CO2 sopra le 420 parti per milione. Sessanta anni fa erano 100 di meno (dati dell'Osservatorio di Mauna Loa, Hawai, ndr). Il racconto del Prof Stefano Mancuso si conclude con l'invito a pubblicare ogni giorno, se possibile, i dati della crescita inesorabile di questo gas frutto dell' attività umana e principale responsabile del riscaldamento globale che, ci dicono le proiezioni, ci porterà nel 2070 - limitandoci agli effetti in casa nostra - a rendere invivibile per limiti termici il 18% dell'Italia del Sud. (oggi è lo 0,8....), una consapevolezza indispensabile per renderci conto del ritardo da colmare e agire di conseguenza.
Che fare?
Ad una sala gremita da oltre 200 persone, molte giovani, il Prof che dirige a Firenze il Laboratorio di Neurobiologia Vegetale, ha spiegato nel più assoluto silenzio come l'unica strada sia quella di piantare almeno mille miliardi di alberi; lo ha fatto dopo una vera lezione magistrale fatta di numeri e filosofia, nello sforzo di farci capire (e forse c'è riuscito, visto il lungo applauso finale) che le piante - rispetto al primario bisogno della sopravvivenza di specie - sono molto più intelligenti della specie animale dotata del più grande cervello. Infatti noi animali siamo lo 0,3 % della vita sulla terra, le piante l'86% (il resto è rappresentato da funghi e Microrganismi), noi homo sapiens ci siamo da 300mila anni, le piante da alcuni milioni di anni. In sintesi, il nostro sguardo cieco ci fa vedere nelle piante una passività che non esiste, siamo incapaci di leggere la diversità: ad esempio la percezione del mondo di chi non può spostarsi è assai più affinata e l'evoluzione si è rivolta a percepire a distanza i problemi (campi magnetici, agenti patogeni, gradienti chimici); l'animale uomo tende invece istintivamente a spostarsi (potendolo fare) per evitare i problemi, prima che a risolverli. La necessità di un nuovo approccio culturale al resto del mondo vivente è stato il filo rosso dei ragionamenti del Prof Mancuso, un approccio anche nell'interesse della specie umana, che ha bisogno per sopravvivere della biodiversità, invece in drammatica e progressiva scomparsa.
Sulla vicinanza tra la specia vegetale e quella animale, illuminante l'aspetto delle cure parentali nel mondo vegetale: in una foresta buia, un seme che germoglia non può fotosintetizzare per lungo tempo e viene quindi sostenuto dal clan attraverso la rete delle radici per il tempo necessario alla piantina di crescere e raggiungere la luce, questo per un tempo che può raggiungere anche i 20 o 30 anni.
Tornando al che fare, la convinzione che sarà difficile per molto tempo ancora frenare uno sviluppismo senza etica (vedi il continuo ricorso alle fonti fossili invece delle rinnovabili o l'utilizzo di gran parte della superficie agricola per l'alimentazione degli animali di cui ci cibiamo) la strada suggerita dal Prof Mancuso per darci tempo è quella di mettere a dimora mille miliardi di alberi (smettendo anche di tagliarli, ovviamente), perché la vita è interconnessione tra le specie. Ricordando con autoironia di essere accusato da qualcuno di creare ecoansia, il docente fiorentino, spiegando che non si può prescindere dai numeri, ha concluso la sua seguita lezione ricordando come il 2020 sia stato uno spartiacque epocale, il momento nel quale il peso della produzione di materiale sintetico (cemento e plastica in particolare) ha superato quello della vita. Poiché questi processi sono esponenziali non sappiamo con esattezza cosa accadrà, anche se i segnali di un possibile collasso si fanno sempre più forti e invitano a non perdere altro tempo per mettere in pratica alcune azioni suggerite dalle comunità di scienziati di tutto il mondo, a cominciare appunto dalla pacifica rivoluzione delle piante, dai nostri amici alberi. La necessità e l'urgenza sono insomma quella di una vera e propria conversione ecologica piuttosto che di una erroneamente rassicurante transizione dai tempi indefiniti.
CR