Il Piro piro piccolo è, come dice il nome stesso, un piccolo uccello limicolo, che osservo sui nostri lidi soprattutto nel periodo delle migrazioni, vale a dire in primavera o a fine estate e primo autunno, ma che si incontra facilmente anche nel periodo invernale. In molti lo hanno visto senza sapere esattamente che cosa fosse, soprattutto chi si è trovato a camminare la sera o la mattina lungo la battigia delle spiagge deserte. Lo si vede incedere con quell'ondeggiare della coda in alto e in basso, con il dorso bruno e grigio che si confonde con le ghiaie e con la sabbia più scura: si osserva in genere da una certa distanza per cui, se non abbiamo un buon teleobiettivo o un binocolo, allarmato dal nostro incedere oltre ad abbassare la coda inizia anche a muovere la testa, dopodiché parte con il suo volo basso sull'acqua per posarsi ad una distanza ritenuta di sicurezza, rendendo vani i nostri tentativi di avvicinamento. L'ho fotografato diverse volte lungo il lido dello Schiopparello, a Pianosa, sul lido dell'odierna Cala Giovanna, ma più frequentemente lungo la spiaggia di San Giovanni e nel bacino delle Antiche Saline, dove attento scruta la battigia, sabbia e fango alla ricerca delle sue minute prede. A San Giovanni l'ho ritratto spesso nel periodo invernale, intento a nutrirsi presso questa preziosa zona umida salata e salmastra, dimostrandosi in questo luogo più tranquillo e avvicinabile.
Lo vediamo soprattutto con la bassa marea nella zona esposta dalla regressione delle acque a far man bassa di piccoli crostacei e anellidi, aggrappandosi saldamente con le zampe alle pietre coperte di erbino e incrostazioni, pronto a saltare o a volar via all'avvicinarsi delle onde. Recentemente, in occasioni degli ultimi periodi di alta pressione atmosferica associati a consistenti basse maree ho notato come catturava abilmente piccoli anellidi, le arenicole, dalla sabbia così esposta e ho pensato ad una piccola storia di pesca di tanti anni fa, quando avendo ricevuto la soffiata da Ettore, il cugino del nonno partimmo alla volta delle Saline a caccia di vermi per pescare.
Era la seconda metà degli anni '70 e d'estate, soprattutto prima delle pescate a bolentino, in genere si andava col nonno al fosso di Riondo a catturare i gamberi, già ottime esche, con gli appositi retini. Nei negozi di pesca sportiva iniziava allora il commercio dell'esca viva, le famose scatoline di vermi che trasportati e mantenuti vivi col fresco dei frigoriferi venivano venduti a caro prezzo ai provetti pescatori a canna o a lenza. Per evitare il piccolo salasso economico allora ci ingegnavamo sul modo di approvvigionarsi dei vermi locali, le mitiche tremoline, che però non erano facili da reperire sulle spiagge di ghiaia dello Schiopparello. E così giunse l'informazione del canuto ed esperto pescatore che ci dette le “mire”, le coordinate visive per arrivare al prezioso sito della rada dove si potevano trovare i vermi nostrali. Il luogo scoperto con gli allineamenti ottici risultava proprio a ridosso del muretto delle antiche saline di San Giovanni, ma essendovi giunti probabilmente in un momento di alta marea, non trovammo nessuna spiaggia da setacciare alla ricerca dell'esca. Rientrando con la barca a Schiopparello pensai allora un po' dispiaciuto che forse il cugino del nonno aveva frequentato il luogo ai bei tempi andati e ormai il posto aveva subito le modifiche della modernità, ma ero anche convinto allo stesso tempo che i veri pescatori, per quanto parenti, non svelano mai del tutto i loro segreti. Così adesso l'immagine di quel piccolo limicolo che magistralmente sfilava i vermetti tra la sabbia e le pietre della spiaggia di San Giovanni mi ha riportato a quella lontana spedizione di diversi anni fa, confermandomi che nelle parole dell'anziano cugino c'era comunque un fondo di verità.
Antonello Marchese
Guida ambientale e guida ufficiale del Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Fotografo di Natura. Promotore dell’azione Elba Foto Natura, nell’ambito dei progetti della Carta Europea per il Turismo Sostenibile
C’è una presenza quasi invisibile sulle coste dell’Arcipelago; un piccolo limicolo dall’apparenza dimessa e per nulla appariscente, che si aggira furtivo camminando sugli scogli, sui depositi di alghe e posidonia, sulla sabbia e sul fango, è il Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos). Il birdwatcher distratto si accorge di lui solo quando lo vede volare via, spesso lanciando il suo tipico e sonoro richiamo trisillabico. E quel che vede è un piccolo limicolo grigio/marrone che si allontana con un volo radente, a pelo d’acqua, con le ali un po’ curve che vibrano appena e sembrano quasi “steccate”, una evidente banda bianca che le attraversa entrambe continuando fino alla parte esterna della coda. Si allontana quanto basta e poi si posa su un sasso o sulla sabbia, fa delle rapide flessioni sulle zampe abbassando ritmicamente la coda e poi riprende a cercare cibo. Da posato si nota il ventre candido che contrasta con la “pettorina” grigio chiara e ancor di più con le parti superiori grigio-marroni. Il becco è lungo e dritto, le zampe lunghe ma non “da trampoliere”.
Il Piro piro piccolo si nutre di invertebrati, crostacei e piccoli pesci che trova a pochissima distanza dall’acqua. Per cercare il cibo esplora minuziosamente il substrato camminando lentamente, spesso ripetendo quei suoi caratteristici piegamenti ondeggianti e sondando il substrato col becco. Questi limicoli trovano sulle nostre isole ottimi ambienti per passare il lungo periodo non riproduttivo (che non coincide necessariamente con l’inverno, anzi), arrivando già in piena estate e fermandosi fino a primavera inoltrata. Qualche soggetto, in genere i giovani non ancora riproduttivi, si ferma fino alla primavera successiva. Gli basta un tratto di spiaggia isolato, la foce di un fosso o una scogliera coperta di alghe e frequenta volentieri anche le aree portuali.
Nidifica in ambienti aperti con poca vegetazione lungo le zone umide, gli argini e i letti dei fiumi, anche di montagna. Il suo enorme areale comprende una gran parte di mondo; tutta l’Europa continentale fino alla penisola scandinava, ad est l’Asia centrale dagli Urali fino alle coste del Pacifico incluse le isole giapponesi, a nord fanno da confine le aree troppo fredde della Siberia e a sud i mari o le montagne più alte. Le popolazioni europee svernano principalmente sulle coste del Mediterraneo e in Africa, mentre quelle asiatiche svernano nel subcontinente indiano, nel sud-est asiatico e lungo tutte le coste australiane (se vi par poco …). Il nostro Piro piro piccolo, come molti suoi congeneri, è un pioniere che non teme i rischi e l’avventura. Il suo nido è poco più di una nicchia sul terreno nascosta dalla bassa vegetazione dove depone 3-4 uova da covare una ventina di giorni. I pulcini appena nati si alzano sulle zampe e cominciano a muoversi ed a cercare cibo vigilati dagli adulti che, in caso di pericolo, attaccano la minaccia o cercano di distrarla fingendosi feriti e incapaci di volare. Il tutto sempre a poca distanza dall’acqua e dalle sue improvvise mutazioni di impeto e di livello. Una situazione tanto stressante che le femmine adulte accudiscono i piccoli solo pochi giorni e poi partono verso lidi più caldi e meno pericolosi. Del resto fin da giovanissimi ai Piro piro piccoli non manca il coraggio e l’intraprendenza e se la cavano benissimo da soli. Non appena sviluppato un piumaggio completo anche i giovani iniziano a spostarsi verso i quartieri di svernamento e a comparire sulle nostre isole. La prima migrazione si basa su rotte innate, mentre le successive seguiranno i percorsi “appresi” aggregandosi con gli adulti o con altri limicoli. Arrivati qui non è che i pericoli non manchino, anzi. Uno dei più micidiali è il falco pellegrino che, in volo o posato sulle scogliere, “aspetta” i migratori stanchi e affamati per cercare di catturarli con le sue proverbiali tremende picchiate. Ma questo fa parte della vita di questi uccelli, delle minacce che sono naturalmente adattati ad affrontare. Per niente naturali, invece, sono le lenze abbandonate e le sostanze inquinanti che, ormai, troviamo in tutti i nostri mari, nessuno escluso, nessuno indenne. Basta un filo di lenza che si avvolge ad una zampa, casualmente, per determinarne la lenta necrosi dell’arto con esito fatale. Triste fine per un coraggioso pioniere.
Cerchiamo di ricordarcelo la prossima volta che ci fuggirà da pochi metri, gridando il suo allarme. Chissà da dove è venuto, chissà quanto mondo ha già visto e quanto ne potrà vedere.
Giorgio Paesani
Ornitologo