Cognome: Monte
Nome: Capanne
Soprannome: Plutone
Genere: Corpo geologico
Specie: Intrusivo
Sesso: unico
Nato il: Miocene superiore (~ 7 milioni di anni fa)
In: Arcipelago Toscano (in fieri)
Provincia: Magmatica tosco-laziale
Residente: Isola d’Elba occidentale
Nome della madre: Tettonica delle placche
Nome del padre: Magma anatettico (fusione di rocce a grande profondità)
Fratelli minori: Giglio, Montecristo, Campiglia, Fosso Mar dei Carpisi...
Cugini vulcanici antichi: Sisco (Corsica), Capraia 1...
Cugini vulcanici giovani: Zenobito (Capraia 2), Roccastrada, Radicofani, Bolsena, Amiata, Bracciano...
Altezza: 1.019 metri s.l.m.m.
Dimensione (emersa visibile): ~ 62 kmq
Segni particolari: il lettore esprima un aggettivo secondo la propria percezione
La prima volta che ho incontrato Monte Capanne era il 1969, mese di giugno; avevo finito l’anno scolastico della prima classe superiore a Pisa, e una mia zia, maestrina di fresca nomina assegnata alla scuola elementare di Marciana Marina, mi aveva invitato a raggiungerla. Andai. Un giorno, mentre la zia era in classe a far lezione, deciso che Marciana Marina l’avevo già vista abbastanza, puntai lo sguardo verso la montagna alle sue spalle. Sembrava chiamasse. L’indomani mattina partii, a piedi, da solo, con ordinario abbigliamento da città, ordinarie scarpe da passeggio (mica quelle tecnologiche da trekk!), ordinari pantaloni che di “tecnico” non avevano neanche la “t” del pan”t”alone, e una camicia speciale, meno ordinaria ma tipica di quegli anni; adoravo quelle camicie da Beat Generation, un po’ da “On the road” di Jack Kerouac, come mi sentivo, mi credevo e mi vedevo... così come tutti i ragazzi di quel tempo. Arrivai in vetta al Capanne, orientandomi a vista, senza conoscere quei sentieri, puntavo verso l’alto come mi aveva insegnato mio padre, seguendo piste di animali e sentieri ogni volta che ne trovavo. Alle montagne ero già abituato da anni, ma quella fu la mia prima escursione all’Elba, la prima di migliaia di altre.
14 anni, in vetta al Capanne, “il vuoto intorno” come dice Mauro Corona, lo scultore delle parole di recente insignito del Premio letterario “La Tore” 2021.
Quel giugno di cinquantadue anni fa c’erano molte meno antenne, lo spazio intorno era tanto più libero, naturalmente la montagna era più montagna.
L’anno dopo trasferirono la zia alle elementari di Marciana e io tornai, ormai attratto da quest’isola, e tornai per la seconda volta in vetta all’amico Monte.
Passarono otto anni prima che scelte di vita e di caccia al futuro mi riportassero all’isola, e a far visita obbligata al Monte, ma da quella terza… le successive ho smesso da anni di contarle; certo è che sono tantissime le occasioni, per lavoro o per passione, che sono tornato a salire sulle spalle di quel grande vecchio, granitico monte dal cuore di pietra.
Ma chi è questo gigante conico che domina l’Arcipelago Toscano e che, con un po’ di maestrale si può distinguere chiaramente dalle vette delle Alpi Apuane? Vediamo di conoscerlo un po’ più intimamente, come un saggio e paziente amico in attesa da milioni di anni che il primo Sapiens lo vedesse e mi precedesse - di migliaia di anni - per raggiungerne la testa.
Già qualcosa si sta dicendo, ovvero che per parlare di lui bisogna cambiare calendario, abbandonare il nostro “gregoriano” e prendere un po’ di confidenza con quello geologico.
Una domanda intrigante intanto, la cui risposta non è così scontata: ma Monte Capanne (da ora in avanti per gli amici MC) è il figlio dell’Isola d’Elba oppure è l’isola ad essere figlia sua?
Non è un tema banale, geologicamente parlando, dato che le rocce che oggi lo circondano, sopra e sotto l’attuale livello del mare, e che stavano sopra di lui prima che venisse alla luce, sono molto più antiche, lo hanno preceduto e... e pur tuttavia sono emerse con la sua nascita!
Chiediamo aiuto agli esperti.
Scrivono Marinelli, Barberi e Cioni in “Memorie della Società Geologica Italiana, 49 (1993)”: “...già 1 Ma [un milione di anni] dopo l’inizio del raffreddamento [intendono del magma che diventerà MC] il sollevamento diapirico doveva aver raggiunto 500 m e quindi potevano iniziare lo scollamento e il denudamento tettonico. Ammesso che lo spessore del flysch si aggirasse sui 2000 m, ai quali vanno aggiunte alcune centinaia di metri di serie ofiolitifera, il Monte Capanne doveva superare i 2500 m di altezza, permettendo così il trasporto dei ciottoli porfirici fino all’interno della Maremma toscana”.
Tecnicismi a parte, quali ad esempio flysch (in breve una successione di rocce sedimentarie) e ofiolitifera (rocce magmatiche di crosta oceanica e di mantello), il senso che ora vogliamo cogliere in questo straordinario passaggio sta nello spessore notevole delle rocce che stavano lì prima che il futuro MC salisse - come una specie di grande mongolfiera(1) di roccia molto calda - verso la superficie (il cosiddetto sollevamento diapirico), ma anche che quelle stesse rocce sono state:
- sollevate
- portate in luce fin quelle più basse
- spinto il tutto verso l’alto
- e quindi scaricate per scivolamento gravitativo
dal nascente Capanne stesso, andando così a costruire una buona parte della nostra speciale isola.
In questi termini, in estrema sintesi, possiamo affermare che: l’Elba è costituita da rocce tanto più antiche di MC (oltre che da lui stesso), ma dobbiamo molto a lui, gigante occidentale, dei caratteri fondamentali che caratterizzano l’attuale conformazione geomorfologica dell’isola.
MC, come tutti i sui fratelli (plutoni) e cugini (vulcani), appartiene alla “Provincia Magmatica tosco-laziale” come la chiamano i geologi, ovvero a quell’area che comprende la Toscana meridionale, il Lazio settentrionale e il “dito” della Corsica. Questa vasta area costituisce a sua volta una interessantissima testimonianza delle dinamiche che, a partire da una ventina di milioni di anni fa (siamo nel Miocene inferiore), videro il Tirreno aprirsi (e nascere come fa un oceano) e l’Appennino Settentrionale migrare da Ovest verso Est. Una immane, poderosa rotazione in senso orario Ovest-Est che possiamo provare ad immaginarla chiudendo gli occhi; credo non ci sia modo migliore per noi.
In questo contesto geodinamico si viene a creare un’area di distensione nella fascia che va dalla Corsica (abbandonata insieme alla Sardegna con l’aprirsi del Tirreno) all’entroterra amiatino passando per l’attuale Arcipelago Toscano. In questa fase di distensione e assottigliamento della crosta, si formarono delle faglie (faglie distensive, in geologia dette “normali” ovvero grandi fratture) attraverso le quali i magmi, che hanno minore densità, ebbero la possibilità di farsi strada e risalire verso la superficie.
Chi ha tempo e voglia può leggere anche un altro mio articolo al riguardo
http://elbareport.it/scienza-ambiente/item/33864-storia-geologica-del-gigante-crollato-e-delle-circostanti-isole?jjj=1619200704841
E’ in questo contesto che vengono a giorno le montagne granitiche e i vulcani della Provincia Magmatica.
Monte Capanne è uno di quei nati.
Una conferma della rotazione antioraria di cui si è accennato, sta nel fatto che il magmatismo tosco-laziale si fa via via più “giovane” procedendo da Ovest verso Est (geologicamente come parlassimo di bimbi all’asilo, dai gradicelli ai piccoli), con Sisco (in Corsica), il più occidentale e il più antico della Provincia Magmatica con i suoi 14 milioni di anni, fino all’Amiata (con Radicofani il più orientale) “giovane” di appena 400.000 anni, passando per MC di età intermedia, calcolata in circa 7 milioni di anni.
Con i suoi 62 kmq di superficie emersa, e compresa l’aureola metamorfica, MC “è” l’intera Elba occidentale, e al tempo stesso il più grande corpo intrusivo affiorante della Provincia Magmatica.
Intorno ad esso, oltre all’aureola di rocce termometamorfiche, disposti in senso radiale rispetto alla vetta sono presenti ed emergenti come grandi torri pressoché verticali, una serie di minori corpi geologici chiamati tecnicamente “dicchi”, non granodioritici come MC ma porfirici (la differenza petrografica si apprezza anche a occhio, a livello macroscopico), anch’essi di origine ignea (magmatica) che, intrusi (come dire iniettati per pressione) all’interno delle antiche rocce incassanti, oggi restano lì, alti e via via sempre più isolati. Come giganti minori e solitari sul paesaggio pendente dei fianchi denudati di MC, i dicchi sono relitti spogli e testimoni anch’essi di un ambiente che non esiste più. Tutto intorno a loro è crollato, nel tempo, per scivolamento, per naturali-processi-di-naturali-frane causate dalla continua, incessante evoluzione del paesaggio come natura ordina, alla ricerca di nuovi e pur eternamente provvisori equilibri sui versanti del Capanne così come di tutte le montagne del resto del mondo.
Capita poi però… che anche i solitari dicchi avvertano i segni del tempo, gli acciacchi della vecchiaia se rapportati alle umane vicende dell’umana vita, dell’aggressione da parte di agenti esogeni, dell’isolamento dopo l’abbandono delle rocce che li hanno ospitati fin dal Pliocene, quelle grigie e nere, ad esempio, in forma di lastrine e blocchetti che coprono i versanti boscati intorno a Campo lo Feno, via via scese a valle secondo legge di gravità. E allora accade che… accade che i crolli che ne conseguono, tal volta improvvisi, violenti e consistenti, nel loro crollo-scivolamento verso il basso incontrino infrastrutture che l’uomo ha costruito, e che per egli sono vitali con la stessa forza con la quale, parimenti, sono del tutto prive di significato per il dicco in rovina. Si libera, il dicco, di parti rotte, perdute, secche come i rami di un albero secolare. E queste cadono, travolgendo ciò che incontrano... Quello che accade lo ha già descritto l’amico Beppe Tanelli in un suo recente “Pomontinco” articolo dell’aprile scorso su questo stesso giornale.
Quando il bipede homo aveva ancora “da nascere” e scatenarsi alla conquista del pianeta, quelle formazioni grigette e nerastre, e tante altre antichissime simili, coeve e non, ancora avvolgevano il plutonico Capanne e i figli porfirici dicchi, come uno spesso canovaccio avvolge la pagnotta in lievitazione nella bottega del fornaio.
In circa due secoli di studi, geologi e mineralogisti hanno svelato molti dei segreti di questo elbano gigante dalla fragile corteccia e dal cuore di pietra. Sono state comprese le dinamiche tettoniche che, lette a ritroso nel tempo, hanno messo in relazione MC con:
6 l’appennino settentrionale,
5 l’apertura del Tirreno,
4 l’abbandono del blocco sardo-corso,
3 l’apertura del bacino balearico,
2 la formazione dell’area mediterranea,
1 la divergenza e la collisione del continente africano con quello euroasiatico.
Tutto questo milioni e decine di milioni di anni prima che l’Homo, Continentalis ed Elbanus, facesse il primo sbadiglio, milioni di anni prima che un quattordicenne in solitaria prendesse la via della vetta e s’innamorasse dell’amico cuore di pietra.
Ma molti segreti ancora in parte custodisce quel tozzo cono di granito, dalle interessanti osservazioni sulla disposizione, orientata e non, dei grandi cristalli di ortoclasio, diversa da nord a sud della linea Pomonte-Procchio(2) ai grandi inclusi sferoidali dei graniti di S.Andrea.
Una storia molto complessa e affascinante, quella del Capanne come del resto della Terra, piena di significato non solo per l’evoluzione del paesaggio, ma anche per le vicende che ci riguardano come specie, oltremodo invasiva, ospite per caso, geologicamente padrona di niente.
Del resto:
“Chi potrebbe non stupirsi della forza che ha sollevato queste montagne e ancor più per il numero di secoli che devono essere occorsi per spaccare, spostare e spianare tutta la loro massa?...Non dobbiamo sottrarci alla meraviglia, e mettere in dubbio che l’onnipotente tempo non possa ridurre in ghiaia e fango qualsiasi montagna…” [Figuriamoci noi!]
Charles Darwin (1839) - The Voyage of the Beagle.
Nicola Gherarducci
(1) mongolfiera: il termine non è casuale dato che i geologi, per rappresentare il movimento ascensionale di un magma come quello di MC, usano l’inglese balloning, mongolfiera, appunto.
(2) Andrea Dini - Il granito e i minerali pegmatitici del M.Capanne.