Ed ora da Casa Traditi del Buraccio, riprendiamo il nostro cammino sul sentiero della GTE, così da giungere alla piana di Valdana (45 m.) e a Casa Marchetti, lungo uno stradello tracciato in grande parte su cumuli di detriti (d). Poco prima di giungere a Casa Marchetti si sfiorano le formazioni di Monte Fabbrello, costituite da serpentiniti, filladi della Formazione di Rio Marina (RRN) e quarziti del Verrucano (Tq). La formazione filladica si presenta con colorazioni grigio scure, segnata da caratteristiche spalmature grafitose e intercalati livelli di metaconglomerati e metarenarie quarzose. Il loro contenuto fossilifero
indica un’età compresa fra il Carbonifero superiore e il Permiano inferiore ( 310- 285 Ma), e un ambiente di deposizione litoraneo neritico di piattaforma continentale. Le quarziti del Verrucano, sovrastano con un contatto netto ed erosivo la formazione filladica.
Sono costituite da conglomerati quarzosi grigio chiari e livelli arenacei rosso -violetto. L’età è Triassico medio (Ladinico- Carnico; 241 – 228 Ma) e l’ambiente di deposizione è un fiume a grandi meandri con piane di esondazione. Le fillladi grafitose di Rio Marina e le
quarziti del Verrucano, sono le formazioni alla base della Unità Toscana Metamorfica, che affiora in particolare nelle aree dei giacimenti ferriferi di Rio, ma che ha il suo più bel contatto lungo il Fosso del Reale a Porto Azzurro, poco dopo la Grotta dell’Orso, lungo il
percorso per Terranera.
Da Casa Marchetti andando verso Mola si apre la “finestra geologica” di Valdana, che da Monte Fabbrello si allarga a ventaglio sul golfo Stella, fra Norsi ed il Lido di Capoliveri. La piana di Valdana è un luogo dove la tettonica e l’erosione hanno inciso profondamente la pila
strutturale dell’Elba, aprendo una finestra sulle formazioni rocciose che sottostanno le formazioni flyschioidi e ofiolitiche e le coperture alluvionali recenti (al) ed antiche (at). Ed è così, che lungo il Mar di Carpisi si incontra un altro affioramento di rocce magmatiche,
rappresentato dalla parte emergente di un grande batolite di quarzomonzonite (µq)- la cui età radiometrica è di 5, 9- 6,0 Ma (Miocene finale: Messiniano)-, che si estende nel sottosuolo dell’Elba sud orientale. Il batolite è incassato in un complesso di rocce (filladi, cornubianiti, anfiboliti) noto nella letteratura geologica come “ Gneiss di Calamita” ( hs ) - in quanto formano quasi completamente l’omonima Penisola-, posti alla base della Unità di
Porto Azzurro. Sono rocce che hanno subito intensi fenomeni metamorfici, sia regionali, che termici di contatto ad opera della intrusione quarzomonzonitica . A questa sono altresì legati gli sciami di filoncelli aplitici che tagliano gli gneiss in particolare lungo la costa orientale di Calamita e nel Longonese, la formazione dei giacimenti a magnetite automorfa del Ginevro e Sassi Neri e la riformazione di quelli di Punta Calamita, costituiti da magnetite
lamellare pseudomorfa di ematite. L’intenso metamorfismo ha obliterato qualunque eventuale contenuto fossilifero e vanificato le datazioni radiometriche, ma sulla base di correlazioni con litotipi della Sardegna e delle Alpi Apuane, gli Gneis di Calamita sono attribuiti al Paleozoico inferiore (Ordoviciano – Siluriani : 485-420 Ma) e/o ai primi tempi Precambriani (oltre 541 Ma).
Lungo il Fosso di Valdana, si incontrano anche formazioni litologiche che hanno la loro più vasta espressione lungo la costa orientale elbana da Capo d’Arco al Porticciolo di Rio. Di particolare interesse, nell’economia di questa camminata, sono le formazioni filladiche e
micascistose (Scisti di Capo d’Arco, SOO) e le quarziti, grossolamente stratificate a caratteristica tessitura occhiadina (Porfiroidi, Pp) attribuite all’Ordoviciano medio superiore (468-444 Ma) appartenenti alla Unità di Ortano, nonché le filladi con intercalati strati di metarenarie e banchi di marmi bianchi saccaroidi, un tempo coltivati sia a Valdana che Capo d’Arco (Filladi di Porticciolo , FMI), legati alla Unità di Acquadolce.
Dopo Valdana la GTE risale il corso del Fosso dei Catenacci, dove incrocia un piccolo affioramento di gabbri (Γ) fortemente alterati.
Queste rocce magmatiche, corrispondenti intrusivi dei basalti, sovrastano le serpentiniti nella sequenza del basamento oceanico della Unità Ofiolitica, e in genere riempiono le fratture da cui risaliva il magma basaltico. All’Elba sono presenti in affioramenti molto
limitati. A Valdana si presentano come un aggregato fine di cristalli di plagioclasio e pirosseno, variamente associati ai loro prodotti di alterazione: sericite, prehnite, epidoto, clorite, anfibolo actinolitico. Superati i “sabbioni” dei gabbri si entra nel grande affioramento di basalti a cuscini che si estende a nord fino alle Ville romana de Le Grotte e a sud fin quasi al Golfo Stella. La Villa de Le Grotte venne edificata sul pianoro di basalti a cuscini che sovrasta i Precipizi della Regina Alba, e per suoi bei muri ad opus reticolatum, furono usati cubilia di verde serpentino e di grigio Calcare a Calpionelle. Questa formazione è stata anche per millenni la più usata pietra da calce degli elbani, come testimoniano le tante piccole e grandi calcare sparse nell’isola in prossimità degli affioramenti di questo litotipo. Ivi compresa la calcara della Ballerina a Nisporto, un vero monumento di archeologia industriale.
La GTE sale fino alle pendici di Monte Orello (376 m.), da dove proveniva la conduttura idrica che alimentava le cisterne della Villa romana delle Grotte. L’alloro ed il carpino nero sono le essenze caratteristiche del Monte, nel cui pianoro di vetta vi sono numerosi
bunker della seconda guerra mondiale, immersi in una estesa pineta di rimboschimento. La GTE prosegue a settentrione per raggiungere le Picchiaie e congiungersi, con la via che porta alle cave di Colle Reciso e alla Fonte degli Schiumoli a quota 160 m. E‘ questa una bella
sorgente in testa alla vallata del Fosso di Bucine, che incide i basalti per scorrere poi nella piana alluvionale di San Giovanni fino alla sua foce prossima a San Marco, la bella proprietà della famiglia di Paolo Gasparri. Nel 2011, archeologi e geologi delle Università di Siena, Firenze e Normale di Pisa, diretti da Franco Cambi e Laura Pagliantini, iniziarono una campagna di scavi sui grandi cumuli di scorie ferrifere presenti lungo costa, con finalità essenzialmente rivolte alla acquisizione di dati sulla metallurgia antica elbana, e con la speranza di individuare resti di forni di riduzione. Forni non ne sono stati trovati, ma sono stati scoperti i resti di una Villa rustica romana costruita alla fine del II sec. a.C. - circa un secolo prima della sovrastante Villa delle Grotte -, abbandonata a causa di un incendio nel I sec. d.C. Gli scavi della Villa rustica hanno fra l’altro portato alla luce i dolia della cantina e il nome del produttore del vino: “Hermia; un nome che, in una straordinaria empatia fra storia ed enologia, è stato dato ad un vino che sta riscuotendo prestigiosi riconoscimenti, prodotto dall‘azienda di Antonio Arrighi di Porto Azzurro secondo i canoni della vinificazione romana. I cantieri di scavo sono stati (ri) aperti negli anni, seguendo un modello di “cantiere aperto”, dove il crescendo di scoperte scientifiche si è sviluppato insieme alle istruttive ed affascinanti visite didattiche
organizzate per le scuole e per la cittadinanza.
Torniamo ora alle sorgenti del Fosso di Bucine: alla Fonte degli Schiumoli. La fonte, deve il suo nome alla presenza di scorie ferrifere antiche: gli schiumoli o loppe, nei dialetti elbani. Ed ora un piccolo mistero archeologico dell'Elba Etrusca. Nel Museo Civico di Reggio Emilia, nella Sezione Gaetano Chierici, che ha mantenuto il suo encomiabile allestimento storico, nella vetrina dedicata a Pianosa e all’Elba, in un ripiano segnato dal cartellino:
Elba- Sepolcri di Val de Schiumoli, sono esposti i corredi funebri di quattro tombe donate nel 1872 al Museo Civico da Carlo Bagnoli di Reggio, al tempo medico in Portoferraio. Fra i reperti una stupenda collana in globetti aurei della oreficeria etrusca, successivamente,
attribuita al V sec. a.C. Dalla relazione del Dott. Bagnoli non è ben chiaro dove erano stati scoperti i quattro sepolcri che, sia pure con qualche dubbio, furono tentativamente localizzati nella zona di Casa del Duca, là dove Cosimo amava veder crescere la sua Città. In effetti se dobbiamo ipotizzare la localizzazione di una Val de Schiumoli, questa, dato l’antico toponimo della fonte, dovrebbe corrispondere alla Valle del Bucine, ricca di emergenze archeologiche etrusche e romane.
Agli archeologi il proseguo…noi continuiamo la GTE che, lasciati i basalti, ci porta alle grandi cave aperte sui Calcari a Calpionelle in prossimità del contatto con la sovrastante Formazione eocenica della Madonna di Lacona. Il contatto è segnato da una breccia tettonica (br) costituita da blocchi di basalto, serpentiniti, apliti e porfidi in una matrice argillosa.
Beppe Tanelli
Nell'immagine: dal Buraccio a Colle Reciso