“Salviamo il Giove” - la cronaca della passeggiata di Legambiente Arcipelago Toscano
E’ stata molto partecipata la passeggiata “Salviamo il Giove” organizzata da Legambiente e Terre di Rio in collaborazione con Italia Nostra e CAI del 14 aprile.
Sfidando un caldo già estivo, il folto gruppo di trekkers e curiosi – presenti anche l’assessore di Rio Mattia Guerrini e la vicesindaca di Marciana e componente del direttivo del Parco Nazionale Susanna Berti - si è inoltrato nel centro storico di Rio Elba per poi raggiungere il cimitero fortezza di Rio e percorrere la strada della Parata, con una sosta alle rovine della chiesa romanica di San Quirico ormai ricoperte dalla vegetazione.
Il cammino è continuato fino al bivio per la Torre del Giove e ha percorso la breve salita finalmente all’ombre. Giunti alle ancora imponenti rovine, i camminatori lenti hanno potuto ammirare la bellezza di un luogo misterioso che rischia di cedere sotto il peso del tempo e dell’abbandono e all’ambra di quella storia e del lecceto che la circonda e la nasconde, i trekkers si sono rifocillati e hanno parlato di passato e futuro e del Giove come fulcro centrale per raccontare la bellezza di luoghi dove è iniziata la più antica storia dell’avventura umana all’Isola d’Elba, un percorso che dalla preistoria va alle miniere e ai giorni nostri, un “braccio” culturale e naturale unico della Grande Traversata Elbana della quale si parlerà anche al terzo worshop sulla GTE Organizzato da Legambiente e Parco Nazionale il 18 aprile alle ore 10,00 al B&B Capo Pero.
Dopo lo spuntino e il confronto, c’è stata una specie di liberi tutti per il ritorno, un gruppo ha scelto di ritornare a Rio Elba lungo la Parata, un altro da Santa Caterina e un altro ancora dall’Aia di Cacio, un ritorno “anarchico” che ha però nuovamente dimostrato la grande potenzialità dellle terre di Rio per lo svciluppo del nuovo turismo lento e outdoor che può essere uno dei principali tasselli dello sviluppo e della rinascita del riese.
La passeggiata si è conclusa con l’impegno a definire ne prossimi giorni un documento congiunto di Legambiente, Terre di Rio, Italia Nostra e CAI per salvare il Giove e valorizzare e far conoscere tutta l’enorme storia e bellezza alle quali fa ancora la guardia.
Italia Nostra: intervenire per fermare lo stato di gravissimo degrado in cui versa il manufatto
In particolare l'intento è stato quello di porre all'attenzione di Soprintendenza, Comune di Rio, Parco Nazionale Arcipelago Toscano - ossia gli enti chiamati ad intervenire - lo stato di gravissimo degrado in cui versa ormai questo manufatto, un tempo splendido esempio di architettura militare bastionata tardomedievale tra i più significativi in Italia.
Voluto da Jacopo Appiani III Appiano, signore del Principato di Piombino e terre limitrofe, tra cui l'Elba, terminato nel 1459, era costituito da una poderosa torre a tre piani con terrazza merlata scoperta, dove avverniva l'accensione dei fuochi di segnalazione, e da mura circondate da un fossato secco dotato di ponte levatoio.
L'ingresso a sud era sormontato da un bellissimo stemma appianeo, poi caduto nel fossato e trafugato intorno al 1967. La funzione del "castello" come veniva chiamato dagli abitanti della terra di Rio, era triplice: controllo dei traffici marittimi nel Canale di Piombino e avvistamento del temuto naviglio turco barbaresco in avvicinamento, rifugio per i terrorizzati abitanti di Rio e Grassera durante le incursioni, controllo delle preziose miniere di ferro sottostanti.
La visuale dalla sommità del Torrione doveva essere fantastica, inglobando tutto l'orizzonte marino punteggiato dagli isolotti di Palmaiola e Cerboli fino a Populonia, l'Argentario e il Giglio; e specularmente la fortezza è sempre stata, da quasi sei secoli, il referente visivo e affettivo di chi viveva - e vive - nel versante orientale.
Ai camminatori, che hanno percorso quasi Km. 2.5 dal cuore del paese di Rio alla base del Monte Giove e hanno poi affrontato la salita verso le rovine, per fortuna ombreggiata dalla macchia mediterranea, quello che è apparso allo sguardo è stato, pur nella sua imponenza e senso di mistero, l'unico muro rimasto e orientato a meridione, di tutta la costruzione: lo infiltra e forse lo tiene ancora in piedi un robusto albero d'edera, la cui eliminazione potrebbe comprometterne la precaria stabilità. L'impressione di tutti - ed eravamo alla fine un centinaio - è stata la consapevolezza che, in mancanza di interventi, entro un breve lasso di tempo, anche lui crollerà miseramente. La richiesta accorata a chi può e deve, è dunque quella di intervenire immediatamente per mettere in sicurezza almeno quest'ultimo muro, ultima sentinella rimasta di un passato glorioso e drammatico.
L’iniziativa si associa ad un programma intensivo di sensibilizzazione che le suddette associazioni si stanno impegnando a portare avanti di concerto anche su altri manufatti del versante orientale che necessitano di uguale attenzione.