Poco si è parlato e si parla di un’importante attività dal punto di vista storico, svolta prima dagli etruschi ed in seguito anche dai romani: l’attività di fusione del minerale di ferro proveniente dalle zone minerarie di Rio Marina e Capoliveri , sulla costa nord- occidentale dell’lsola d’Elba, .
In questa parte dell’isola, dove la terra è di natura sabbiosa, a seguito dello sfaldamento delle rocce granodioritiche, questi materiali ferrosi hanno sempre suscitato una certa curiosità ed in gergo locale sono stati nominati “schiumoli”( schiuma di ferro).
Le località dove questi resti sono stati trovati sono diverse,nell’angolo est della spiaggia di Procchio, dove la spiaggia offre un approdo protetto dalla punta della Guardiola, a Marciana Marina nei pressi della caletta del Cotone, a Sant’Andrea, sopra la spiaggia, vicino al parcheggio pubblico e in quantità minori, anche a Patresi, Chiessi e Pomonte.
In queste ultime tre località, l’attività è stata minore, perché, probabilmente , pur avendo delle belle valli con una ricca vegetazione, non offrivano a quei tempi un approdo sicuro. Mentre a Procchio e Marciana Marina che offrivano un minimo di riparo, sono stati trovati degli accumuli maggiori.
A Sant’Andrea in particolare che offriva un approdo sicuro, in quanto la punta di Capo Sant’Andrea protegge la spiaggia per tre quarti della rosa dei venti, tranne da quelli di nord e nord-est, la quantità degli schiumoli rinvenuti è stata enorme, un’intera collina.
A fronte di tutto ciò, una domanda viene spontanea. Ma perché, prima gli etruschi ed in seguito i romani, decisero di portare nella parte nord-occidentale dell’Isola d’Elba pietre ferrose per fonderle?
Si può immaginare che gli Etruschi che abitavano a Populonia,vicino Piombino, quando si accorsero che le pietre dell’isola vicina erano fusibili con il fuoco e potevano così ottenere un metallo utile per armi utensili, abbiano cominciato a tagliare gli alberi nei pressi delle cave. Ma quando gli alberi di quelle zone avranno cominciato a scarseggiare, non avranno faticato molto ad accorgersi che nella parte occidentale dell’isola la vegetazione era più abbonante.
Evidentemente decisero di trasportare le pietre in questa parte dell’isola. Ma perché questi nostri antenati scelsero di portare qui le pietre ferrose e non la legna dove le scavavano?
Come si sa, da esperimenti fatti in seguito con la riproduzione dei forni che usavano allora gli etruschi, per produrre un chilogrammo di ferro erano necessari circa otto quintali di buona legna, quindi la legna da trasportare era molta. In seguito si saranno anche accorti che su di una barca è più facile e sicuro trasportare pietre anziché legna, soprattutto per una ragione di volume.
Un altro aspetto interessante è che in quel periodo, oltre ad esserci grosse attività di fusione vicino ai punti di approdo, portassero le pietre ferrose anche su per i rilievi dell’isola dove si trovava la legna, spesso si posizionandosi vicino ai torrenti. Forse qui operarono piccole iniziative secondarie. Ancora oggi andando in cerca di funghi, o in busca di castagne, può capitare di trovare degli spazi di alcune decine metri quadrati con cumuli di schiumuli.
Ho notato personalmente per ciò che riguarda Sant’Andrea , che inoltrandosi verso il monte gli schiumuli si trovano: nella zona di “Renaio”, a “Campo ai castagni” vicino al torrentello sotto la provinciale 25, come pure qualche centinaio di metri sopra il ponte della “Scalinata” provinciale 25 “, ma anche lungo il letto dei torrenti, trasportati a valle dalle piene di un tempo.
Con il mio girovagare per l’isola in cerca di rocce dalle forme fantastiche per realizzare il mio libro “Mostri di pietra e leggende dell’isola d’Elba”, ho visto schiumoli persino a metà sentiero che da Marciana conduce al Santuario della Madonna del Monte, esattamente all’incrocio con il sentiero 113, ma restando ancora in quella zona anche lungo il torrente che Dal Santuario della Madonna del Monte porta alla spiaggia della Cala.
Certo che chi passava per mare a quei tempi, soprattutto di notte e vedeva l’isola piena di fumi , fuochi e focherelli, restava stupefatto. I greci la chiamarono per questo, Aethalia, ( la fuligginosa).
Negli anni trenta a Sant’Andrea fu costruito un tratto di binario lungo oltre cento metri che dal grande accumulo degli “schiumoli” portava il materiale ferroso in una grande tramoggia di legno, dalla base della quale partiva un secondo tratto di binario su un piano diverso, che correva lungo il molo ancora esistente.
Il molo aveva un terminale sporgente, supportato da grosse travi fissate sul fondo del mare per facilitare il carico su di una chiatta. Io che allora avevo meno di cinque anni e abitavo una casetta sul mare, ricordo che la chiatta arrivava ogni mattino da Portoferraio, trainata da un rimorchiatore che sputava fumo nero. Ricordo anche l’enorme fracasso che gli schiumoli facevano, quando dai carrelli venivano rovesciati sul fondo dell’imbarcazione di ferro, ancora vuota.
L’attività a terra, impegnava non meno di una diecina di uomini e da anni prima della seconda guerra mondiale ha continuato fin quando lo stabilimento siderurgico di Portoferraio è rimasto in funzione. Una seconda attività di recupero degli schiumoli è avvenuta nei primi anni cinquanta, ma in modo molto più precario, trasportando il materiale ferroso rimasto dopo l’interruzione, negli altiforni di Piombino.
Nello Anselmi
(la foto della ricostruzione di un forno etrusco è tratta da "Scienziato Preoccupato di Federico Valerio)