"Chi lavora attivamente nei parchi italiani e si occupa di tematiche ambientali Report lo segue sempre con grande attenzione. Spesso infatti la trasmissione approfondisce questioni inerenti la tutela dell’ambiente, denunciando fatti che anche noi cerchiamo di contrastare ogni giorno.
È per questo che la puntata di domenica 5 maggio, dal titolo “Belli da morire”, ha suscitato scalpore tra chi opera e conosce il sistema dei parchi italiani. Non tanto per i tre casi raccontati, peraltro con numerose inesattezze, ma per il filo conduttore complessivo del servizio, indirizzato da un presunto esperto nella figura del professor Agnoletti dell'Università di Firenze, docente di paesaggio agrario.
I messaggi che trasparivano, in un abile gioco del dire e non dire - corroborato dagli interventi del citato esperto - erano più o meno questi:
1) Nella zona delle Cinque terre ci sono le frane dato che non si interviene sui terrazzamenti perché, trovandoci in un parco, ci vuole un’autorizzazione speciale per rimuovere la boscaglia. Ergo: se non ci fosse il parco, sarebbe più facile ripristinare i terrazzamenti.
2) Nel parco del Matese si vuole ristrutturare un fabbricato ma non è possibile perché il parco lo impedisce.
3) Nel parco della Maiella c'è un bosco dove ci sono dei faggi un tempo potati in modo particolare; adesso non si possono più potare perché il parco ha imposto che in quella località non si può nemmeno entrare.
Dopo aver illustrato e veicolato questi messaggi, l’esperto concludeva trionfalmente così: “Noi facciamo qualcosa che hanno deciso il Nord America, la Germania, la Svezia, la Norvegia perché lì sono immersi nella natura. Immagino un norvegese. Loro pensano che questo sia il paradiso terrestre e tutti devono essere come loro, ma in realtà vengono qui in vacanza poi. É questo il contrasto: che io applico leggi e normative che vanno in quella direzione rovinando il paesaggio italiano”. (Citazione testuale)
Mi permetto di fare alcune precisazioni, andando nello stesso ordine:
1) Nell'area delle Cinque Terre il soggetto che ha investito le maggiori risorse per il ripristino dei terrazzamenti è stato proprio l’Ente Parco. Non solo: ha investito anche per potenziare un sistema di cremagliere con la doppia funzione di favorire il recupero dei terrazzamenti a fini vitivinicoli, consentendo agli agricoltori un sistema migliore per il trasporto dell'uva (una volta si faceva con l'asino o a mano) e permettendo di utilizzare i carrelli anche per il trasporto dei turisti. All’oggi il parco fornisce gratis le pietre agli agricoltori che decidono di ripristinare i terrazzamenti.
2) Ho parlato direttamente con il presidente del parco del Matese. E il caso mi sembra clamorosamente chiaro. La richiesta a cui si fa riferimento nel servizio non era di ristrutturare un immobile (cosa che è consentita in tutti i parchi) ma di fare imprecisati ampliamenti volumetrici; questo invece non è consentito anche in tantissime zone d'Italia, comprese le città…
3) Infine la zona del Bosco di Sant’Antonio, nel parco della Maiella. Stiamo parlando di una riserva integrale con accesso regolamentato. Queste aree, in Italia, interessano il 3-5% della superficie complessiva dei parchi che, a loro volta, rappresentano circa il 10% del territorio nazionale. Di conseguenza le riserve integrali sono tra lo 0,3 e lo 0,5% del territorio italiano.
Chiarito questo, mi pare evidente che al già citato esperto manchino alcuni “fondamentali” sui parchi.
I parchi nel mondo sono più di 160.000 e sono presenti in tutti i paesi: quelli con democrazie avanzate, quelli con regimi totalitari, nazioni occidentali e del terzo e quarto mondo, Stati a bassa ed elevata densità abitativa. Le forme di gestione dei parchi sono le più varie: si va dagli enti parco come in Italia, Francia e altri paesi europei, a un’unica agenzia centrale come negli Stati Uniti (National Park Service), a uffici decentrati del Ministero dell'Ambiente e così via. In alcune zone del mondo sono addirittura i corpi militari a gestirli.
Pur in questa varietà di gestioni, competenze, governi, c’è una cosa che li accomuna tutti: la regolamentazione speciale più attenta alla tutela ambientale che nel restante territorio. Ecco perché costruire una fabbrica, una scuola o abitazioni in buona parte del territorio è una cosa normale, ma in tutto il mondo si evita di farlo all'interno dei parchi.
In ogni Stato – e mi rivolgo al professor Agnoletti – ognuno, al momento, fa le sue leggi. La legge sui parchi Italiani, la 394 del 1991, è stata approvata dal parlamento italiano senza nessuna imposizione da parte di governi stranieri. Peraltro la Norvegia, continuamente menzionata, non fa neppure parte dell'Unione Europea.
E allora mi domando anche se il professore Agnoletti sa che nei parchi italiani si tagliano i boschi, si allevano animali, si coltiva la terra e ci sono oltre 230.000 aziende agricole e 733 prodotti dop, doc e igt. Lo sa che ogni anno i parchi italiani sono visitati da oltre 30 milioni di turisti? Lo sa che recentemente l’area dove insiste il parco dell'Etna è stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio mondiale dell'umanità? Anche se mi sembra impossibile per chi dovrebbe fare ricerca, spero proprio che non lo sappia.
E domando ancora al professore: il paesaggio italiano è più bello fuori dai parchi o dentro ai parchi? Secondo lui l'Etna, il Vesuvio, il delta del Po, il Gran Paradiso, l'Adamello-Brenta, l'Appennino abruzzese, la Sila, il Pollino, la Maremma e l'Arcipelago toscano, il Conero, l'alta Murgia, il Cilento hanno un paesaggio più brutto nel perimetro dei parchi o nel contesto che li circonda?
È vero che l’estetica è un fatto soggettivo ma ci vuole veramente tanta fantasia per pensare una cosa del genere.
Insomma siamo rimasti allibiti nell’apprendere che altri paesi europei imporrebbero all'Italia i loro modelli, compresa la creazione di spazi incontaminati e senza persone. La Germania? Ma per piacere.... La Germania ha una densità di 230 abitanti per Kmq contro i 200 dell'Italia. L'Italia è il paese a più alta biodiversità d'Europa, con il più elevato numero di specie animali e vegetali. In Germania l'orso si è estinto intorno al 1830 e il lupo nel 1890, invece in Italia sono tuttora presenti e mai scomparsi.
Se il professore avesse gironzolato un po’ su internet o, se era troppo complicato, avesse fatto una telefonata al Parco delle Cinque terre, forse avrebbe appreso tutto questo e anche – lo ripeto - che se esistono ancora i terrazzamenti in quell'area il merito (stragrande) è del parco.
E’ per tutti questi motivi che - ribadendo l'apprezzamento complessivo per la trasmissione - ritenevamo importante fare i chiarimenti del caso".