In seguito all’accesso civico richiesto il 25 febbraio 2020, il 17 luglio 2020 il segretario generale del Comune di Portoferraio ha finalmente fornito la documentazione richiesta e ed evidenzia che «Si è riscontrata difficoltà al reperimento dei suddetti documenti. A seguito di approfondite ricerche non di competenza di questo ufficio è stato reperito il documento richiesto che viene trasmesso». Legambiente ringrazia sentitamente il dottor Mancusi, ma dalla ricerca di un documento che ha richiesto così tanto tempo per essere ritrovato è evidente che non poteva essere questo sul quale – come hanno asserito pubblicamente diversi Amministratori comunali portoferraiesi – si basava tecnicamente la decisione della Giunta Zini – dopo quella Ferrari - di abbattere l’intero filare di pini di San Giovanni, lungo la strada provinciale 25, perché evidentemente pericolosi.
Infatti, la "Valutazione delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità di parte degli alberi del Comune di Portoferraio" commissionata nel 2015 dall’Amministrazione Ferrari e realizzata dal Dott. For. Marco Mucini e Dott. Agr. Giacomo Cortini, evidenzia che, dal punto di vista paesaggistico, il filare di pini di San Giovanni - SP 25 si trova in «aree che rientrano all'interno del D.lgs 42/2004 art. 134 come da cartografia estratta e riportata» e presenta una situazione che è del tutto diversa rispetto a quella proclamata dall’amministrazione comunale fin dal suo insediamento.
Ecco cosa scrivono Mucini e Cortini:
«Lungo la strada che collega Porto Azzurro e Portoferraio, in località San Giovanni, vegeta un filare singolo coetaneo, su entrambi i sensi di marcia, di pini domestici. Gli alberi sul lato sinistro procedendo verso Portoferraio, radicano a ridosso di un canale di deflusso delle acque meteoriche (quindi si può ipotizzare una asimmetria dell'apparato radicale dovuta alla non tolleranza di ristagni idrici da parte di questa specie). Da tenere conto del limitato spazio a disposizione delle radici anche del filare che sorge sulla destra, spesso sulla sommità di una scarpata più o meno accentuata, come si può osservare dalle fotografie allegate nelle singole schede, oltre che dalla vicinanza della strada stessa, a meno di un metro dal colletto, che crea una eccessiva compattazione del terreno con conseguente riduzione dell'areazione. I vari apparati radicali, venuti in superficie, hanno danneggiato il manto stradale, il quale per essere ripristinato avrà sicuramente creato danni alle radici. Ciò nonostante mediamente non si osservano segni o sintomi che facciano ritenere che l’apparato radicale ha subito danni significativi, sia dal punto di vista morfofisiologico che morfostrutturale. Certamente una ispezione approfondita di qualche apparato radicale oppure qualche prova di trazione controllata, aiuterebbero a sincerarsi maggiormente sulla capacità di resistenza dell’apparato radicale ma la situazione non sembra, almeno per il momento, indicare segni di preoccupazione, in quanto i danni generalmente implicano alterazioni sulla chioma (qui non visibili) in tempi abbastanza brevi.
Sul piano colturale, oltre l'abbattimento di circa 21 pini domestici e 10 cipressi dell'Arizona [ma solo per 6 esemplari esisteva l’urgenza di abbatterli perché pericolosi, ndr], si prescrive senz'altro la realizzazione di qualche intervento di potatura localizzata a carico del seccume dove presente e che si allontana dal corpo centrale, infatti quello presente al suo interno, come dimostrato da vari studi, è fondamentale nella dispersione della forza eolica, riducendo di conseguenza le sollecitazione sul tronco e sul piatto radicale stesso.
Discorso a parte va fatto per i cipressi dell'Arizona, i quali mediamente da un punto di vista della stabilità non presentano gravi difetti, mentre se si osservano dal punto di vista ornamentale e paesaggistico risultano scadenti. In questo caso è il gestore del bene stesso, ossia il Comune, che dovrà decidere l'eventuale sostituzione di questa specie».
Quindi, nel 2016, per i due professionisti incaricati dal Comune andavano abbattuti subito solo 6 pini e in seguito si poteva arrivare a 21, mentre i cipressi dell’Arizona – e non i pini – andrebbero sostituiti con specie meno "scadenti" dal punto di vista paesaggistico. Giudizio che non viene assolutamente espresso per il filare di pini.
Insomma i pini da abbattete secondo la relazione sono il 18% dei due filari da 62 esemplari sul lato sinistro e da 54 sul lato destro del viale alberato, non tutti, ma meno di uno ogni 5, gli altri sono stabili, in salute e non pericolosi! E’ quanto dicono da mesi inascoltati Legambiente e il Comitato salvaguardia alberi e verde pubblico isola d'Elba.
La stessa relazione commissionata nel 2015, e l’altra sulle alberature del centro storico di Portoferraio del 2018, indicano invece una pericolosità. Immediata o prossima, per decine di alberi: ben 50 tra centro storico e strade periferiche, dei quali l’amministrazione comunale Portoferraiese si è invece interessata poco o nulla, forse troppo occupata a dichiarare la pericolosità per 95 alberi che pericolosi non sono e che necessitano solo di un’attenta e costante manutenzione.
Invitiamo la giunta comunale portoferraiese a tenere davvero conto – letteralmente e non interpretandola fantasiosamente - della relazione che, secondo loro, autorizzava lo sterminio dei pini di San Giovanni e ad avviare gli abbattimenti e le sostituzioni necessarie.
Alla luce di questa documentazione - che non giustifica assolutamente l’abbattimento dell’intero filare di pini di San Giovanni, come ha voluto pervicacemente far credere qualcuno che forse non l’ha nemmeno letta – il Comune di Portoferraio deve rivedere le sue intenzioni abbattitrici e procedere, secondo i dati tecnici e scientifici, alla messa in sicurezza di strada e filari di pini e altri alberi a San Giovanni e del resto del territorio portoferraiese.