I lavori di consolidamento anti erosione del Cammino della Rada, nel tratto che va da Magazzini alle Prade, sono quasi ultimati e hanno portato ad un ampliamento della superficie calpestabile a ridosso dei muri storici della Tenuta Foresi, ad un allargamento e potenziamento della spiaggia con apporto di ciottoli ed alla costruzione di alcuni pennelli a mare in massi.
Lavori imponenti e necessari, ma che, come abbiamo già detto, potevano essere fatti prestando maggiore attenzione all’ambiente costiero e palustre. E dispiace vedere che anche in questo caso il "punto di vista" degli alberi non è stato tenuto in nessun conto: avrebbero avuto probabilmente maggiore considerazione se si fosse trattato di elementi di arredo urbano o di pali della luce, invece erano magnifici, salmastri e contorti – come dovrebbero essere le tamerici – alberi pionieri che hanno resistito a mareggiate e intemperie ma non alla banalizzazione da motosega.
Come ci conferma l'arboricoltore Marco Rinaldi, nel progettare ed effettuare l'intervento di consolidamento, non è stato tenuto conto del fatto che il lavoro delle ruspe, di cambio di livello del terreno e il compattamento hanno causato gravi problemi alla parte sotterranea delle piante: i danni più insidiosi sono quelli che non si vedono, quindi quelli a livello di apparato radicale, che compromettono tra l'altro la stabilità degli alberi. Nessuno sembra tenere conto del fatto che le azioni di tutela degli apparati radicali durante le opere di scavo edili o stradali sono regolamentate da diverse norme e non esenti da responsabilità. A questo si è unito un taglio insensato delle chiome, dettato da ragioni logistiche e non da conoscenza della vita della pianta ed effettuato con metodi non consoni. Tutto ciò conferma il fatto, purtroppo arcinoto e rispetto al quale attendiamo da tempo una qualche smentita, che sia alcune delle ditte che eseguono i lavori, sia gli uffici competenti degli Enti pubblici non hanno la minima cultura indispensabile.
Le piante potevano benissimo, avendo le moderne conoscenze sul tema (che tra l'altro su questo territorio esistono e si sono più volte messe a disposizione degli Enti pubblici) essere tutelate dagli scavi prossimi agli apparati radicali e essere potate, se necessario, in maniera corretta. Per come sono stati eseguiti i lavori sarebbe stato a questo punto forse meglio addirittura togliere quelle piante e progettare un nuovo impianto compatibile con il nuovo assetto, piuttosto che torturare gli alberi esistenti, rendendoli tra l'altro esteticamente sgradevoli.
Anche se forse alcuni degli alberi avrebbero potuto non essere in buone condizioni, sembra che a nessuno sia venuto in mente di fare una valutazione in merito. Quel che è certo è che, invece, alcuni tamerici erano molto belli e potevano essere mantenuti, al contrario l'intervento eseguito li mette a rischio.
In occasione del recente convegno su alberi e verde urbano organizzato da Legambiente e al quale hanno partecipato diversi Amministratori comunali portoferraiesi, si erano messi a disposizione illustri esperti del territorio e delle università Toscane, non si capisce perché queste opportunità non vengano sfruttate e si proceda come prima.
Ora occorre ripristinare le tamerici, ma bisogna farlo bene e soprattutto nei tempi giusti (per esempio bisogna ripiantarle in autunno e non ora come ha ipotizzato qualcuno). Sarebbe l’occasione anche per coinvolgere i cittadini, in particolare le scuole, in un’opera di restituzione di un’area al suo aspetto naturale e per farla conoscere meglio.