Si è conclusa a fine ottobre la lunga stagione riproduttiva delle tartarughe marine Caretta caretta in Toscana che quest’anno ha fatto registrare 24 nidi sul litorale della regione, isole comprese. Un vero record di nidificazioni dal 2013, quando il fenomeno fu registrato per la prima volta sulla spiaggia del Puntone a Grosseto.
In attesa della pubblicazione del report della stagione riproduttiva 2023 in Toscana, che conterrà i dettagli nido per nido, anticipiamo qualche dato sul fenomeno della nidificazione delle tartarughe marine sulle spiagge toscane: nei 24 nidi della nostra regione sono state deposte circa 1600 uova e sono nati 700 piccoli, di cui 600 usciti spontaneamente dal nido e 100 durante le fasi di scavo ed ispezione del nido, con un successo riproduttivo medio (percentuale dei piccoli nati sul totale delle uova deposte) compreso tra il 40 e il 50%. Soprattutto nella parte più settentrionale della nostra regione alcuni nidi non hanno avuta nessuna nascita per cause che devono essere investigate.
Il record di nidificazioni in Toscana è in linea con quanto avvenuto anche in Italia, dove nell’ultimo aggiornamento del 6 novembre Tartapedia indicava 454 nidi in dieci regioni: 161 in Sicilia; 126 in Calabria; 54 in Campania; 47 in Puglia; 24 in Toscana; 19 in Sardegna; 18 nel Lazio; 3 in Basilicata; 1 in Abruzzo; 1 in Emilia Romagna.
Sebbene non siano mancati i casi in cui i nidi sono stati individuati solo al momento della nascita delle piccole tartarughe, questa lunga stagione riproduttiva (dal 14 giugno al 29 ottobre) ha impegnato tantissimi volontari nella quotidiana attività di monitoraggio (nelle primissime ore del giorno) delle aree di possibile nidificazione svolta da enti ed associazioni, sopratutto, effettuati da WWF e Legambiente, che operano in rete con il coordinamento dell’Osservatorio Toscano per la Biodiversità della Regione Toscana.
Tutte le attività rientrano nell’ambito di due progetti autorizzati in deroga dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che fanno capo al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa, a cui prende parte ARPAT (per l’area a nord e Arcipelago) e all’Associazione Tartamare (per la parte a sud). Grazie all’impegno instancabile dei volontari è stato possibile monitorare anche le fasi di schiusa dei nidi, solitamente nelle ore notturne, e raccogliere i dati seguendo un approccio scientifico che consenta di valutare lo stato di conservazione di questa specie.
Riguardo alle aree in cui la tartaruga Caretta caretta ha nidificato in Toscana, si conferma quanto registrato anche lo scorso anno: le tartarughe hanno nidificato nella parte più settentrionale della regione per ben 7 volte, sebbene l’Isola d’Elba con ben 8 nidi sia stata la zona più scelta dalle tartarughe.
Probabilmente il comportamento delle tartarughe marine, relativamente alla nidificazione, sta risentendo fortemente dell’innalzamento globale delle temperature, anche a livello dell’intero bacino Mediterraneo.
ARPAT è partner del progetto europeo Life Turtlenest che tra i suoi obiettivi indica appunto lo studio e l’approfondimento del riscaldamento globale per capire se e come l’impatto dei cambiamenti climatici influisca sulla scelta delle femmine di Caretta caretta di nidificare verso zone sempre più a nord.
L’estate 2023 è da ricordare anche per la tartaruga Caretta caretta “Alice” che è stata la prima tartaruga in Toscana ad essere stata marcata con un tag satellitare dopo la nidificazione, avvenuta sulla spiaggia libera della Bucaccia a Vada nella notte tra il 5 e 6 agosto, dal prof. Paolo Luschi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa.
L’applicazione dei tag satellitari viene effettuata nell’ambito del progetto Nat.Ne.T di Regione Toscana e fino ad oggi, precisa il prof. Luschi, era rivolta agli individui riabilitati nei centri di recupero al momento della loro liberazione.
Abbiamo rivolto al prof. Luschi una serie di domande per capire com’è andato il viaggio di Alice per il tempo in cui è stato possibile seguirla nei suoi spostamenti; purtroppo lo strumento ha trasmesso la posizione della tartaruga solo per un periodo breve (dal 6 agosto al 12 settembre).
Quanti km ha percorso la tartaruga Alice, quale traiettoria ha seguito e dove è arrivata?
Sin dalle prime ore dopo l’applicazione della trasmittente, la tartaruga ha esibito un movimento attivo e altamente direzionato e ha continuato così per gran parte del periodo in cui è stata monitorata, spostandosi velocemente verso sud e raggiungendo le acque del Mar Tirreno centrale dopo 38 giorni e 1182 km di navigazione. Anche la semplice osservazione della rotta ricostruita (vedi mappa) evidenzia come abbia seguito una traiettoria diretta verso il suo obiettivo, praticamente senza fermarsi e comunque senza mai trattenersi per qualche tempo in una zona specifica, neanche quando si è trovata vicino alla costa come quando è passata dal Golfo di Baratti.
Possiamo quindi concludere che si è trattato di una vera e propria migrazione post-riproduttiva, compiuta da una femmina che ha terminato il suo ciclo di deposizioni nella stagione riproduttiva e si sta dirigendo nelle aree residenziali di foraggiamento. Solo negli ultimi giorni, quando si trovava in acque oceaniche al largo della costa campana, la tartaruga ha esibito movimenti meno direzionati e con un decorso più circonvoluto, indice del fatto che aveva raggiunto un’area adatta alle sue esigenze e nella quale, presumibilmente, erano disponibili adeguate opportunità di alimentazione.
Quali informazioni possiamo ottenere dalla telemetria sui movimenti di questi animali, sulla biologia e sulla distribuzione delle femmine adulte nelle fasi post o inter riproduttive?
La telemetria satellitare costituisce attualmente l’unico sistema con cui possiamo studiare i movimenti e il comportamento di tartarughe che si muovono libere nel loro ambiente, per cui fornisce informazioni di base sulla loro biologia che sono della massima importanza, soprattutto nel caso di animali che stanno colonizzando nuove aree di nidificazione come le nostre coste. Nello specifico, le localizzazioni ottenute ci hanno permesso di ottenere indicazioni concrete del fatto che le tartarughe che nidificano in Toscana provengono, almeno in parte, dalle zone di foraggiamento del Tirreno centrale, che non sono comunque le uniche disponibili per le tartarughe comuni del Mediterraneo.
Inoltre, è possibile confrontare il comportamento di questa femmina con quello di altre femmine che nidificano sulle coste italiane e che sono seguite via satellite da altri gruppi di ricerca. Ad esempio, i colleghi della Stazione Zoologica di Napoli hanno seguito via satellite due femmine che avevano nidificato in Campania l’estate scorsa e che pure si sono dirette verso le stesse zone pelagiche frequentate dalla tartaruga Alice. Infine, questi dati di localizzazione consentono di determinare con discreta precisione le specifiche zone preferenzialmente utilizzate dagli individui monitorati, che possono quindi essere caratterizzate da un punto di vista oceanografico e biologico, anche se per questo sarebbe servita una maggiore estensione del periodo di rilevamento.
Conoscete i motivi per cui la trasmittente ha smesso di funzionare?
Non sappiamo perché si è verificata questo improvvisa interruzione dei segnali emessi dall’apparecchio, e probabilmente non lo sapremo mai. Lo strumento avrebbe dovuto continuare per 3-4 mesi almeno a trasmettere prima di finire le batterie e nei dati ricevuti non abbiamo rilevato alcun segno di un cattivo funzionamento prima dell’interruzione, che è avvenuta improvvisamente. Potrebbe essersi rotta o essersi staccata dal carapace (eventualità però poco probabile), ma non si può escludere che sia accaduto qualcosa all’animale, magari a seguito dell’interazione con una nave o un peschereccio. Purtroppo, quest’ultima non è la spiegazione più improbabile: si stima che le tartarughe che muoiono a seguito di catture accidentali negli attrezzi di pesca siano dell’ordine delle decine di migliaia ogni anno nel solo Mediterraneo, per cui non è così improbabile che questo sia stato il fato della tartaruga Alice. Speriamo di no, ovviamente, e speriamo di ritrovarla a nidificare sulle nostre spiagge nei prossimi anni.
Le informazioni raccolte attraverso gli studi portati avanti con il suo gruppo di ricerca sono servite per pianificare efficaci misure di conservazione in zone dove le attività di pesca e il traffico marittimo costituiscono le principali minacce per questi animali?
È ancora presto per aspettarsi la messa a punto di interventi di conservazione legati ai risultati di questi studi. Il ruolo dei ricercatori è quello di fornire informazioni di base sulla biologia di questi animali, e nello specifico sui loro movimenti, che siano basate su solide evidenze scientifiche, come quelle ottenute appunto con la telemetria satellitare. In un nostro precedente studio avevamo già segnalato l’importanza di quest’area tirrenica per le tartarughe comuni, basandoci su dati ottenuti da individui soprattutto in stadio giovanile che erano stati seguiti dopo riabilitazione nei centri di recupero. Ora si aggiungono questi dati sulle femmine adulte, che pure sembrano frequentare preferenzialmente questa zona, e magari nel futuro si aggiungeranno altre indicazioni simili, anche ottenute da altri gruppi di ricerca. Queste informazioni potranno allora essere utilizzate dagli organismi preposti per pianificare e implementare misure di conservazione in quelle specifiche zone: si tratta comunque di un compito non facile, vista la notevole estensione delle aree in questione e la loro localizzazione in mare aperto.
Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat)