Ho letto con attenzione anche l’ultimo intervento riguardante la complessa vicenda legata ai mufloni, pubblicato su Giglio News a firma dei consiglieri Schiaffino e Cossu. Non entro nel merito delle richieste, legittime per altro, che i consiglieri fanno al Sindaco circa il coinvolgimento dei cittadini che essi rappresentano attraverso le modalità che ritengono più utili alla collettività isolana, ma colgo questa occasione per scrivere alcune riflessioni sul tema, provando a spiegare le motivazioni del perchè, da amministratore del parco e da gigliese, sono favorevole alla eradicazione di questa specie dall’Isola del Giglio.
Una premessa doverosa: non sono un biologo e non ho la minima intenzione e pretesa di infilarmi nel ginepraio che si è scatenato tra scienziati del tipo se è nato prima l’uovo o la gallina, ma ho la fortuna di amministrare il parco collaborando con dipendenti e professionisti molto preparati che mi hanno ampiamente convinto delle modalità che abbiamo attuato e della necessità di raggiungere l’obiettivo e del fatto che se pure, come spesso accade, il mondo scientifico si interroga (è il loro mestiere) vi è ormai una ampia e direi pure maggioritaria e consolidata linea di pensiero sulla questione.
Il mio convincimento non nasce da ieri e nemmeno dall’inizio di questo progetto life denominato “Let’s go Giglio”, ma da ben più lontano.
Come qualcuno ricorda ho avuto l’opportunità di esercitare il ruolo di amministratore del Comune di isola del Giglio dal 2004 al 2009 come assessore all’ambiente e consigliere comunale. Durante quel periodo, grazie al sindaco dell’epoca, Attilio Brothel e anche al nostro capogruppo di maggioranza, il consigliere Armando Schiaffino, ho avuto anche l’opportunità di essere nominato per la prima volta all’interno del consiglio direttivo dell’ Ente Parco, proprio in qualità di consigliere comunale rappresentante il comune di Isola del Giglio. Tale carica durò dal 2007 al 2009 e terminò con la fine del mio mandato amministrativo.
Già in quel periodo l’argomento “mufloni” era molto gettonato e la nostra amministrazione veniva sollecitata moltissimo dagli agricoltori locali. Come assessore all’ambiente ne fui presto interessato.
A causa della presenza in libertà dei mufloni ci arrivavano molte sollecitazioni, alcune anche parecchio colorite, e, come amministrazione comunale le condividevamo anche con il parco, anche attraverso il sottoscritto.
Ricordo come tutta la “nostra” amministrazione comunale dell’epoca accolse favorevolmente l’approvazione della delibera n. 34/2007 del Consiglio Direttivo dell’ Ente parco, avente oggetto: “interventi per l’eradicazione della popolazione di muflone nell’area protetta di Isola del Giglio” e che allego.
Al di là delle opinioni personali quindi è bene sapere che dal 2007 vi è un atto noto che mira alla eradicazione, attraverso abbattimento, del muflone dal territorio del parco.
Dal 2007 ad oggi di cose ne sono accadute molte e anche di mufloni ne sono stati abbattuti diversi.
Il parco, a seguito di quella delibera e del conseguente piano di eradicazione, ha effettuato abbattimenti di controllo nell’area protetta e contestualmente l’ambito territoriale di caccia (ATC) predisponeva piani di abbattimento del muflone che cacciavano la specie con la forma della selezione. Infatti il Muflone è una specie cacciabile ed infatti per fare un esempio la regione Toscana nell’annata in corso ha autorizzato i cacciatori ad abbattere 677 mufloni. Per tornare al Giglio tra abbattimenti nel parco e fuori, effettuati sia in regime di controllo che di caccia , tra il 2009 e il 2020 sono stati abbattuti oltre 87 capi.
Gli abbattimenti avvenivano sotto la luce del sole.
Questo spiega alcune cose: la prima è la risposta al come mai i mufloni non siano proliferati in modo abnorme e di conseguenza alcuni danni sono stati limitati; basti pensare di aggiungere al numero attuale quelli abbattuti e quelli catturati, più tutti quelli che sarebbero stati i potenziali nuovi nati.
Un’altra cosa che spiega è come mai tra i contrari alla eradicazione potrebbe non esserci solamente chi giustamente e legittimamente ha a cuore il destino dell’animale, ma potrebbero trovarsi allineati assieme a loro anche soggetti che potrebbero avere interesse nel continuare a cacciarli o qualcuno che potrebbe aver ricevuto indennità per danni subiti alle colture, risarcimenti che per quanto esigui evidentemente potrebbero comunque far comodo.
Fino a prima del progetto life, tanto vituperato e bistrattato, “galleggiavamo” quindi in una situazione che evidentemente faceva tutti (o quasi) contenti, perché con un po’ di abbattimenti all’anno veniva limitata la popolazione dei mufloni, qualcuno aveva la soddisfazione di cacciarli e nello stesso tempo l’animale permaneva sull’isola.
Da qui si comprende che se, ad esempio, al Giglio oggi sono presenti 40 mufloni, ammesso che vengano tutti abbattuti (e non sarà così) avrei appunto 40 abbattimenti. Se invece ne vengono abbattuti 10 all’anno, per 15 anni, che è più o meno quello che è successo, di mufloni ne vengono uccisi 150 e ne rimangono poi sempre i soliti 40 così da poter dire che ci sono e che tutti amiamo la loro presenza.
E’ chiaro che questo deve finire e deve finire non solo rapidamente, ma anche tenendo conto delle reali possibilità di azione.
Pensare di lasciare il muflone sull’isola anche se in una zona recintata mi trova contrario per i seguenti motivi: E’ da una zona recintata che arriva il problema ed è verosimile pensare che una volta realizzato un nuovo recinto, con il passare del tempo faccia la fine dell’altro con una nuova fuoriuscita di mufloni.
Il parco non è uno zoo: abbiamo imparato tutti che il muflone non è arrivato al Giglio a nuoto, su questo credo si possa convenire. Come può un parco nazionale farsi promotore di un progetto che mira alla educazione di residenti e turisti mostrando una specie che con l’isola non ha nulla a che fare e che anzi se lasciato libero produce danni? Immaginiamo, ed è una provocazione, se invece dei mufloni fossero state importate zebre o giraffe o struzzi; oggi dovremmo avere, come parco, l’obiettivo di raccontare tali specie al resto del mondo e di come si sono adattate al Giglio? Credo che questo sia culturalmente sbagliato. Anzi, un aspetto che considero positivo di tutto il life (che tratta anche di pinete e di fichi degli ottentotti) è che è un progetto che prova a ricreare le basi per la conservazione degli habitat e credo che siano gli habitat originari e chi li abita (scusate il gioco di parole) che andrebbe raccontato al resto del mondo.
Chi crede poi che il muflone possa essere lasciato in libertà pensando solo a recintare i vigneti, vuol dire che si immagina un’isola, tra qualche quinquennio, con centinaia di mufloni a spasso e le colture chiuse dietro reti molto alte. Anche questo, molto discutibile e dannosissimo per la vegetazione spontanea, risulta non attuabile. Aggiungo, ad ulteriore scopo di informazione che qualche anno fa (2018) parco e comune del Giglio furono interessati dalla Prefettura di Grosseto in merito al problema che si sollevò per la presenza dei conigli e l’utilizzo dei lacci di cattura da parte di alcuni cittadini. Al di là della specifica e complessa questione, l’occasione fu utile per affrontare il tema delle recinzioni, così da fornire una alternativa legale e non cruenta per la difesa dei vigneti e creare un accordo finalizzato anche alla semplificazione amministrativa per l’istallazione delle reti. Sia comune che parco proponevano di istallare reti utili al contenimento sia del muflone che del coniglio e quindi reti aventi altezze adeguate. La Soprintendenza limitò l’altezza massima delle reti a 80 cm fuori terra e quello fu il massimo che riuscimmo ad ottenere (allego anche il verbale dell’ultimo incontro). Questo significa che al Giglio è realisticamente pensabile istallare esclusivamente reti per il contenimento del coniglio, ma non per contenere il muflone e questo significa che pensare di lasciarli liberi e poi immaginarsi, da isolani nostalgici di celebrare il duro lavoro degli agricoltori, beh queste due non sono attività fra loro compatibili.
Per fare terminare il prima possibile questa situazione, anche nell’interesse degli animali, occorre che si continui, come stiamo facendo, con le catture in luogo degli abbattimenti e con la consegna dei mufloni catturati ai soggetti che si sono resi e si renderanno disponibili a riceverli fuori dal territorio isolano, in luoghi ovviamente idonei. Se riusciremo a fare questo, limitando gli abbattimenti ai capi residui e non catturabili credo che avremmo fatto quanto di meglio si può realisticamente fare nell’interesse degli animali e dell’isola. In questo senso mi sento di ringraziare il gruppo animalista “Irriducibili” ed in particolare il Signor Torlai con il quale abbiamo condiviso l’idea di consegna dei capi catturati fuori isola, prima all’Elba e ora al Giglio, consapevoli e rispettosi dei rispettivi ruoli, obiettivi e sensibilità.
Immaginare un percorso diverso da questo, sempre a mio modesto parere e per l’esperienza che ho fatto fino ad ora sul campo, credo che non farà altro che far perdurare quella situazione di galleggiamento sopra descritta o metterà nuove basi affinché ciò si possa ripetere nel prossimo futuro.
Stefano Feri
Vice Presidente del Parco Nazionale Arcipelago Toscano
(da greenreport.it)