Ovviamente no. Ma se il titolo fosse stato: “Le piante reagiscono a sollecitazioni sonore ?” allora la risposta sarebbe stata ‘si’.
L’orecchio è infatti un organo evoluto negli animali per ricevere e trasformare un segnale acustico in un segnale elettrico inviato al cervello per la conseguente elaborazione. Negli umani funziona da frequenze molto basse, intorno ai 20 Hertz, fino a 20000 Hertz (20 kHz, la soglia superiore di udibilità). Altre specie viventi hanno spettri di ricezione diversi e talvolta più ampi. In ogni caso la pressione sonora percepita viene trasferita al così detto “orecchio medio” e da qui all’ “orecchio interno”, un’affascinante struttura che contiene quanto necessario per trasdurre le vibrazioni meccaniche in segnali elettrici inviati al cervello attraverso un nervo detto ‘vestibo-cocleare’.
Sebbene dunque le piante siano prive di orecchie, l’eventuale loro sensibilità ai suoni ha suscitato un certo interesse scientifico e industriale: scientifico, per comprendere i meccanismi legati alla ricezione di onde acustiche; industriale, per trarne eventuale beneficio in termini di produttivitá.
Lungo questo cammino la prima importante evidenza messa in luce fu che la zona di scambio fra interno ed esterno della pianta, cioè la zona dove avvengono le interazioni che possono fornire energia e nutrienti alla pianta è costituita dagli Stómata, che è il plurale di “Stoma”, un termine che è diretta traduzione del greco στόμα, ovvero "bocca". Lo Stoma (Figura 1) è quindi una sorta di poro che si trova nell’epidermide delle foglie, solitamente sotto di esse, che controlla la dinamica di scambio gassoso e liquido tra gli spazi interni della foglia e l’atmosfera esterna.
Figura 1. Immagine al microscopio ottico convenzionale di uno Stoma presente su una foglia di Tradescantia spathacea. La parte quasi-ellittica più interna e più scura è l’apertura dalla quale avvengono gli scambi gassosi/liquidi dall’esterno all’interno della foglia e viceversa.
È stato evidenziato che un’opportuna sollecitazione acustica può interagire con l’apertura e la chiusura degli Stomata, ma prima di addentrarci in questo argomento vediamo come naturalmente si comportano questi pori.
Gli Stomata sono preposti al “respiro” delle piante e attraverso di essi transita l’anidride carbonica (CO2) prelevata dall’atmosfera che innesca la straordinaria Fotosintesi Clorofilliana, la reazione che utilizza la luce come energia per creare nutrienti per la pianta, facendo infine fuoriuscire dai medesimi Stomata l’ossigeno che costituisce un prodotto della reazione stessa:
Si osserva che l’acqua è sia un reagente nella parte di reazione a sinistra, che utilizza la luce, sia un prodotto nella parte destra, quella indipendente dalla luminositá. L’energia luminosa è in un certo senso “il carburante” della fotosintesi, mentre il termine CH2O è un carboidrato, ovvero il “cibo” sintetizzato dalla pianta. Sono prodotti collaterali di reazione l’acqua e l’ossigeno molecolare, che appunto transitano in uscita dagli Stomata. La pianta pertanto deve bilanciare saggiamente l’afflusso di CO2 con la perdita di vapore acqueo controllando per quanto tempo gli Stomata devono rimanere aperti.
Come faccia la foglia ad aprire e chiudere gli Stomata è rimasto un mistero fino a pochi anni fa, quando un gruppo di ricerca della School of Biological Sciences all’Università di San Diego (CA) ha finalmente fatto luce (1) sui loro meccanismi di azione: due particolari enzimi (chinasi) sono responsabili della “motilità” degli Stomata, espressi da due cellule poste ai lati del poro che sono chiamate guard cells, le quali agiscono come fossero due alfieri al portone di un castello Medioevale. I ricercatori hanno dimostrato che tali enzimi fungono, insieme ad altre proteine, da sensori di CO2 in grado di allertare le guard cells affinché rilassino la membrana cellulare e “chiudano il portone”.
Conoscere il meccanismo di rilevazione dell’anidride carbonica nella pianta è considerato di formidabile importanza per combattere potenzialmente alcuni degli effetti nefasti dei cambiamenti climatici in atto oggigiorno. Ad esempio se la concentrazione di CO2 atmosferica risulta eccessivamente elevata per la pianta, i pori si chiudono e anche quando la concentrazione di anidride carbonica all’interno della foglia aumenta, gli Stomata si chiudono rapidamente. Viceversa, in risposta a una bassa percentuale di CO2, si aprono e permettono lo scambio di acqua ed altri nutrienti. La risposta degli Stomata alla CO2 è pertanto critica per il benessere della pianta e regola un uso efficiente dell’acqua (2, 3).
Un’analisi altrettanto precisa che descriva l’azionamento degli Stomata mediante onde acustiche non è mai stata effettuata, pertanto ad oggi non si conoscono altrettanto approfonditamente i relativi meccanismi biochimici.
Tuttavia sono stati effettuati due tipi di studi molto interessanti:
1. si è provato sul campo a misurare l’effetto di apertura e chiusura degli Stomata indirizzando onde sonore su piante campione (4);
2. si è verificato che le onde acustiche sono anche in grado di indurre una più vasta espressione dei geni coinvolti nella fotosintesi clorofilliana (5).
Il primo tipo di studi si pone un obiettivo molto pratico: verificare se e in quale misura i segnali sonori hanno un effetto benefico di crescita su alcuni tipi di piante. Il secondo tipo di esperimenti tenta invece di dimostrare che, indipendentemente dal fatto che i suoni riescano o meno ad indurre l’apertura e la chiusura degli Stomata, la pianta ha comunque un altro tipo di vantaggio quando investita da onde sonore poiché queste aiutano l’espressione genica in modo sostanziale.
Esiste poi un terzo approccio (6), meno scientifico e più commerciale, detto Sonic Bloom. Si tratta di una tecnica che accoppia l’invio di onde sonore di frequenze ben precise e una concimazione fogliare. La tecnica si basa sull’assunto secondo cui quei suoni scatenerebbero l’apertura eccezionale degli Stomata e predisporrebbero quindi la pianta ad una ben maggiore fruizione del concime fogliare, che le viene somministrato proprio quando i pori sono aperti. Rare sono le pubblicazioni scientifiche a corredo di questo approccio, soprattutto seguito in Asia per le piantagioni di soia e fragole. Ma nessun lavoro scientifico ha dimostrato i meccanismi in base a cui l’apertura degli Stomata avverrebbe e sarebbe legata a quelle particolari frequenze di segnale.
In merito al primo studio, l’articolo scientifico (4) raccoglie un cospicuo numero di “case-studies” con relativi riferimenti bibliografici, come riassunto nella figura 2:
Figura 2. Tabella riassuntiva di esperimenti acustici su piante di varia specie, con l’indicazione delle frequenze di segnale utilizzate e del tempo di somministrazione delle onde acustiche.
Su una cosa tutti questi studi concordano: la regolazione dell’apertura degli Stomata mediante suono deve essere finemente calibrata per evitare eccessi rispetto al naturale evolversi delle cose. Infatti, come è facile pensare, un afflusso eccessivo di CO2 dovuto al prolungamento del tempo di apertura degli Stomata se da un lato induce una più lunga fotosintesi clorofilliana apportando maggior nutrimento alla pianta, dall’altro permette anche una più intensa fuoriuscita di acqua dalla stessa con il rischio (verificato in alcuni casi) di deidratazione e morte. In altre parole, pare possibile migliorare il nutrimento e la crescita della pianta mediante suoni esterni, ma con moderazione senza allontanarsi troppo dal naturale ciclo di apertura e chiusura degli Stomata.
Il secondo tipo di studi di cui al riferimento (5) ha permesso di verificare un beneficio del suono per le piante totalmente disaccoppiato dall’attività degli Stomata: l’espressione di geni che ne aiutano la crescita e la funzionalitá.
Per questo è stata utilizzata una tecnica di laboratorio molto sofisticata detta PCR (Polymerase Chain Reaction), un ingegnoso metodo che valse il premio Nobel al suo inventore Kary Mullis nel 1993 grazie a cui si riescono a produrre in tempi brevissimi milioni o miliardi di copie di frammenti di DNA, permettendo così comode analisi di laboratorio grazie appunto all’amplificazione del segnale disponibile.
Mediante la PCR è stata controllata l’espressione di una ventina di geni distinti, utilizzando piante posizionate in particolari camere acustiche isolate dall’esterno. Ad un certo numero di piante veniva somministrato un segnale acustico di varia durata e frequenza, mentre ad altre, sempre posizionate in analoghe camere anecoiche, non veniva somministrato (queste ultime fungono da “controllo”, come si dice in gergo, ovvero da riferimento per una misura differenziale rispetto alle piante target).
La figura 3 mostra un tipico risultato di questa interessante sperimentazione, in cui un’onda sonora di frequenza 500 Hz è stata applicata per tempi diversi: 10 min, 30 min, 1 ora, 2 ore.
Figura 3. Espressione genica in piante con (grigio) e senza (nero) suono per tempi diversi indicati in ascissa. L’esperimento evidenzia un andamento “a campana” in cui la somministrazione ottimale per una migliore espressione genica risulta essere fra i 30 minuti e 1 ora.
Infine, in merito all’esperienza commerciale del Sonic Bloom, il suo ideatore Dan Carlson, un ricercatore dell’Università del Minnesota, dichiarò che “certe frequenze sonore aiutano le piante a respirare meglio e ad assorbire più nutrienti” e che “il canto degli uccelli con frequenze comprese fra 3 e 5 kHz apre Stomata molto grandi”.
Purtroppo non esistono pubblicazioni scientifiche a corredo di quelle che, ad oggi, rimangono solo delle affermazioni personali non dimostrate. Sono numerose, tuttavia, le implementazioni pratiche di questa tecnologia che prevede la somministrazione di fertilizzanti fogliari sincrona all’apertura degli Stomata indotta dal suono, come ad esempio visibile in figura 4:
Figura 4. Implementazione del Sonic Bloom in una serra per la coltivazione di fragole (Fragaria ananassa) a Beijing, China. Le strutture biancastre sono generatori di frequenze acustiche.
La seconda frase di Dan Carlson, in particolare, evoca scenari da fiaba: gli uccellini che col loro canto quando ancora non è sorto il sole inducono le piante loro amiche a svilupparsi prima e meglio, per donar loro abbondante cibo.
Lasciano sconcertati la serenità e la sicurezza con cui fantomatici divulgatori sui Social proclamano che questo “certamente è” ciò che avviene in realtà: essi cercano e guadagnano consensi cavalcando un’interpretazione tra l’olistico e il poetico del legame fra animali e vegetali, possibile si, ma ben lungi dall’essere dimostrata.
Anche agli scienziati piace la poesia e molti si augurano fortemente che le dichiarazioni di Dan Carlson corrispondano al vero, ma finché non surrogate da comprovate evidenze scientifiche, il fatto che il canto degli uccelli induca l’apertura degli Stomata o l’espressione genica nelle piante ad oggi rimane solo una bella e folcloristica possibilitá.
Marco Sartore
(1) “Stomatal CO2/bicarbonate sensor consists of two interacting protein kinases, Raf-like HT1 and non-kinase-activity requiring MPK12/MPK4”, Science Advances, Vol 8, Issue 49 (2022), DOI: 10.1126/sciadv.abq616
(2) “The role of stomata in sensing and driving environmental change”, Nature 424, 901–908 (2003).
(3) “New approaches to the biology of stomatal guard cells”, Plant Cell Physiol. 55, 241–250 (2014).
(4) “Beyond Chemical Triggers: Evidence for Sound-Evoked Physiological Reactions in Plants”, Frontiers in Plant Science, 9:25, (2018). DOI: 10.3389/fpls.2018.00025
(5) “Expression Analysis of Sound Vibration-Regulated Genes by Touch Treatment in Arabidopsis”, Frontiers in Plant Science, 8:100, (2017). DOI: 10.3389/fpls.2017.00100
(6) “Effect of sonic bloom frequency on the growth of red amaranth (Alternanthera amoena Voss)”, IOP Conf. Series: Earth and Environmental Science, 524 (2020) 012020. DOI:10.1088/1755-1315/524/1/012020