A fine luglio, il Dipartimento di studi umanistici (DSU) dell’Università Ca’ Foscari Venezia ha portato a termine una nuova breve campagna di indagini su relitti di età romana affondati negli alti fondali del Mar Tirreno. Il progetto è condotto da Carlo Beltrame ed Elisa Costa della Ca’ Foscari, in collaborazione con Fondazione Azionemare, Guido Gay, e sotto la sorveglianza della Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Subacqueo e di Lorella Alderighi della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno e quest’anno le tecnologie avanzate della Fondazione e le competenze scientifiche del DSU hanno permesso di documentare e studiare ben tre relitti profondi di età antica, individuati in precedenza da Azionemare.
Alla Ca’ Foscari spiegano che «I ROV abissali Multi Pluto e Pluto Palla (sorta di veicoli filoguidati dotati di telecamera e braccio per recuperi), movimentati dal catamarano Daedalus, hanno consentito di esplorare il relitto Dae 27, un carico di tegole e coppi e anfore posto di profondità di 600 m. nelle acque prospicienti le isole dell'Elba e Pianosa, recuperando dei campioni di materiale trasportato; in particolare sono stati portati alla luce dalle profondità una tegola, un coppo, un’anfora Dressel 1 e una brocca monoansata. Questo materiale, che verrà presto studiato dalla prof.ssa Gloria Olcese, dell’Università Statale di Milano, e dalla dottoranda Caterina Tomizza, permette una prima datazione del naufragio tra 2° e 1° secolo a.C.»
Sono iniziate due nuove indagini sui relitti Dae 7 e Dae 39, entrambi nelle acque profonde tra l’isola di Gorgona e Capo Corso. Il primo è un interessante carico di centinaia di anfore greco-italiche datate al 4° e 3° secolo a.C. che giace a oltre 400 metri di profondità e dal quale è stata recuperata un’anfora.
I ricercatori evidenziano che «Purtroppo rispetto ai primi video realizzati da Azionemare nel 2010, al momento della scoperta, il sito giace ora in condizioni peggiori, con un alto numero di anfore frammentate; il dato non sorprende considerando che le batimetrie fino a circa 400 metri sono molto più soggette alla pesca a strascico. Il secondo contesto invece, trovandosi molto al largo e a quasi 600 metri di profondità, è stato intaccato solo marginalmente dalle reti e risulta ben conservato. Il carico è composto da centinaia di anfore Dressel 1B, databili al 1° secolo a.C., una delle quali è stata recuperata in questa campagna assieme ad una brocca monoansata. Tutti i reperti sono oggetto di deposito temporaneo per studio. Sui relitti è stato realizzato un rilievo digitale attraverso la tecnica fotogrammetrica che permette di ottenere un modello tridimensionale scalato e misurabile del carico, peraltro molto realistico, utile allo studio, in laboratorio, del volume e della portata di queste imbarcazioni».
Alla Ca’ Foscari concludono: «La collaborazione tra istituzioni impegnate nel campo di beni culturali sommersi e una Fondazione specializzata nel settore della ricerca in acque profonde sta dimostrando come, unendo le forze, sia possibile, da un lato, fare ricerca per conoscere meglio vari aspetti della circolazione dei beni e della navigazione attraverso il Tirreno in età romana, dall’altro, fare tutela monitorando un patrimonio archeologico raggiungibile solo attraverso tecnologie avanzate».
da greenreport.it