Il Pettirosso (Erithacus rubecula) è tra i miei soggetti più consueti e preferiti da ritrarre con l’obiettivo fotografico per quanto riguarda l’avifauna. È una specie che ho imparato a conoscere sin dall’infanzia, piccolo uccellino caratterizzato dalla sua bella macchia arancio intenso in evidenza sul petto, presente nell’ambiente naturale e in giardino, nell’orto o sul terrazzo, a caccia di briciole (ama quelle di dolci e biscotti! E visto che è quasi Natale il panettone va benissimo…), curioso e attento al lavoro dell’uomo. Basta lavorare un po' il terreno o usare il rastrello per averlo intorno a poca distanza. La sua curiosità è dettata da un interesse ben preciso, che è quello di scovare insetti e piccoli vermi nel suolo così smosso dalla nostra attività. All’Elba lo vediamo col clima più fresco, dall’autunno all’inizio della primavera, quando poi si sposta più a nord o ad altitudini maggiori per ritornare da noi alla “rinfrescata”. È molto piccolo ma ha un carattere spavaldo e estremamente territoriale e combattivo con i suoi simili ed è forse per questo che capita di vederlo controllare il suo spazio vitale dall’alto di un cespuglio: camminando sui sentieri lo notiamo far capolino dalle fronde per osservarci per poi sparire quasi subito. Ma a volte è molto confidente con noi e questo dipende anche dai luoghi da cui proviene e dalle sue esperienze con il mondo degli uomini (È opportuno ricordare che è una specie protetta ma non tutti purtroppo sono rispettosi delle regole!): in questi casi è veramente facile scattare le foto e fare primi piani, tanto che una volta riuscii quasi a toccare con l’obiettivo un pettirosso estremamente amichevole. In genere lo ritraggo nell’ambiente naturale ma anche in quello più antropizzato come i parchi e i giardini, anche con un teleobiettivo di media potenza senza bisogno di particolari accorgimenti o appostamenti, in posizioni dominanti, su paletti, rami, staccionate, posatoi dai quali osserva il suo territorio e scruta eventuali occasioni per nutrirsi. A volte nelle stesse posizioni li ho colti durante il canto, con il becco vistosamente aperto. Mi è capitato di fotografare soggetti più guardinghi, sempre attenti a quello che avveniva intorno a loro, ma nascosti in sicurezza tra le fronde. In pieno inverno, quando fa freddo il loro piumaggio si allarga per aumentare l’isolamento termico e diventano delle vere e proprie palline di piume colorate, un vero spettacolo da ritrarre.
Antonello Marchese
Guida ambientale, Guida del Parco e Fotografo di Natura. Autore del Progetto CETS (Carta Europea per il turismo sostenibile nelle aree protette) ELBA FOTO NATURA
Si! Il pettirosso è veramente il protagonista ornitologico dell’autunno e dell’inverno isolano. Alle pochissime coppie dell’Arcipelago (qualcuna nelle vallate più fresche dell’Elba, una a Gorgona e assente dalle isole più aride e con minore copertura boscosa) si aggiungono migliaia di svernanti e molti di più di transito durante la migrazione! Si annuncia col suo ticchettio di richiamo, assolutamente tipico di questa specie, e poi col canto. Specie comunissima, si, ma per niente “banale” (come se di banale ci possa essere qualcosa, a questo mondo, eccetto molte umane stupidità). Ed è proprio il canto la sua prima particolarità: in inverno cantano sia maschi che femmine. Più unico che raro. Non solo, in inverno le coppie si sciolgono e ognuno vive per conto suo, difendendo con coraggio e un pizzico di violenza il proprio territorio. Al ritorno nei quartieri di riproduzione tornerà unione e collaborazione (necessaria per allevare due, tre, talvolta quattro nidiate) ma in inverno ognuno per sé. Per questo maschi e femmine sono assolutamente identici e non c’è ornitologo esperto che, almeno fino a nidificazioni iniziate, sappia distinguere tra loro i sessi. Parità! L’arancione sul petto, bordato da una sfiziosa sfumatura grigia, è in realtà una bandiera di combattimento. Nessun pettirosso resiste; se la vede, attacca! Altro che toro da corrida… Talmente potente, come segnale, che i giovani appena involati dal nido non la “indossano”! Il loro piumaggio è un inno all’anonimato. Tutto macchioline su sfondo grigioverde. Ma prima dell’autunno il piumaggio viene parzialmente cambiato (attraverso la muta) e anche i giovani dell’anno issano sul petto la loro bandiera di sfida!
I pettirossi che svernano all’Elba provengono da una vasta “fetta” d’Europa nord-orientale. In fondo non fanno molta strada (in confronto a ben altri viaggiatori, come le rondini o i pigliamosche) ma non per questo non si trovano ad affrontare pericoli indicibili. Sono le prede di tutti. Dalla donnola che attacca i nidi (costruiti spesso quasi sul terreno), allo sparviere che piomba alle loro spalle mentre si alimentano a terra, persino i pipistrelli ci mettono il loro! Per esempio il Molosso di Cestoni, unico pipistrello con coda visibile, un grosso predatore tipico di ambienti mediterranei, preda i migratori in transito nel cuore della notte, tra questi i pettirossi. Ma nulla e nessuno è più stupidamente distruttivo dell’uomo. Vetrate, pale eoliche, veleni diffusi come fossero acqua fresca. E poi il bracconaggio, la “polenta e osei” dei veneti e dei bresciani, le tagliole che un tempo imperversavano (ora molto meno, per fortuna) anche sulle nostre isole, reti, vischio. Nonostante le molte centinaia di migliaia di pettirossi morti ogni anno, ammazzati illegalmente, questo piccolo combattente torna ogni volta a dare un po’ di colore e di musicalità ai nostri giardini invernali. Senza chiedere nulla in cambio. Anche se, è vero, con un po’ di panettone avanzato, due acini di uvetta e qualche altra prelibatezza il pettirosso diventa confidente e i suoi occhietti neri e profondi, da migratore notturno ed eterno combattente, forse, ringraziano anche.
Giorgio Paesani
Ornitologo