In questi mesi pandemici conditi di cambiamenti climatici, abbiamo sempre più la dimostrazione che i paesaggi con una significativa matrice naturale sono più resistenti e resilienti alle perturbazioni rispetto ai sistemi antropici iper-semplificati. I sistemi con una marcata componente naturale, offrono numerosi vantaggi per l'essere umano, che prendono il nome di servizi ecosistemici. Quantificare economicamente questi servizi è ormai una consuetudine; infatti basta pensare al sistema di scambio commerciale delle quote di anidride carbonica emessa, proposto dal protocollo di Kyoto e l'assorbimento della CO2 da parte degli organismi vegetali che da milioni di anni utilizzano questo gas, come fonte di carbonio nella fotosintesi: il servizio ecosistemico fondamentale che garantisce la vita sul pianeta terra.
Anche a livello locale, i servizi offerti dagli ecosistemi sono governati principalmente dalle specie vegetali, in particolare dalle piante terrestri capaci di regolare il ciclo dell'acqua, di modulare i processi sedimentari e di attivare le catene trofiche che alimentano tutti gli esseri viventi. Tutto questo è possibile, non solo perché le piante sono i produttori primari di sostanza organica, ma anche perché sono capaci di strutturare gli habitat in termini fisici (paesaggio tangibile) e addirittura di modulare il clima locale (immaginate il fresco di una lecceta).
Nel bacino del Mediterraneo, incluse le isole dell'Arcipelago Toscano, l'azione millenaria dell'uomo ha creato un paesaggio tradizionale considerato un elemento insolubile dei processi evolutivi naturali. Si possono riconoscere diversi tipi di paesaggio rurale nel Mediterraneo, ma sono tutti caratterizzati dalla contemporanea presenza di coltivi, spazi aperti, siepi, boschetti e foreste che in proporzioni variabili generano un paesaggio con una tipica tessitura a mosaico. Forse, forte dell'esperienza millenaria, l'essere umano ha compreso che questa antica ricetta massimizza l'offerta ecosistemica di servizi produttivi (diretti=agricoltura e indiretti=legname e pastorizia), protettivi (contenimento dei fenomeni naturali estremi) e persistenti (coltivi riconvertibili a bosco e viceversa). Numerose sono le ricadute positive offerte dal paesaggio rurale tradizionale, che possono essere garantite solo quando quel paesaggio è vissuto. Vivere e comprendere l'identità del paesaggio è il presupposto fondamentale per valutare le potenzialità del territorio, riconoscendo i luoghi dove intervenire nel modo più appropriato attraverso l'esperienza dei paesaggi rurali.
L'abbandono delle pratiche agricole tradizionali ha determinato una frattura in questo delicato equilibrio funzionale, il primo risultato è la perdita di preziosi habitat, la riduzione dell'eterogenità ambientale e la banalizzazione del paesaggio sensibile. In questo frangente è opportuno menzionare il servizio estetico e turistico garantito dai paesaggi rurali che appagano il visitatore attraverso numerose esperienze che coinvolgono tutti gli organi di senso, dalla visita agro culinaria, alle gite naturalistiche fino al potenziale connubio con le attività artistiche. Ecco perché anche il ritrovamento di una piccola pianta come la felce tirrenica è di buon auspicio; significa che siamo ancora in tempo, prima che il processo sia irreversibile, per recuperare almeno una parte del paesaggio agricolo tradizionale e delle sue funzioni, a vantaggio delle economie locali di impronta sostenibile e identitaria.
Angelino Carta