Dopo l’incontro di fine giugno con il ministro Orlando non nascondemmo la nostra soddisfazione per quello che finalmente era tornato a muoversi anche sul ruolo dei parchi e delle aree protette dopo un fin troppo lungo digiuno.
Si tornava -e non soltanto per i parchi- a discutere non solo di tagli o di impedimenti di legge che avrebbero appunto paralizzato o quasi l’operato dei parchi nazionali ma anche di quelli regionali più stagionati ma ugualmente malmessi. La legge c’entrava poco e c’entravano moltissimo invece le inadempienze e i ritardi politico-istituzionali dello stato ma anche delle regioni e degli enti locali.
Si tornava insomma a discutere del governo del territorio e del ruolo importantissimo che dovevano e debbono giocare i parchi e le altre aree protette nelle politiche territoriali locali, regionali e nazionali o oggi sempre di più anche comunitarie. Questioni che nel testo approvato dal senato erano state accuratamente eluse specialmente per quanto riguarda proprio le aree protette marine e le competenze regionali passate al tritacarne. Che questo sia il contesto effettivo e non quello caricaturale delineato fin dai tempi della Prestigiacomo risulterà chiarissimo dalla Relazione appena conclusa dal nostro Gruppo e che sarà consegnata e discussa anche con il ministro. Ma il nostro pur cauto ottimismo è durato poco vista la decisione del senato di ripartire e con urgenza con il dibattito su quel testo che era stato frettolosamente approvato senza una effettiva consultazione delle regioni e degli enti locali che fino a prova contraria sono i titolari costituzionali della gestione dei parchi e delle aree protette di qualsiasi livello e dimensione.
E come se questo non bastasse persino il Pd dopo gli svarioni del recente passato si è preso la briga di presentare una sua proposta di legge ricalcata pari pari su quella vecchia di D’Alì. E ancora più strano e contraddittorio è che a maggio gli onorevoli Valiante e Realacci hanno presentato una proposta di legge per riaffidare opportunamente e correttamente ai piani dei parchi la competenza sul paesaggio sottratta dal codice dei beni culturali di cui invece non c’è traccia nei testi del senato.
Si è detto per rassicurare chi non è convinto della necessità e ancora meno dell’urgenza di questo ingiustificato e ingiustificabile percorso che qualcuno trova persino l’ultima chiamata per una svolta ‘epocale’ che questo binario non deve incrociare quello ministeriale che approderà a metà dicembre in un appuntamento nazionale a Roma. Così eviteremo conflitti e controversie già in atto e non soltanto tra le associazioni ambientaliste.
Ma è possibile, ragionevolmente attendibile tenere separati i due binari?
Che senso ha una discussione sulle modifiche e non di poco conto della legge 394 a cui nottetempo fu già sottratta appunto la competenza sul paesaggio che prescinda finalmente da una discussione vera –senza trucchi e senza inganni-sul quello che devono fare realmente i parchi senza affibbiargli ruoli che non gli competono?
Per quanto ci riguarda faremo quel che ci siamo impegnati a fare e non solo con il ministro. Sarebbe bene che anche chi ha responsabilità istituzionali mettesse meglio a registro i suoi impegni per evitare ulteriori danni e confusione.
Renzo Moschini- Gruppo di San Rossore