E’ arrivato un momento molto delicato per l’ecosistema marino dell’Isola del Giglio, proprio mentre le operazioni di raddrizzamento della Costa Concordia si stanno completando. Dopo aver scongiurato il pericolo più grave di tutti, lo sversamento del carburante e delle acque grigie e nere (aspirati via mesi fa), in queste ore si vedrà finalmente quanti inquinanti finiranno in mare e come saranno neutralizzati. Quello del carburante era il pericolo peggiore, anche per via delle possibili correnti che avrebbero portato quel carico mortifero o verso l’Isola d’Elba o, forse ancora peggio, lo avrebbero ridistribuito sulle coste del Giglio stesso. Ma cosa ne sarà di tutti gli altri possibili inquinanti? L’inventario, reso pubblico dalla stessa Costa, comprendeva quasi tutta la tavola degli elementi del sistema periodico, in quantità sufficienti a una cittadina galleggiante. Tra solventi, vernici, colle, detergenti, lubrificanti, saponi e detersivi ce ne era abbastanza da inquinare una regione intera: per esempio 600 kg di grasso per motori, 350 kg di smalti, 300 litri di pittura e praticamente tutti composti del cloro. Molti elementi tossici sono poi contenuti nei rivestimenti o come collanti nel mobilio della nave. Poi ci sono gli elementi organici, presumibilmente putrefatti: cibo e salse di varia natura per 5000 persone per una settimana (10000 uova e 4500 litri di latte, per dirne una). Una gran parte è probabilmente intatta, conservata in contenitori di metallo, vetro o plastica, che possono resistere decenni, se non sono danneggiati. Ma non conosciamo bene le condizioni di conservazione, anche se il monitoraggio continuo effettuato dall’Agenzia regionale sembra escludere rilasci di inquinanti significativi. Tutto questo insieme confluirà nelle cosiddette acque interne, che verranno comunque confinate e rimosse anche in questa fase .
E’ probabile che tutto andrà per il meglio, viste le competenze in campo e il monitoraggio continuo, ma cosa altro resta dopo la rotazione? L’impatto meccanico della nave contro il fondale e la piattaforma di cemento e acciaio saldata sulle rocce del gradino sottomarino naturale su cui è poggiata hanno procurato una profonda ferita alla flora e alla fauna del posto. Danni, però, recuperabili, proprio perché principalmente non chimici, è solo questione di tempo e di qualche investimento. Un certa soluzione di composti inquinanti c’è senz’altro stata, ma è stata modesta e senza conseguenze rilevanti. L’isola del Giglio non è stata dimenticata dai turisti e riprenderà presto i suoi ritmi tranquilli, anche se non potrà e non dovrà dimenticare. E forse, oggi, quegli stessi abitanti che l’avevano rifiutata anni fa, saranno diventati favorevoli ad un’area marina protetta che impedisca comunque l’arrivo di transatlantici così vicini alla costa (tenendo lontano, nello stesso tempo, le reti da pesca industriali e magari le moto d’acqua).
Ma quello che resta veramente è l’impressione che, in Italia, la lezione non sia stata compresa: le navi da crociera sono sempre più imponenti e incrociano anche dove non dovrebbero, come nel centro di Venezia, dove un incidente di qualsiasi natura ucciderebbe la laguna e bloccherebe la città. Dopo mesi di promesse e aspettativa di leggi, le resistenze di chi ci guadagna sopra (39.000 euro a “toccata”) sono ancora prevalenti sull’interesse generale. E ancora le grandi navi sfiorano le piccole isole, non recando peraltro alcun vantaggio ai cittadini. Probabilmente il Mediterraneo andrebbe vissuto diversamente e che la tragedia della Costa Concordia non sia servita da monito è forse il problema più grave.
Mario Tozzi