Non si arresta la ricerca delle ecoballe. Anzi, a seguito delle criticità riscontrare, è stata decisa una nuova attività di ricerca ancor più mirata. E’ così iniziata, quindi, la nuova campagna per la mappatura dei fondali del Golfo di Follonica, con l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza di ulteriori balle di combustibile solido secondario (CSS), oltre a quelle individuate e recuperate nello scorso mese di agosto. Le indagini interesseranno un’ulteriore area di circa 55 km². A deciderlo il Comitato di Indirizzo, convocato nei giorni scorsi dal Capo del Dipartimento della protezione civile, Angelo Borrelli, coordinatore degli interventi di recupero delle ecoballe disperse dalla motonave Ivy, che ha approvato il piano operativo elaborato dai tecnici dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.
Che succede ora? La nuova fase operativa prevede ulteriori ricerche, mediante l’utilizzo di sonar multibeam, su 2 aree di mare complessivamente di circa 55 km², complementari alle aree già investigate dalla Marina Militare che sono state individuate prendendo in considerazione elementi cartografici, tecnici e documentali.
In buona sostanza per due settimane verranno fatte prospezioni elettroacustiche con sonar multibeam, mediante l’utilizzo contemporaneo di due imbarcazioni messe a disposizione da Ispra, nave Astrea e nave Lighea, che ospiteranno a bordo, oltre al personale dell’Istituto, ricercatori e tecnici del Cnr e di Arpa Toscana, con il supporto dei sommozzatori della Guardia Costiera che verificheranno i target individuati. Al termine dell’indagine sarà possibile disporre di una mappa tridimensionale delle aree, con la precisa posizione delle eventuali ecoballe individuate, oppure di poter, ragionevolmente, escluderne la presenza qualora non trovate.
Come noto, al momento sono state ripescate solo 12 delle 56 ecoballe che risultano essere state gettate in mare. Il guaio, come già scritto giorni fa, è che non c’è certezza sul fatto che tutte siano state gettate in questa zona e quante effettivamente siano state magari già raccolte da qualcuno o se alcune di quelle siano ancora integre come quelle ritrovate finora.
Col successivo dispiegamento di Nave Anteo e un cacciamine della Marina Militare, riprenderanno comunque e per fortuna le operazioni di recupero della balla infangata già individuata ad agosto ed eventualmente di quelle identificate dai nuovi rilievi in corso, continuando a garantire così le più elevate condizioni di sicurezza per i sommozzatori e contenendo al massimo i possibili rischi di dispersione durante le operazioni di ripescaggio.
I lavori finora portati avanti, coadiuvati da un continuo monitoraggio e controllo da parte di ricercatori e tecnici Ispra e ArpaT, hanno permesso il recupero e la messa a dimora, nel sito temporaneo di stoccaggio, di circa 15 tonnellate di rifiuti, su cui – spiega una nota della protezione civile – sono in corso le attività propedeutiche al loro corretto smaltimento. Operazione sulla quale qualche riflessione occorre farla, la nostra la ripetiamo come un mantra: se ci fossero stati in Toscana impianti adeguati a gestire i nostri rifiuti secondo logica di sostenibilità e prossimità, non avremmo dovuto spedire 1.888 ecoballe in Bulgaria per bruciarle dietro lauto compenso (un iter in ogni caso insostenibile, al di là dell’incidente sulla motonave Ivy), né preoccuparci delle conseguenze ambientali ed economiche delle 56 finite disperse nel golfo di Follonica.
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