Erin Clabough, che insegna neurobiologia all’University of Virginia, non sapeva quasi nulla di tartarughe marine, ma ora si trova a guidare il team di ricercatori di Nerds Without Borders, Charlottesville Hatteras Island Ocean Center, IBM Research-Almaden, North Carolina State University che ha pubblicato recentemente su PLOS One lo studio “The secret life of baby turtles: A novel system to predict hatchling emergence, detect infertile nests, and remotely monitor sea turtle nest events” e che potrebbe rivoluzionare le nostre conoscenze e le modalità di sorveglianza dei nidi di tartarughe marine.
La Clabough è stata coinvolta nelle attività di salvaguardia delle tsartarughe marine da Nerds Without Borders mentre passeggiata sulla spiaggia con il suo cane e ora ha presentato una ricerca che dimostra che un dispositivo a forma di uovo inserito in un nido scavato nella sabbia da una tartaruga marina può prevedere in modo affidabile i tempi di schiusa. Si tratta di una svolta che promette di ridurre l’attesa sia degli ambientalisti che controllano i nidi sia dei turisti che vorrebbero utilizzare porzioni di spiaggia transennate per consentire alle tartarughine marine di raggiungere il mare senza essere disturbate. La Clabough evidenzia che «Questo è qualcosa che aiuta non solo le tartarughe, ma un gruppo di persone».
La ricerca è stata condotta in collaborazione con il National Park Service Usa, che negli anni scorsi ha ricevuto diverse proteste a causa della chiusura delle spiagge dove nidificano le tartarughe marine e che or può prevedere con maggiore precisione quando è necessario espandere le barriere ed evitare così una miriade di altre preoccupazioni relative alla schiusa.
Le tartarughe marine, come le Caretta caretta che nidificano nel Cape Hatteras National Seashore in North Carolina, sulle quali si è concentrato principalmente lo studio, sono protette a livello federale. Gli ambientalisti vogliono assicurarsi che le tartarughe, che di solito emergono dal nido di notte, riescana a raggiungere sicurezza dell’oceano dopo che si sono schiuse. Le luci artificiali delle case costruite accanto alla spiaggia o anche un falò di turisti potrebbe mandare le tartarughine nella direzione sbagliata. E qui, negli Usa come in Italia e in molti altri Paesi, entrano in azione i tartawatchers per aiutarle e indirizzarle verso il mare.
All’University of Virginia ricordano però che «Sfortunatamente, il servizio di babysitting volontario è stato storicamente poco preciso. I watchers dovevano vedere la deposizione del nido, quindi contare in avanti nel tempo per trovare una finestra per la schiusa, che può essere larga da una a due settimane».
La Clabough aggiunge che «Sebbene restrizioni negli ultimi anni Hatteras Island abbia lavorato per migliorare le sue, i protocolli del Park Service richiedono perimetrazioni ampie del nido, con la chiusura delle spiagge interessate da una certa data dopo la deposizione. Non si basano su quando le tartarughe si schiudono effettivamente sotto la sabbia».
Ma gli scienziati non erano sicuri di come le piccole tartarughe marine riuscissero a sincronizzare la loro uscita dal nido e, per capire la vita segreta delle baby tartarughe sotto la sabbia, Nerds Without Borders ha deciso di creare un uovo con un rilevatore di movimento, un accelerometro. Tra loro c’erano il fondatore di Nerds David Hermeyer, l’IBM master inventor Thomas Zimmerman e l’ingegnere in pensione Samuel Wantman della North Carolina State University. Alla ricerca hanno anche partecipato il noto biologo Joshua Chamberlin dell’Hatteras-Sydney College e l’ONG Hatteras Island Ocean Center che organizza il lavoro dei volontari ad Hatteras. Uno schema nerd che è stato chiamato “TurtleSense”.
Wantman, racconta che «Quando ogni tartaruga emerge dal suo guscio, si arrampica per unirsi ai suoi fratelli in cima alla covata di uova, creando un’ondata di commozione tra tutti gli altri cuccioli di tartaruga nel nido. Quando non c’è più trambusto c’è un periodo di quiete, che può essere l’impulso per tutti i piccoli di ribollire fuori dal nido insieme».
L’attività dei tartawatchers diventa più intensa con la comparsa di una piccola depressione nella sabbia – che è solo a volte un indicatore dell’inizio della schiusa – o l’emersione delle tartarughine dalla sabbia.
Il gergo, quando compaiono solo poche piccole tartarughe è un “rivolo”, quando dalla sabbia emerge quasi l’intera nidiata e se ne va in mare insieme è una “bolla” o un “ribollire”. Ma lo studio ha anche scoperto che le depressioni a imbuto nella sabbia non sono un modo molto preciso per sapere quando le tartarughe stanno per emergere: sono state trovate solo nel 45% dei nidi monitorati per la ricerca.
Le Caretta caretta, le più diffuse e nidificanti anche nel Mediterraneo, hanno una sorprendente capacità innata di coordinare i loro primi passi; il più delle volte, i piccoli lasciano il nido in branchi e di notte, si tratta di una strategia che si basa sul numero per sfuggire ai granchi fantasma predatori di Hatteras Island o a famelici uccelli costieri, come i gabbiani in Italia.
I ricercatori spiegano che «Sebbene la tecnologia e i suoi metodi di installazione siano in continua evoluzione, il processo generalmente funziona in questo modo: rimuovendo circa 10 uova da ogni nido, i volontari inseriscono l’uovo finto, una pallina da ping-pong con un microchip all’interno. Quindi rimettono le uova vere nel mucchio e le ricoprono di nuovo. L’uovo impostore è attaccato a un cavo, che i volontari seppelliscono in una trincea che circonda il nido. Il cavo si estende da terra in un angolo fino a un trasmettitore tra le dune. Qualsiasi movimento eventualmente rilevato viene inviato come pacchetti di informazioni al software che monitora la situazione, creando un profilo dell’energia proveniente dal nido».
Il team ha deinito il suo proof of concept 2013. La Clabough è stata coinvolta nel progetto nel 2015 memtre passava l’estate ad Hatteras e ricorda: «Sono andata a fare una passeggiata con il mio cane ed eravamo vicino a un nido di tartarughe picchettato. Ho incontrato un’altra persona che portava a spasso il suo cane che diceva di essere di Charlottesville». Quella persona era Eric Kaplan, un imprenditore e fondatore dell’Ocean Center e la Clabough gli ha chiesto: «’Avete tutti bisogno di uno scienziato che faccia qualcosa in biologia per eseguire uno studio misurabile e peer-reviewed? Avevano dei prototipi e li stavano testando. Quindi, quando sono arrivata, abbiamo deciso di fare uno studio più rigoroso e controllato. Volevamo vedere se potevamo prevedere quando sarebbe avvenuta la schiusa e quanto avremmo potuto ottenerla. E’ diventato un po’ il mio progetto per passione».
Nei successivi 5 anni, il team ha inserito le uova finte in numerosi nidi gestiti secondo i protocolli del National Park Service. Alla fine, 74 nidi hanno soddisfatto le rigide condizioni pervenire inclusi nello studio. E’ così che i ricercatori hanno scoperto che le loro letture per i primi 40 giorni di incubazione erano praticamente indistinguibili dal rumore di fondo. Dopo, però, le cose si facevano interessanti: «Nell’ultima settimana o due di incubazione, una sottile attività si sarebbe evidenziata più chiaramente. Quindi, ci sarebbe stato spesso un nuovo minimo di attività – la fase di pre-schiusa – prima di un’esplosione. Quando le tartarughe si liberavano dai loro gusci, si arrampicavano oltre il sensore».
I ricercatori sono stati in grado di monitorare accuratamente sia l’inizio che la fine dell’attività di schiusa che, dicono, «Si verifica in ondulazioni per un periodo di circa due giorni». Per circa un altro giorno e mezzo, le tartarughine si sono calmate, mentre aspettavano il momento di uscire dal nido.
La Clabough riassume: «Sappiamo che c’è l’incubazione e sappiamo che si schiudono e si radunano tutte in massa. A volte c’è un rivolo. Ma ciò che è veramente interessante in ciò che abbiamo rilevato è che l’attività di schiusa tende a verificarsi in queste onde; poi si “sistemano” tutte. La nostra interpretazione di questo è che potrebbero esserci delle vibrazioni o dei segnali di movimento per coordinarle».
Ma se la vibrazione aiuta le tartarughe a sapere quando schiudersi, come fanno a sapere quando lasciare la loro tana sabbiosa? La Clabough ricorda che «Ci sono teorie in letteratura secondo le quali aspettano aspettando cambiamenti nella temperatura, quando fa più fresco, che di solito sarebbe una notte».
Ai fini della gestione della conservazione di questi retti marini, i ricercatori evidenziano che «i sensori hanno contribuito in particolare a escludere i nidi sterili, mettendo in guardia contro la predazione e le mareggiate dovute alle tempeste. I volontari hanno anche potuto aspettare 40 giorni dopo la posa di un nido per spostare le torri di comunicazione in posizione, poiché prima di allora non è stato possibile rilevare molto, consentendo ai volontari di fare di più con meno attrezzature». Cosa ancora più importante, lo studio ha dimostrato che «L’erezione della barriera e la posizione delle tartarughe potrebbero essere processi “just-in-time”».
Se la profondità del nido è nota, la tecnologia può prevedere l’emergere delle tartarughine e la Clabough, che ha aiutato a installare i sensori ed ha fatto le vegli e per sorvergliare nidi e schiuse, fa notare che «E’ piuttosto sorprendente perché il protocollo ha una finestra molto più ampia». Attualmente, nel Cape Hatteras National Seashore i volontari lavorano in coppia per un massimo di 8 giorni – circa 5 ore ogni notte – in attesa dei nuovi arrivi. E, a differenza di quanto accade solitamente in Italia, il loro lavoro non è del tutto gratuito: la North Carolina spende circa 2 milioni di dollari all’anno per sostenere la formazione e il dispiegamento di circa 600.000 tartawatchers in tutto lo Stato. Lo studio evidenzia che «Un approccio più mirato alle persone e alle risorse potrebbe far risparmiare denaro».
Come neuroscienziata dello sviluppo del team, la Clabough ha sottolineato che «E’ stato affascinante pensare a come i cuccioli di tartaruga realizzano l’impresa collettiva. Lavorare al progetto è stato anche un modo in cui potevo trascorrere più tempo con la mia prole. Essendo anche una mamma, i miei 4 figli sono stati tutti coinvolti in questo progetto, Erano i più giovani osservatori di nidi di tartaruga che il Park Service avesse mai avuto. Ora hanno 12, 14, 16 e 18 anni. Ma se facciamo un passo indietro di 7 anni, allora erano tutte in età da scuola elementare e media. Un’altra entusiasmante possibilità per il futuro di TurtleSense è l’ecoturismo. Non avevo mai assistito alla loro adorabile corsa verso l’acqua prima di essere coinvolta nel progetto e penso che ad altri piacerebbe poter pianificare le proprie vacanze per includere un avvistamento. E’ una delle cose più magiche che abbia mai visto guardare le tartarughe che spuntano fuori con la testa e si dirigono verso l’oceano. Sento che in qualche modo è un’esperienza trasformativa. All’improvviso capisci perché è importante, perché dobbiamo proteggere. Ti senti grata di aver assistito a tutto questo».
Ovviamente, il potenziale di questa tecnologia non si limita solo a far convivere gli utenti delle spiagge e gli ambientalisti ad Hatteras. Le popolazioni di tartarughe marine stanno diminuendo in tutto il mondo. Le tartarughe marine Caretta caretta, verdi, embricate, Kemp Ridley, liuto e bastarda olivacea sono tutte nell’elenco delle specie minacciate o in via di estinzione. Quando i ricercatori hanno monitorato anche le tartarughe marine verdi su Hatteras e le bastarde olivacea e in Costa Rica, TurtleSense ha registrato modelli simili alle Caretta caretta. La Clabough dice che «Questo suggerisce che la tecnologia funziona indipendentemente dalle specie delle tartarughe marine o dall’ambiente».
I ricercatori sottolineano che «Come sistema automatizzato, TurtleSense può prevedere con precisione gli eventi di schiusa e inviare avvisi a gestori e ricercatori della fauna selvatica». TurtleSense è disponibile come plans e software open source: la configurazione media costa 300 dollari (50 dollari per il sensore e 250 per il trasmettitore) e la Clabough lo propone anche per altre aree del mondo: «Siamo felici di servire come consulenti per chiunque desideri implementare il sistema ovunque si trovi».
Ma c’è un grosso problema: attualmente nessuno produce i sensori, in parte a causa delle regole di acquisto governative e del caos che ha paralizzato per 4 anni il National Park Service dopo che Donald Trump venne eletto presidente: Il National Park Service non ha mai adottato le false uova/sensori per un loro utilizzo diffuso e Wantman fa notare che il progetto iniziale sta diventando obsoleto: «Avrebbe bisogno di una seria riprogettazione. Ma sarei felice di lavorare con qualcuno per dar loro quel che abbiamo».
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