Uno studio di ormai diversi anni fa rilevò che all'Elba si produceva una percentuale inferiore al 5% delle derrate ortofrutticole che vi si consumavano. Non sappiamo quanto il dato possa essere mutato, ma è certo che solo una parte minima delle "potenzialità agricole" insulari viene effettivamente sfruttata.
Con l'intervento di Angelino Carta - che segue - intenderemmo aprire un dibattito sul fronte agricolo-economico-ambientale.
Ecologia ed economia possono convergere in maniera proficua, mettere o rimettere a coltura una significativa porzione del nostro territorio, ed implementare le attività silvo-pastorali, non creerebbe solo una (non trascurabile nei numeri) nuova occupazione, ma arricchirebbe ambientalmente l'Elba. Si pensi ad esempio alle ricadute di un ripristino dei terrazzamenti ed alla valenza monumentale-paesaggistica che avrebbe, insieme alla funzione antincendio dei coltivi, e alla regimentazione del reticolo idrogeologico che ne deriverebbe, con la derivante mitigazione degli effetti dei fenomeni alluvionali.
Attendiamo quindi altre "riflessioni agricole" anche da parte di esperti di altre discipline che con l'agricoltura hanno contiguità (citiamo a titolo esemplificativo urbanistica, archeologia, marketing, promozione turistica...) sperando di finire per raccogliere un insieme di idee che somigli ad una concreta proposta di governo del territorio. Proviamoci
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Il recente ritrovamento di una nuova stazione della felce tirrenica (Dryopteris tyrrhena Fraser-Jenk. & Reichst.) è una notizia positiva perchè conferma che una pianta rappresentante del paesaggio rurae dell'isola ancora sopravvive nonostante negli ultimi decenni le superfici agricole abbiano subito una fortissima contrazione. La felce tirrenica è infatti una pianta tipica delle stazioni rocciose e tradizionalmente i muretti di pietre a secco dei coltivi terrazzati hanno rappresentato una validissimo habitat per questa e innumerevoli altre specie vegetali e animali.
Infatti, nel Mediterraneo, incluso le nostre isole, le attività umane tradizionali e millenarie hanno contribuito alla complessità spaziale e temporale, rafforzando la variazione ambientale in un paesaggio già naturalmente caratterizzato da una elevata eterogeneità.
Tipico esempio di eterogeneità è la presenza di diversi stadi dinamici della vegetazione a contatto tra loro in mosaico di poche decine di metri quadri: pratelli annui e perenni, garighe, macchie basse, macchie alte, foreste di leccio, rappresentano la naturale successione evolutiva della vegetazione da formazioni pioniere a quelle più mature.
In un contesto così variabile, e in particolare negli habitat come la gariga, la macchia bassa e i soprattutto i pratelli è ospitata gran parte delle biodiversità vegetale delle isole. Si tratta soprattutto di piccole piante annue che superano la stagione arida in forma di seme.
Questa diversità vegetale garantisce la presenza di significativa diversità di invertebrati grazie ai quali trova sostentamento anche la ricca avifauna migratrice che passa o stazione sulle nostre isole.
Purtroppo, proprio a causa della contrazione delle superfici agricole è stata registrata la scomparsa di diverse decine di specie vegetali e molte altre un tempo molto frequenti sono conosciute per poche o singoli popolamenti, tra le quali appunto la felce tirrenica.
Per quanto riguarda questa specie, si potrebbe pensare che rispetto a gran parte delle piccole piante annue dei pratelli, il rischio di scomparsa è minore perché è una pianta perenne con individui che persistono numerosi anni. Inoltre i popolamenti attualmente conosciuti, si trovano in corrispondenza di affioramenti rocciosi che con buone probabilità rallentano lo sviluppo della vegetazione, in altre parole è più difficile che in quei siti si sviluppino habitat chiusi come la macchia alta che renderebbe inospitali i siti nei quali cresce questa preziosa pianta.
Tuttavia, trattandosi di una felce, la riproduzione sessuale e quindi l'incontro dei gameti in questa specie è reso più difficile perchè non possiede fiori o organi riproduttivi appariscenti ma si diffonde disperdendo microscopiche cellule dette spore.
In conclusione, si può ipotizzare che le stazioni di felce tirrenica dell'isola siano residui di un popolamento più ampio e compatto che vegetava fino a pochi decenni fa in prossimità di gran parte delle coltivazioni a terrazzamenti. Questo è solo un esempio di una possibile associazione tra paesaggio agricolo tradizionale e biodiversità, ma molti autori ritengono addirittura che l'attività antropica tradizionale dovrebbe essere interpretata come un elemento ecologico integrale della storia biologica mediterranea, non solo modificando strutturalmente il paesaggio, ma con effetti sul flusso genico e sul potenziale evolutivo delle specie.
Angelino Carta