Sono due gli alibi tossici che la politica, ma spesso anche semplici cittadini elbani, portano a giustificazione dell'abnorme incremento edilizio. Adesso vedremo come i dati stridano con queste tesi. Se non addirittura le distruggano del tutto.
Il primo riguarda l'incremento demografico. Addirittura talvolta si usa a sproposito l'espressione “emergenza abitativa”, come mi è capitato di sentire quando si parla della recente difficoltà di trovare alloggi ai lavoratori stagionali o al personale sanitario. Problema serio, ma di cui si eludono le vere ragioni. E soprattutto associarlo alla forte espressione sopra detta, dà ancora una volta la misura di un genocidio culturale, in cui le parole sono usate senza alcuna cognizione o attinenza con una reale percezione dei problemi. Una sorta di neolingua orwelliana usata, non dimentichiamolo, dagli stessi che il problema lo hanno creato e lo perpetueranno finché non se ne renderanno conto.
Con questo capitolo vedremo che la storia elbana ha vissuto una sola vera emergenza abitativa. E soprattutto che l'isola ha ormai da circa un secolo un dato demografico stabile. Andiamo con ordine.
La popolazione isolana cresce stabilmente per tutto l'Ottocento: agli inizi del secolo sono stimate 13mila persone, salite a 16mila, nel 1833, e 19mila, nel 1861. Un vero e proprio boom demografico si ha all'inizio del Novecento: nel 1901 sono censiti 23mila abitanti, lievitati dieci anni dopo a 30mila.
In quegli anni l'Elba è in un periodo economico florido e variegato: l'agricoltura e la marineria sono ancora settori forti, le miniere toccano il culmine dell'estrazione, e soprattutto nascono gli altiforni. È infatti Portoferraio che traina il boom demografico, raddoppiando in circa un ventennio la popolazione, da 5mila a 10mila abitanti. E questo crea una vera e propria emergenza abitativa drammatica, l'unica realmente registrata dalla storia elbana, a cui deve essere data soluzione costruendo quartieri operai nella campagna circostante il centro mediceo. Cresce anche la popolazione dei paesi minerari: le miniere infatti arrivano a impiegare in certe fasi ben oltre i duemila operai. I paesi ingrandiscono, ma comunque sempre in maniera contigua al centro storico, e in aree idrogeologicamente il più sicure possibile.
Nel 1921 la popolazione scende a 28mila abitanti. Dopo la prima guerra mondiale infatti l'economia legata al ferro rallenta i ritmi, e molti operai di miniere e altiforni sono licenziati. L'emigrazione, che fino ad allora si era mantenuta su percentuali basse, adesso si fa seria. È da questo momento che il numero degli elbani si stabilizza su una quota che oscilla tra i 27 e i 29mila. Solo nell'immediato dopoguerra il dato cala di qualche centinaio, quando la situazione occupazionale difficile costringe ancora all'emigrazione.
Anche il boom turistico non porta molti benefici alla ripresa demografica. Solo due comuni mostrano un significativo aumento: Portoferraio (che nel periodo 1951-1981, aumenta di 500 unità) e Marciana Marina (in aumento di 200 unità sullo stesso periodo). Tutti inchiodati ai loro numeri Campo nell'Elba, Capoliveri e Porto Azzurro. Ma i due comuni ancora legati all'attività mineraria, che non riescono ad agganciare la locomotiva turistica, soffrono. Quando entra in crisi l'industria estrattiva il rimbalzo demografico si fa sentire: a Rio Marina si passa dai 3533 abitanti del 1951 ai 2317 del 1981; a Rio nell'Elba addirittura c'è quasi un dimezzamento, dai 1601 del 1951 ai 907 di trent'anni dopo.
Sul finire del secolo si assiste a un altro deciso incremento, superando quota 30mila e arrivando agli attuali 32mila abitanti. Ma prima di gridare a un nuovo boom demografico occorre analizzare bene i dati. Da una parte è vero che l'Elba, come un po' tutta Italia, negli ultimi trent'anni ha conosciuto un afflusso immigratorio estero. Ma dall'altra ha conosciuto un fenomeno, altrettanto tipico delle località turistiche: le residenze di comodo. Vediamo entrambi nel dettaglio.
Secondo i dati Istat, nel 2018, la componente estera della popolazione elbana conta poco più di 3mila persone, circa l'8% del totale. L'aumento demografico degli ultimi trent'anni è appunto di circa 3mila unità, da 29 a 32mila. Discorso chiuso, dunque? Calma. Quando si parla di componente estera bisogna scindere due categorie: gli stranieri immigrati per lavoro (est-europei e africani) e quelli proprietari di una casa (perlopiù ovest-europei).
Tra i primi la comunità più grande è quella rumena, circa il 2%; intorno all'un per cento ciascuna ci sono anche la componente albanese, moldava e ucraina; mentre ridottissima è la percentuale di africani. La seconda categoria, circa un quarto del totale, è composta in grandissima misura da tedeschi, seguiti da svizzeri. La differenza è evidentemente notevole: gli stranieri lavoratori sono a tutti gli effetti residenti; ma per gli stranieri residenti proprietari di una casa questo non è un automatismo.
E qui entra in gioco la questione di un numero non trascurabile di residenti di comodo, non solo stranieri (anche se a Capoliveri il loro numero pesa non poco, soprattutto in ottica elettorale comunale, quando si scatena una caccia al voto persino in Germania), ma soprattutto italiani, a causa di politiche molto "comprensive" nel rilascio delle residenze. E il loro numero in alcuni comuni è anche sull'ordine delle tre cifre, drogando in maniera significativa il dato demografico. Vi sembra possibile spiegare in altro modo l'impennata demografica di Capoliveri, passata dai 2435 abitanti del 1991, ai 3763 (65% in più!), in appena vent'anni?
Altro dato che salta agli occhi dalle rilevazioni Istat è la composizione famigliare dei residenti. In parte nei centri urbani, ma ancor di più nelle località, e soprattutto nel comune di Capoliveri (ma tu guarda il caso!) colpisce l'alta percentuale di singoli residenti per casa. Capoliveri è quindi il paradiso dei singles? No, c'è una spiegazione molto più prosaica. La residenza di comodo spesso viene presa solo da un membro della famiglia, mentre gli altri continuano a mantenerla nei reali luoghi di domicilio. E questo consente di beneficiare di sgravi fiscali su quella fatta passare come prima casa, nonché agevolazioni accessorie. La furbizia dei residenti di comodo talvolta è raffinata: una stessa unità abitativa viene divisa in due parti, intestandole rispettivamente ai due coniugi, che risultano quindi singoli possessori di due prime case. Che non solo aumentano le proprie agevolazioni, ma immettono sul mercato turistico parallelo (e quindi spesso in nero) due unità abitative anziché una.
Tuttavia facciamo uno sforzo di fantasia e fingiamo di credere che il numero di residenti sia reale. Negli ultimi trent'anni dunque gli elbani sono aumentati del 9% circa. Secondo un documento dell'ex Comunità montana risulta che le abitazioni nella categoria stabilmente occupate (quindi quelle assimilabili a residenti stabili) sono passate dalle 9.831 del 1981 alle 12.709 del 2001, quasi un 30% in più. A Capoliveri addirittura si registra un 78,5% in più! È evidente che si tratta di un aumento abnorme in rapporto a quello demografico.
Inoltre va sottolineata una cosa altrettanto importante: praticamente tutta la componente straniera lavorativa abita nei centri urbani, rioccupando case abbandonate dagli elbani che si sono trasferiti in campagna, e rivitalizzando paesi che sembravano condannati a un progressivo spopolamento. Non solo quindi non si è mai creata un'esigenza abitativa, ma si è dimostrato come il patrimonio edilizio esistente fosse più che sufficiente ad accogliere il flusso immigratorio. Tanto che le seconde case in eccedenza hanno ingrossato il giro degli affitti estivi (spesso in nero, come vedremo in un altro capitolo).
Da tutti questi dati appare chiaro che è solo un alibi la giustificazione di un'esigenza abitativa. Alibi (come quello che vedremo nel prossimo capitolo) che copre la vera ragione che interessa le politiche edilizie comunali. Ma ci arriveremo. L'effetto è noto: un ulteriore deleterio consumo del suolo. Ma pur sapendolo benissimo i comuni non hanno mai avuto un ripensamento su una cultura edificatoria ormai obsoleta.
Andrea Galassi