Ecco come si presenta oggi l'area dell'ex laghetto rosso del Puppaio, nella miniera di Rio Albano, dopo la cancellazione (bonifica la chiamino altri), oltre un anno fa: un anonimo spiazzo desertico, buono solo per organizzarci un rodeo (se fossimo in Texas). Oltretutto ai lati le ruspe hanno spazzato via per sempre interessanti formazioni geologiche, resti degli scavi minerari, che davano al paesaggio colorazioni dal verdastro al turchino. Un angolo da cartolina, fotografatissimo dai turisti.
Se poi la volessimo chiamare bonifica, ci sarebbe da chiedersi perché il rottame di un'asfaltatrice continui a giacere lì abbandonato.
Ma il problema è la vera bonifica che andrebbe fatta. A poche decine di metri si trova una conca in cui si apre un altro laghetto. O meglio quella che da decenni è l'unica discarica a cielo aperto dell'isola che continua a mostrarsi nella sua bruttura. Anche con rifiuti speciali, come scaldabagni e pneumatici. Pure con scene da film horror, tipo una bambola assassina (dell'ambiente). E un mare di plastica, di almeno trent'anni (essendo la discarica degli anni '80), eppure dall'aria di chi vuole passarne qualche altro migliaio prima del fine vita. Addirittura le bottiglie a mollo ci stanno tanto bene da creare un golfo di plastica, in un bel brodo di liquami di acqua stagnante.
Quindi, questo sì un paesaggio da cartolina da salvare, mica un comunissimo laghetto rosso.
Andrea Galassi