Sulla nuova legge regionale -Parigi ne sa qualcosa- non sembra facile intendersi neppure con chi dovrebbe provvedere, e non soltanto in questo caso, ad assicurare un confronto il più possibile partecipato.
Intanto sui protagonisti che sembrano ancora soltanto la regione e i comuni bastevoli comunque per non intendersi.
Ora la legge in discussione riguarda anche la legge del 2005 e segue il più che chiacchierato PIT che anche la regione decise di rivedere tanto da affidare alla Facoltà di Architettura di Firenze di predisporre con le altre Università toscane uno studio pubblicato recentemente. Studio che del PIT rivede le 38 schede del paesaggio e ridisegna una mappa ambientale regionale attendibile su cui dovrebbe esercitarsi quel governo del territorio della regione che nè la legge del 2005 e neppure il PIT avevano risolto al meglio. Erano rimasti infatti non pochi aspetti irrisolti a cominciare, ad esempio, dal ruolo dei parchi e delle aree protette.
Io ricordo come vicepresidente del parco di San Rossore le vivacissime polemiche di allora in più di un incontro anche regionale e sulla stampa con gli assessori Franci e Conti. Riuscimmo a far evitare qualche gaffe imperdonabile ma il ruolo dei nostri parchi ne uscì comunque ridimensionato.
Da qui l’impegno prima con Artusa, poi con Betti e infine con la Bramerini a presentare una nuova legge regionale tanto più che alla partita nel frattempo si erano aggiunte le ANPIL anche in aree cruciali come la Val d’Orcia. Una presenza che implicava però anche il coinvolgimento non solo dei comuni ma soprattutto delle province e dei loro piani territoriali di coordinamento. Nonostante le ripetute assicurazioni non è successo niente. Anzi la situazione è ulteriormente peggiorata al punto che i nostri presidenti di parco non beccano alcuna indennità e dell’assessorato ai parchi si sono perse da tempo anche le tracce. Alla bisogna dovrebbe provvedere ora il nuovo piano paesaggistico sulla base dell’accordo con il ministero dei beni culturali e dei 20 ambiti che dovrebbero prendere il posto delle 38 schede sul paesaggio che nessuno rimpiangerà.
Ecco perché alla luce di questa situazione riesce difficile capire come la partita possa riguardare solo la regione e i comuni specie dopo quel che accaduto con le comunità montane e presto dovrebbe accadere con le province. Davvero quella road map del volume appena pubblicato potrà essere gestita –ammesso che si trovino d’accordo- da regione e comuni? Davvero qualcuno può pensare -come si sostenne nel 2005 e dopo- che alla programmazione e governo del territorio devono provvedere solo gli enti elettivi? E le nuove province, i parchi, i bacini stanno in panchina mentre Firenze fa il bello e soprattutto il cattivo tempo?
Ha ragione Parigi specie quando ricorda la necessità di una svolta urbanistica che per essere tale deve entrare in un circuito che riguarda anche ben altre norme e discipline pianificatorie sempre che a Firenze vogliano questa volta prenderne atto e con minore irritabilità.