un lavoro di spostamento di pietrame di questo tipo, allora? Quale grosso intervento lo avrebbe reso plausibile? E a quali anni sarebbe collocabile?
Una spiegazione potrebbe essere riconducibile alle vicende del fossato del Ponticello. Infatti questo è stato scavato proprio su un suolo a eurite. Si potrebbero aprire due strade per giungere a un'ipotesi. La prima è quella che lo lega ai lavori di scavo di esso.
Purtroppo spulciando i documenti noti non è possibile sapere dove potesse finire tutto il materiale estratto per l'apertura del fossato. Tuttavia doveva essere un problema di non poco conto, date le notevoli dimensioni delle pietre asportate. La prima idea di un fossato si deve a Bernardo Buontalenti, negli anni '70 del Cinquecento. Nel disegno progettuale del canale, l'architetto scrive significativamente in una didascalia: Qui sa da fare un foso largho bra[ccia] 100 incircha e la tera portarla a torno a la Linghuela. Quindi l'intenzione era di usare il pietrame di scarto per terrapienare la punta su cui sorge la torre del Martello. Ma non sarà Buontalenti il realizzatore del fossato.
Si dovrà aspettare il secolo successivo per l'apertura del canale, sotto il governatorato di Marzio Montauto. Tuttavia non è detto che l'accumulo avvenisse proprio in quegli anni, perché per un secolo si susseguirono lavori di adeguamento. Buon ultimo quello del 1721, con l'allargamento alla misura definitiva del fossato, come lo videro i nostri nonni, fino al 1920.
Questa ipotesi però potrebbe essere inficiata dalla natura dell'accumulo. Esso presenta solo ghiaie levigate dall'azione marina, mentre in caso di deposito di materiali di scavo, dovrebbero essere presenti anche pietrami vari e poco smussati.
Si apre così un'altra strada. Fin dalla sua nascita il canale mostrò i suoi limiti: nel 1614 il governatore Orazio Borboni di Sorbello rilevava che il letto era soggetto a interramento a causa del gioco delle correnti che si creavano tra darsena e mare aperto. Problema ricorrente, tanto che nel 1673 farà scrivere all'ingegnere Raffaello del Bianco: acciò non si finisca di riempire è necessario rivotarlo tanto più che riempendosi farebbe l'acqua morta con danno assai dell'aria. Lo stesso gioco di correnti inoltre erodeva incessantemente i parapetti, creando sgretolamenti nelle cortine della batterie, come si segnalava in una perizia sul crollo della batteria delle Fornaci, nel 1759.
Per cercare di risolvere tutti i problemi il fondo fu pavimentato e il parapetto, in origine a secco, venne murato. Fu dotato anche di una chiusa allo sbocco della rada e di un muro con apertura a quello sul mare aperto, in modo che l'acqua non stagnasse ma neanche scorresse troppo violentemente. Con questi accorgimenti il letto poteva essere svuotato e pulito con relativa facilità. È possibile dunque che il materiale asportato – questo sì composto in gran parte di sabbia e ghiaie levigate – potesse essere trasportato dove non fosse un incomodo e scaricato. E la spiaggetta a ridosso della punta delle Grotte poteva essere un punto ideale.
Tutto ciò è ovviamente solo un ipotesi. E per questo anch'io non posso che fare come Marchese e rimettere la palla agli esperti.
Andrea Galassi
Sulla questione da segnalare anche il breve (ma molto autorevole) commento del Prof. Marcello Mellini, geologo ferajese docente dell'Università di Siena, che in calce a quanto scritto da Marchese ed alla domanda "cause naturali o umane?" precisa:
Opera della natura, in epoca recente; origine nel "Capobianco di dentro" e trasporto lungo costa ad opera delle correnti dovute a ponente/libeccio
Recente: nella attuale fase climatica; per esempio, paleospiaggia depositatasi nelle attuali condizioni di livello del mare (diciamo dopo "il basso" dell' epoca romana, probabilmente prima delle trasformazioni o coeva delle trasformazioni operate in epoca medicea (estrazione di breccia per riempimento del piazzale Linguella). Conosco il sito; i ciottoli (a memoria) si presentano freschi in superficie e non mostrano alterazioni superficiali dovute a lunga esposizione subaerea.
E più "casarecciamente" Renzo Fabbri aggiuge un elemento di conoscenza:
Nel mio orticello a San Giovanni c'è un pozzo romano (ndr per "pozzo romano" si intende semplicemente pozzo tradizionale murato, non reperto archeologico) profondo parecchi metri, ed il fondo è tutto di ghiaie di discrete dimensioni.