Dalle cave di Colle Reciso la GTE- lasciata a destra lo stradello per Santa Lucia, la medievale Montemarsale -, prosegue lungo la strada militare che porta alla foresta di San Martino e a Literno nel Campese.
Per circa cinquecento metri, gli affioramenti sono rappresentati dalle argilliti e calcari della Formazione della Madonna di Lacona, dopo di che si entra nel dominio della Formazione arenaceo- argillitica di Marina di Campo, che include masse irregolari di Porfidi granitici nella facies di Portoferraio.
La GTE prosegue, ancora per poco più di un chilometro, lungo la strada militare fino ad un lungo muro di retta e un vecchio casotto stradale alla cui altezza di stacca il breve sentiero che porta al Poggio del Mulino a vento (290 m): uno dei luoghi più suggestivi dell’Elba. In un pratello di asfodeli (Asphodelus ramosus), che sovrasta il mare e la terra di Lacona e Portoferrraio, si elevano i ruderi di un antico mulino. Se la camminata è fatta in una giornata di marzo, possiamo godere la bellezza della bianca fioritura degli asfodeli sulla cima di quei lunghi steli che in estate i pastori, che nell’Ottocento
frequentavano questi luoghi - elevati sulle lande malariche di Lacona -, raccoglievano per avviare i loro fuochi. Poi vennero i Foresi, con le loro celebri vigne di ansonico e vermentino. Di loro venne Raffaello, il grande uomo di cultura elbano, al quale restano legate le prime raccolte di minerali e manufatti preistorici dell’Elba.
Una scala interna a chiocciola, con splendidi gradini in arenaria grigia, sale la struttura cilindrica del mulino, fino al piano di ancoraggio della pala. Da lì la vista spazia anche sulla rada di Portoferraio. In prossimità del mulino aveva sede uno dei termini che, fino alla fine del Settecento, delimitavano i possedimenti del Granducato di Toscana all’Elba. E’ un monumento culturale da proteggere, già presente nel Catasto Leopoldino del 1840, ma che forse ha una storia molto più antica, legata ai francesi all’Elba, alle torri medievali di avvistamento, fino alle fortezze d'altura etrusche. Nell’attuale tracciato della GTE, dal Mulino a Vento si torna nella strada militare e poco dopo si incrocia il sentiero 221 che scende fino al ponte che scavalca il Fosso del Botro Negro, “volgarmente di San Martino“, come scrive Giacomo Mellini nel suo celebre acquerello della residenza napoleonica conservato presso la Fondazione Spadolini in Pian dei Giullari a Firenze. Scavalcato il ponte si apre l’antico accesso alla Villa, contornato da un filare di grandi palme nane la cui magnificenze è davvero uno spettacolo da non perdere e magari da valorizzare. Così come, visto che ci siamo, da non perdere, oltre ovviamente alla Villa e alla Galleria, è una visita alla fortezza d’altura etrusca ( IV-III a.C.) i cui imponenti resti coronano la cima del Castiglione di San Martino.
Tornando alla GTE, un tempo il sentiero lasciava la prateria di asfodeli e saliva verso Monte Barbatoia (360 m.). Qui inizia il grande affioramento di Porfido granitico della facies di San Martino che si estende fino alla piana di Campo, con belle esposizioni che tagliano la fitta foresta di lecci (Quercus ilex) che sovrasta la Villa Napoleonica.
La lecceta ed il suo sottobosco di lentisco (Pistacia lentiscus), mirto (Myrtus communis), arisaro (Arisarium vulgare) e lentaggine (Viburnum tinus), è particolarmente interessante- dicono i botanici-, poiché unisce fitocenosi tipiche delle leccete del versante occidentale elbano affini a quelle presenti in Corsica e Sardegna , con quelle delle leccete del versante orientale, paragonabili a quelle presenti nel continente.
Dopo Monte San Martino (365 m) il sentiero scende e si ricongiunge con la strada militare a quota 297 m., e prosegue poi con il sentiero 244 fino a Literno. Attraversata la strada provinciale a Marmi- Colle di Procchio (54 m), un piccolo, quasi invisibile, affioramento di una roccia a bande grigio scure e marroncine, molto dura e compatta, a frattura concoide che i geologi chiamano cornubianite o hornfels, indica che siamo giunti al famoso “ Anello termometamorfico del Monte Capanne”.
Si tratta di un insieme di rocce che contornano la montagna granitica del Capanne. Nell’Anello, oltre alle cornubianiti e alle quarziti (h), sono presenti marmi - sia bianchi che cipollini (hc), in passato coltivati a Marmi di Procchio e alla Punta dell’Agnone - e metabasiti, rocce provenienti dal termometamorfismo di magmatiti mafiche che talora presentano belle blastesi di olivina, plagioclasi, granati e anfiboli di neoformazione. I protoliti dell’Anello sono rappresentati dalle rocce che formano il basamento ofiolitico (peridotiti, serpentiniti, gabbri) e vulcano sedimentario (basalti, diaspri, Argille a Palombini, Calcari a Calpionelle) della Unità Ofiolitica.
Saliamo quindi lungo le pendici di Monte Castello di Procchio (228 m), nella cui cima gli imponenti resti della fortezza di altura etrusca (IV-III sec. A,C,), nonché il bunker del secolo passato, testimoniano la sua posizione strategica di avvistamento a cavallo fra il Mar Ligure ed il Mar Tirreno. Il sentiero, tracciato nel granito e nella macchia, da dove spuntano pittaie di fichi d’ India e grandi agavi, percorre antichi balzi di vigne e sale fino agli affioramenti di serpentiniti metamorfiche che culminano nel Monte Perone (639 m). Uno stradello, tracciato nella distesa di splendide felci (Pteridium aquilum), all’ombra dei grandi pini marittimi (Pinus pinaster) piantati negli anni Trenta del Novecento, porta in breve al Passo dove si incrocia la strada provinciale che collega il versante marcianese del Capanne a quello campese. Al Perone troviamo una delle opere più belle
realizzate dal Parco Nazionale: un sentiero per diversamente vedenti, dove i pannelli scritti in Braille, la tavola del panorama a rilievo, i profumi e il tatto, permettono di “scoprire” le essenze vegetative della foresta e il paesaggio che si affaccia sul Golfo di
Campo e giunge fino a Calamita, all’Argentario, al Giglio e Montecristo. Lungo la strada che scende a Poggio, poco dopo il Passo, più o meno di fronte ai vecchi Vivai Forestali, un breve sentiero conduce ai resti di una miniera di minerali cupriferi (calcopirite, cuprite, rame nativo, carbonati e solfati) e ferriferi associati alle rocce ofiolitiche. Restano le tracce di attività minerarie espletate nei primi decenni del Novecento, ma di fatto quella del Perone, come le altre modeste mineralizzazioni cuprifere presenti all’Elba, non hanno
consistenze di interesse industriale, anche se possono essere state oggetto di coltivazione nelle economie delle genti delle prime Età dei metalli.
L’Elba è un luogo dove volano tante farfalle, alcune rare ed endemiche, e nella pineta del Perone, nella macchia, nella gariga e nei praticelli di crinale, colorati dal giallo della ginestra e avvolti nel dolce profumo dell’elicriso, volano una cinquantina di specie diverse di farfalle. Volano le rare Polissena (Zerynthia cassandra), vola la sgargiante Cleopatra (Gonepteryx cleopatra), la Tecla dalle ali blu (Neozephyrus quercus), le endemiche Lycaeides villai e Coenonympha corinna elbana, e tante altre, in uno sfarfallio di colori ed emozioni.
Qui da una decina di anni è stato attrezzato con itinerari e pannelli illustrativi il Santuario delle Farfalle - voluto dal Parco Nazionale e Legambiente- e dedicato a Ornella Casnati, una dolce e indimenticabile amica, alla cui umanità e professionalità molto deve il Parco.
Dal Santuario la GTE sale al Monte Maolo (838 m) e giunge al Malpasso delle Filicaie (870m), passando lungo il versante settentrionale delle crestate cime granitiche de Le Calanche, dove fiorisce con i colori del melograno il giglio del Monte Capanne o giglio di San Giovanni (Lilium bulbiferum croceum), a ricordo del tempo della sua fioritura. Grandi e antiche piante di tasso (Taxus baccata) segnano il Malpasso delle Filicaie. Qui la GTE si biforca in due rami “ufficiali”, ricchi di varianti. Quello che scende a Pomonte dai crinali meridionali della Valle e quello che raggiunge Patresi dopo avere girovagato sugli splendidi paesaggi della costa nord occidentale elbana.
Ma prima una possibile deviazione per percorrere forse il più bel sentiero dell'Arcipelago – sicuramente il più spettacolare-, lo 100, il “Sentiero degli Dei”.
Beppe Tanelli
Nell'immagine: GTE da Colle Reciso alle Filicaie