Un dibattito prezioso le “riflessioni rurali, agricole ed archeologiche” di Angelino Carta, Leonardo Forbicioni e Franco Cambi, specialmente alla luce di qualche riscontro “sul campo”, con alcune novità che faticosamente stanno cercando di farsi spazio anche nel nostro piccolo territorio elbano: una piccola associazione (“Elba Consapevole”), alcune esperienze di agricoltura bio-sostenibile (“Lentisco”, “Cavolo Nero”), o di permacoltura (“Giardini di Poseidone”), o l’approccio diverso alla viticoltura e vinificazione (“Arrighi”), con esperimenti di cui si è parlato anche fuori dai confini dell’isola e, recentemente, anche sulle reti TV nazionali.
Piccoli contributi ad un comportamento diverso, di maggior rispetto e di recupero nei confronti dell’ambiente che ci circonda e che, moltiplicandosi, potranno fare da motore per un indirizzo diverso della gestione delle risorse del territorio.
“Interconnessione” è la parola magica alla base di tutto.
Una farfalla batte le ali e provoca un cataclisma dall’altra parte del mondo…
In questa frase tratta da un film di fantascienza, modificata più volte e talvolta abusata anche superficialmente, sta il succo dell’interconnessione di tutte le cose di questo mondo, anzi, dell’intero universo, con tutte le relative dinamiche.
Non è facile capire profondamente il senso di questo concetto, per noi troppo abituati a considerare lo spazio-tempo nel quale siamo immersi con i parametri dei nostri ritmi umani e con i limiti della umana razionalità.
Come comprendere appieno le ere geologiche, o l’evoluzione delle specie viventi, che si svolgono in periodi di miliardi e milioni di anni, con la mente di esseri che difficilmente arrivano al secolo di vita?
Certo, la ricerca si spinge ogni giorno più oltre, a scuola studiamo testi che raccontano per grandi linee le fasi di questi progressi (spesso nei testi scolastici ci sono anche molti ritardi rispetto ai traguardi effettivamente raggiunti).
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Democrito e altri, qualche secolo prima di Cristo, cominciarono ad ipotizzare la teoria atomica, ed ancora di più ne è passata, ad esempio, da quando le api hanno cominciato a volare nella nostra atmosfera.
Attraverso l’istruzione, sempre più persone cominciano ad avere almeno qualche nozione, un’infarinatura di ciò che è l’evoluzione, sia riferita all’evoluzione naturale che al progresso del pensiero umano.
Purtroppo ciò che occorrerebbe di più, specie ai nostri tempi di internet, sarebbe una grande “umiltà”, cioè avere come faro-guida la consapevolezza dei limiti della nostra comprensione, sia per chi non sa niente e si va a documentare su Wikipedia, sia per coloro che passano la vita a fare ricerca.
In un ormai vecchio libro, (“Il Tao della Fisica” - Fritjof Capra, 1975, Adelphi) un fisico teorico spiega e sottolinea perchè la conoscenza razionale è oggettivamente limitata e quanto sia difficile “tenere costantemente presenti” questi limiti:
“Cercando di comprendere il mondo ci troviamo di fronte alle stesse difficoltà che incontra un cartografo che cerchi di rappresentare la superficie curva della Terra con una serie di mappe piane”... “la conoscenza assoluta è una esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un’esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario”… ”la componente razionale della ricerca sarebbe inutile se non fosse completata dall’intuito”… ”via via che definiamo con maggior precisione il nostro sistema di concetti … esso si distacca sempre più dal mondo reale”.
Come se tutto ciò non bastasse, come se non fosse già abbastanza complicato accettare che la visione del mondo mediata dai nostri sensi e dall’elaborazione che ne fa il nostro cervello sia limitata, occorre considerare un altro ostacolo, certamente già intrinseco a quanto detto, ma che è indispensabile sottolineare: l’estrema complessità delle interconnessioni tra le interazioni fisico-chimiche che formano il tessuto di fondo, dove tutta la “sinfonia” dell’universo si svolge.
Un atomo-farfalla che “batte le ali”, ovvero l’elettrone di un atomo eccitato che salta nell’orbitale superiore, o meglio ancora, un nucleo atomico che subisce il decadimento radioattivo, quali conseguenze origina?
Una mutazione genetica di un “organismo” ultra-microscopico, come un virus, che conseguenze avrà?
Un sasso gettato in uno stagno cosa innesca?
Una eruzione sottomarina provocherà uno tsunami devastante?
Ed una di superficie oscurerà la luce solare, innescando un processo di estinzione di piante ed animali?
Nel mondo globalizzato gli effetti della rottura di un qualsiasi equilibrio di un luogo del mondo potrà, con buone probabilità, influire sugli equilibri del mondo intero.
Tutta la storia del “creato” si muove tra due opposte tendenze, quella al massimo disordine e quella che tende a riportare il sistema in quiete. Ma non esiste uno stato di quiete assoluta, non è reale riferirsi al mondo pensando di “racchiuderlo” in una, e neanche in una serie di fotografie statiche. Le molecole dell’atmosfera si muovono anche nei giorni senza vento apparente, quelle del mare sono in movimento anche nelle bonacce più calme, le funzioni vitali di una pianta sono rallentate quando perde le foglie, ma mai ferme, così come quelle di un animale in letargo invernale. Ed anche tutti gli atomi che compongono la roccia più “immobile” vibrano incessantemente a ritmi al di là della nostra comprensione.
Uno splendido documentario (“Un pianeta contro”, in una puntata di “Atlantide”, trasmesso un po’ di tempo fa su “La7”) spiegava efficacente, con l’ausilio di immagini spettacolari, come in 24 ore, ovvero nell’arco di una giornata, il pianeta Terra non sia più lo stesso, sotto tutti i punti di vista, sia che ci si riferisca a quello che si trova sulla crosta terrestre, sia alla sua posizione nello spazio interstellare.
Continuamente gli equilibri raggiunti sono disturbati dalle spinte al disordine e continuamente tendono a tornare in equilibrio.
Ciò che percepiamo come statico (che statico non è mai, ma che il nostro bisogno di certezze e punti fermi ce lo fa interpretare come tale) è il risultato di interazioni dalla durata interminabile, che hanno portato al mondo che sta intorno a noi.
I movimenti tettonici hanno portato agli attuali continenti, i sollevamenti di plutoni granitici hanno determinato l’Elba come è oggi e la circolazione dei fluidi da essi provocata ha creato la meraviglia di mineralizzazioni uniche al mondo.
Parimenti, le mutazioni del patrimonio genetico hanno portato alle innumerevoli diverse specie di esseri viventi, e la separazione con successivo “isolamento” di terre dove essi vivevano e vivono hanno portato ad ulteriori specializzazioni, creando, ad esempio, gli endemismi delle isole.
Neanche il computer più evoluto potrà mai riuscire a classificare il groviglio di interrelazioni che sta dietro a ciò che osserviamo intorno a noi (e che, ricordiamocelo, è sempre e comunque una visione parziale ed incompleta), groviglio di interazioni che continua ininterrotto anche adesso, mentre io scrivo o voi leggete.
Quello che è importante sottolineare è come i lunghi periodi necessari ai processi evolutivi (intendendo includere in questi, un po’ forzatamente, sia i processi organici che inorganici) hanno fatto in modo che ai cambiamenti sia sempre stato associato un nuovo adattamento. O per dirla con le parole dell’introduzione di un altro libro (“La Regina Rossa” - Matt Ridley, 1993, InstarLibri): “il tempo erode sistematicamente i vantaggi acquisiti… ogni successo contiene il seme della sua disfatta. La storia evolutiva non fa eccezione… La biologia entra nel regno della Regina Rossa (quella di “Alice” di Lewis Carroll), dove vincere è impossibile e dove tutti i nostri processi evolutivi non sono che una successione infinita di conflitti tra parassiti e corpi ospitanti… Ogni creatura sulla terra partecipa ad un torneo di scacchi contro i suoi parassiti (o ospiti), contro i suoi predatori (o prede) e, soprattutto, contro il suo partner sessuale… “ (ma quest’ultima frase è un’altra storia, da affrontare in altra sede!).
Ovvero: tutto il “creato” si re-inventa in continuazione, in una folle “corsa” che è l’unica condizione che permette a tutto di restare nel posto (apparentemente statico, ma solo apparentemente!) che si è conquistato nel corso dei millenni.
Ora, per concludere questa complessa storiella, alla luce dell’incomprensibile e indefinibile matassa di dinamiche, interconnessioni, mutamenti e apparenti equilibri, vorrei chiedere a ciascuno di noi come possa venirci in mente di giocare a fare “Dio”?
La “natura”, muovendosi con i suoi tempi (fatti salvi casi estremi come l’estinzione dei dinosauri, ma che comunque fanno parte del “gioco”) ci ha permesso di essere qui oggi.
L’uomo è solo una piccola pedina, una piccola sequenza musicale della sterminata sinfonia universale, non potrà mai esserne il direttore d’orchestra, neanche se fosse un Ezio Bosso… ma quasi sicuramente sarebbe un direttorucolo da pomodori e uova marce.
Quello che mi spaventa molto è il fatto che qualcuno possa pensare di apportare modifiche indiscriminate alla partitura, più o meno coscientemente pretendendo di mettere qua e la delle “toppe” ad immaginari “buchi naturali”, convinto che tutto debba muoversi attorno alla figura dell’uomo e dei suoi bisogni, spesso anche superflui.
Quando si modificano ambiente e territorio, anche strutturalmente, o si disperdono veleni che dovrebbero “migliorare” l’agricoltura, o si usano i combustibili fossili senza controllo… o, comunque, si continua a comportarsi in modi che incrementano il riscaldamento globale, ci sorge mai un piccolo dubbio su quel che facciamo? Sappiamo cosa ci aspetta?
Cosa penserà, nel suo aldilà, l’inventore della plastica, vedendo cosa ha provocato?
Quando si introduce in un ambiente una specie aliena, si potrà mai essere riusciti a prevedere quali cambiamenti o disastri essà provocherà (ammesso e non concesso che chi fa questo si sia almeno posto il problema)?
Quando si pretende di innestare un frammento di DNA animale in una cellula vegetale, insomma, quando si “gioca” con l’ingegneria genetica, potremmo mai essere capaci di capire cosa stiamo facendo?
E’ proprio giunto il momento (anzi, siamo già in forte ritardo!) di smettere di sentirsi Dio, non fosse altro che per la stessa sopravvivenza del genere umano
Roberto Barsaglini