Dalle Filicaie il ramo settentrionale della GTE, gira attorno al Capanne, e si affaccia su Poggio e Marciana. Se vogliamo scendere ai due paese dobbiamo lasciare la GTE e prendere il sentiero 105 per Poggio, oppure il101 che attraversa i macei e i grandi castagneti di San Cerbone, che avvolgono la Chiesa e la Grotta dove il Santo Vescovo di Populonia si rifugiò per sfuggire alle persecuzioni longobarde, e dove morì il 10 ottobre del 575. I chierici, assecondando i suoi desideri, trasportarono le spoglie a Baratti dove, una cappella eretta in riva al Golfo sugli antichi cumuli di scorie di ferro della metallurgia etrusca del minerale elbano, segna il luogo dove il vascello toccò terra.
Poggio e Marciana. Due paesi struggenti di bellezza e cultura
Antiche tradizioni ancora vissute nella loro autenticità paesana; monumenti che ti narrano la storia di secoli e secoli. In quel di Poggio la Chiesa Fortezza di San Niccolò, con la sua murella e la fontana di Giò Pomodoro, il portone in ghisa di San Defendente, l’Accademia del Bello, fondata da Paolo Ferruzzi nel suo infaticabile impegno di architetto, scenografo e diffusore di cultura. Poi la Fonte di Napoleone, lungo la strada per Marciana. Qui giunti, piazzette, vicoli e scalinate piene di fascino, conducono al Museo Archeologico, alla Casa del Parco e alla Fortezza Pisana. Non a caso, Luigi Vagaggini Sindaco, volle ed ottenne che Poggio e Marciana fossero inseriti- unici paesi dell’Arcipelago- nel Parco Nazionale, affinchè le loro bellezze urbane e territoriali venissero adeguatamente protette e valorizzate ai fini culturali ed economici.
Una missione che ha impegnato ed impegna il Comune, il Parco e la Comunità tutta, in una difficile sfida di contrasto all’ abbandono e all’oblio. Una sfida che dobbiamo e possiamo vincere, creando lavoro e socializzazione, su temi propri della green economy: dall’ ecoturismo esteso ai periodi primaverili ed autunnali, al settore agricolo, enogastronomico e artigianale, che rappresentano la vocazione naturale del territorio, fino ad innovative imprese ad alta tecnologia informatica e robotica che qui hanno prestigiose tradizioni, e un futuro nel quale è ragionevole pensare che lo smartworking avrà sempre più larghi campi di applicazione
Tornando alla GTE, il tracciato percorre l’alta Valle di Pedalta, -un nome adottato da un gruppo di Marcianesi attivo nella valorizzazione del territorio-, e dopo una stretta curva, là dove incrocia il sentiero 110, giunge a La Stretta e al Passo fra il Monte di Cote (950m.) e La Tabella (935 m.). L‘alternativa, come dicevamo, ma solo se ti sei portato una imbracatura o almeno un cordino e moschettone, è il “Sentiero degli Dei” la ferrata che dalle Filicaie sale sulla cima del Capanne (1019 m.) e segue il costone, verso La Galera (968 m.), la Tavola (936 m.), congiungendosi alla GTE, poco sopra la Tabella (882 m.). E’ un percorso un pò esposto, da fare con cautela, controllando bene attrezzatura e condizioni meteo, ma bellissimo. Dal Passo della Tabella la GTE, fra macchia e gariga, scende ai castagni della Terra, dove i ruderi della Chiesetta di San Benedetto segnano il luogo dove era l’antica Pedemonte, distrutta nel Cinquecento dalle bande di Dragut.
Qui si incrocia il sentiero 103 che volendo può condurci a Pomonte percorrendo con il sentiero 104 il versante settentrionale della sua valle, oppure continuare per i suggestivi resti della Chiesa di San Bartoloneo e raggiungere Chiessi alla foce del Fosso della Gneccarina.
Un toponimo famoso nella preistoria elbana poiché lungo la valle nel 1930, preparando il piano per una carbonaia fu rinvenuto un ripostiglio con quattro bellissime asce di bronzo e, qui la storia si fa un po' intrigante poiché si parla anche di oggetti d’oro e di corone, come narra Silvestre Ferruzzi nella sua bella “Historia Minor” dove sono raccolte storie, leggende e credenze dell’Elba Occidentale (Persephone Edizioni, 2020). Comunque le quattro asce di epoca
villanoviana sono ora conservate nel Museo Archeologico di Marciana.
Tornando alla GTE questa, sotto una galleria continua di corbezzoli, piante di erica alte come alberi, ginepro e lecci, giunge a San Frediano in prossimità dei ruderi di un’altra Chiesetta. Qui volgendo lo sguardo a ponente , se siamo in un giorno di primavera quello che si vede è una incredibile tappeto di cuscini verdi e gialli di prunelle (Genista desoleana) qua e là punteggiato dalle violette elbane (Viola corsica ilvensis) . Sullo sfondo il Semaforo di Campo alle Serre, un posto di sorveglianza dismesso della Marina Militare, ormai in colpevole rovina. Qui in un pianoro di lecci che sovrasta la Valle del Tofonchino di Chiessi, con un paesaggio circolare di incredibile bellezza: da Montecristo, a Pianosa, Corsica e Capraia, restano segni di una cultura materiale e immateriale di bellezza e suggestione: bei manufatti in granito e ferro, storie di prigionieri austroungarici che costruirono la strada da Marciana durante la Grande Guerra, amori che nacquero e morirono fra quelle mura, grandi discorsi e grandi speranze
discusse intorno al fuoco ascoltando gli Inti Illimani e dipingendo murales. Un ”giorno” quel luogo dovrà essere salvato dal degrado e magari valorizzato trasformandolo in uno splendido ostello del “lento viaggiare” lungo le vie del Parco Nazionale. Un tempo ci abbiamo provato. Non ci siamo riusciti. Tutto è rimasto un sogno. Ma dobbiamo essere ottimisti e lavorare perchè ciò avvenga. Magari un po' prima di quando il ferro sarà un mucchio di ruggine dilavato dalle piogge e i manufatti di granito una sabbia che le stesse acque porteranno al mare.
Da San Frediano, proseguendo la GTE, si giunge al Troppolo e quindi al Bollero, percorrendo la testa dell’ Uviale di Patresi, segnata a mare dal bel faro eretto sul promontorio di serpentino di Punta Polveraia. E così giungiamo a Serraventosa, ai caprili e ai domoliti di Oreste Anselmi, il Re della Montagna, l’ultimo pastore marcianese. Era nato a Marciana nel 1886, ci ha lasciato nel 1964. Era sempre vissuto in montagna e con suo padre Pietro aveva costruito sul finire del XIX secolo, come dice Silvestre Ferruzzi, il Caprile dei Colli, il più vecchio dell’Elba. Nei pressi una piccola necropoli rupestre del bronzo finale / primo ferro (XI – IX a.C.), i cui reperti sono conservati nel museo di Marciana. Da Serraventosa il cammino della GTE scende sul fiano destro dell’Uviale e in breve raggiunge Patresi Mortaio, nelle braccia di Vincenzo Anselmi e degli Amici di Patresi e Colle d’ Orano, che tanto fanno per la sentieristica e la valorizzazione ecoturistica della loro Terra. Una alternativa, ma prima o poi da percorrere comunque, potrebbe essere quella di lasciare la GTE a Serraventosa prendere lo stradello (103) del Santuario della Madonna del Monte- un luogo magico, di storia, di natura e di arte-, una breve discesa lungo la Via Crucis e poi il sentiero (113) fra l‘Aquila e l’Omo Masso, per scendere a la Zanca e raggiungere, una bella persona, mio amico e amico di tanti, “il camminatore dal cuore grande”: Alessio Gambini. Lo raggiungo alla terrazza dell’Hotel Sant’Andrea - il magico Relais du Silence, raffinatezze culinarie e ospitalità, creato da Sauro e Teresa Garbati-, per chiudere con un tramonto pieno di colori e un bicchiere di ansonica, una gran bella giornata.
Beppe Tanelli
Nell'mmagine: GTE Filicaie-Patresi