Un gran dibattito è scaturito in questi giorni sul tema del rigassificatore a Piombino per la complessità della vicenda soprattutto legata alla sicurezza, alle tempistiche, alla localizzazione, alle procedure, ai rischi per la popolazione e per l’ambiente, per le attività esistenti, dislocate sul porto e a poche miglia dalla costa, per le ricadute sulla economia dei territori vicini oltre che sui comuni dell’isola d’Elba. Una vicenda davvero impegnativa che comporterà l’obbligo di decisioni supportate da pareri tecnici, da approfonditi studi di fattibilità, nonché l’obbligo di specifiche procedure ai sensi delle normative vigenti in materia. Dovrà essere esaminato in conferenza dei servizi dal comitato tecnico regionale, dei vigili del fuoco, della capitaneria, dai rappresentanti ministeriali.
Il Comitato Salute Pubblica ritiene che entrambe le soluzioni, sia quella che prevede la collocazione del rigassificatore in banchina, come annunciato dal Ministro Cingolani, sia quella in mare aperto, presentino criticità rilevanti e tali da non ritenere adeguata l’area di Piombino.
Un impianto di rigassificazione, in banchina o in mare, è sottoposto, leggendo le procedure inerenti il rigassificatore di Livorno, alle direttive Seveso (rischi di incidenti rilevanti) di cui al Dlgs 105/2015. Da una recente sentenza del TAR TOSCANA sul rigassificatore di Livorno (n. 1870 del 30 luglio 2008) si afferma che “la nave, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99” oggi Dlgs 105/2015.
Il rigassificatore verrebbe attraccato per 1-2 anni in una delle banchine disponibili all’interno di un porto troppo piccolo, attiguo alla città, con quartieri abitati vicinissimi, con attività e servizi esistenti, con un traffico di navi e passeggeri intensissimo, con traffici commerciali ingenti. Ebbene, chi si assumerà la responsabilità di garantirne la sicurezza? Come si potrà addivenire ad autorizzare un simile progetto? Ci risulta che il rigassificatore di Livorno, situato a 12 miglia dalla costa, abbia una fascia di sicurezza di 2 miglia (circa 3700 metri). La nave proposta per Piombino sarebbe ospitata all’interno del porto, quindi in mare, pertanto anche per essa dovrebbe scattare analoga fascia di sicurezza o dobbiamo ritenere che le acque del porto non siano marine, se si dovesse scendere sotto la fascia di sicurezza delle 2 miglia? Ma al contempo la nave, con sopra l’impianto di rigassificazione, verrebbe attraccata in banchina (per 1-2 anni) quindi in continuità con la terra ferma, il ché dovrà comportare anche una fascia di sicurezza in analogia agli impianti situati a terra, considerando che nelle vicinanze vi sono turisti, lavoratori, abitazioni. Insomma vogliamo dire che le fasce di rispetto, in questa ipotesi, occorrono sia in mare che in terra. Nel piano di sicurezza del rigassificatore di Livorno si parla di zero rischi per la popolazione e per gli elementi a terra sensibili. Questo non si può dire per l’ipotesi di Piombino. Il Governo è in attesa delle verifiche tecniche da parte di Snam, ma le proposte della società sulla fattibilità del luogo, sulla sicurezza, sui rischi, sulle fasce di rispetto dovranno essere approvate da organi tecnici e istituzionali.
Anche l’eventuale collocazione in mare aperto, desta non meno perplessità e preoccupazioni, al punto che molti in città stanno sostenendo che i nostri esponenti governativi forse dovrebbero meglio conoscere il nostro mare, le nostre coste. Siamo nel bel mezzo dell’arcipelago toscano, ci viene voglia di ricordarlo (Elba, Giglio, Giannutri, Cerboli, Isola di Montecristo, Palmaiola, Capraia e verso nord Gorgona), siamo nel bel mezzo del santuario dei cetacei.
Abbiamo provato, avvalendoci di una cartografia, ad ipotizzare la collocazione dell’impianto di rigassificazione a 10 / 12 miglia a largo di Piombino. Il risultato è straordinario: l’impianto si troverebbe a fianco dell’Elba o nel mezzo del santuario dei cetacei o nella tratta di navigazione del Canale di Piombino.
La piattaforma in mare costituirebbe un ulteriore elemento negativo da sommare a quelli esistenti (SIN, discariche, impianti industriali, fatiscenti, abbandonati…) sull’ambiente marino, sull’impatto visivo, con ripercussioni sul turismo di una vasta area, senza considerare le ripercussioni su impianti di itticoltura esistenti. Inoltre le attività marittime non sono esenti da incidenti rilevanti. Non meno rilevanti sono gli aspetti legati all’inquinamento marino. Per riportare il gas liquido allo stato gassoso si stima, a 35 metri di profondità nella zona dell’impianto, una perdita di habitat marino pari a 230 ettari all’anno.
Le interferenze con i traffici dell’Elba hanno indotto ad un confronto tra i Sindaci di quei comuni con il Sindaco di Piombino, di Follonica e i Sindaci della Val di Cornia. Auspichiamo che si arrivi ad una presa di posizione contraria congiunta tra i Sindaci sopracitati, per le caratteristiche del nostro golfo e del nostro territorio. Le decisioni che vengono dall’alto (Governo), specie quelle frettolose, si realizzano in ambito locale quando non incontrano criticità e pareri sfavorevoli da parte delle istituzioni amministrative locali.
Il Comitato Salute Pubblica Piombino Val di Cornia
Nell'immagine di copertina: in rosso le tratte marine di 12 miglia da Piombino dove, secondo le notizie di stampa, dovrebbe essere realizzata la piattaforma stabile definitiva per l’attracco delle navi gasiere.