Il primo ottobre scorso sono scaduti ieri i termini per la presentazione delle offerte al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) per concorrere all’aggiudicazione del servizio pubblico di antinquinamento marino e di contenimento del “marine litter”: quest’ultimo si concretizza, nei fatti, in un modesto intervento nella raccolta di plastiche dalla superficie del mare e in prossimità degli estuari dei maggior fiumi italiani. Per ragioni di storicità, aggiungiamo che la raccolta del “marine litter” venne introdotta nell’ultimo bando di gara, a titolo di sperimentazione, quattro anni or sono, dall’allora ministro e generale Sergio Costa, che aveva ingaggiato una condivisibile ed avveniristica battaglia contro le plastiche in genere.
Ricordiamo che l’attività antinquinamento è stata svolta senza soluzione di continuità dal consorzio Castalia, che raggruppa una trentina di imprese armatoriali italiane.
Anche quest’ultimo bando di gara, ripercorrendo pedissequamente i tracciati dei precedenti bandi, intende affidare, tramite un contratto della durata biennale – più eventuale proroga della stessa durata (tale proroga peraltro, è stata sempre concessa) –, corrispondendo 43,4 milioni di euro. L’attività antinquinamento, nelle previsioni stesse del bando, tra l’altro, dovrà attuarsi con almeno 30 mezzi specializzati in via esclusiva, a cui in caso di necessità – ovvero di episodi più gravi di sversamento di idrocarburi – dovranno aggiungersi due unità in classe “recovery oil” con stoccaggio minimo non inferiore a 800 metri cubi.
Il bando di gara è andato deserto perché l’unica partecipante ha deciso, per ragioni che non sono state rese note, di non dover partecipare.
Senza entrare nel merito delle decisioni di Castalia, trattandosi di un servizio pubblico di rilevante interesse nazionale, riteniamo utile oltre che assai opportuno, affacciare qualche considerazione dettata dal principale interesse della salvaguardia del mare e delle coste italiane.
Sic stantibus rebus, dal 1 gennaio 2025, il sistema marittimo italiano non avrà più nessuno scudo di protezione in caso di inquinamento da idrocarburi in mare?
Sotto il profilo contrattualistico Castalia cessa la sua attività in quella data e fino a quando non sarà pubblicato il nuovo bando e proceduto all’aggiudicazione dello stesso, l’attività antinquinamento in mare, che riassumiamo col termine anglosassone di “marine pollution”, non potrà essere effettuata con i mezzi della citata società consortile.
A questo punto, in attesa della pubblicazione del nuovo bando di gara e della relativa aggiudicazione, si potrebbe ricorrere alla procedura del cosiddetto “riconoscimento di debito” che consentirebbe l’intervento immediato e mirato da parte delle unità specializzate dei concessionari del servizio antinquinamento, che esercitano la loro attività nell’ambito dei porti italiani, con regolare concessione rilasciata dalle Autorità di sistema portuale ovvero delle Autorità marittime. Le spese sostenute per portare a compimento l’intervento richiesto dal Ministero verrebbero poi riconosciuti con una procedura particolare al concessionario del servizio incaricato dell’intervento.
Nel mentre questo accade, come sistema Paese peninsulare ed interamente circondato dal mare, potremmo riflettere su come modernizzare, migliorandolo, il servizio antinquinamento stesso che, essendo figlio del tempo (la legge dal quale nasce risale al 1982) necessità di profonde modifiche e non solo nella progettazione dei mezzi navali da impiegare ma, direi soprattutto, per ciò che concerne scopi ed obiettivi nel breve e medio periodo.
Ritengo opportuno, senza che possano essere scambiate per forzature, partire da queste considerazioni: i casi di inquinamento marino da idrocarburi nell’ambito del mare territoriale italiano sono stati veramente pochi – tanto da potersi contarsi con le dita di una mano sola – e hanno fatto registrare sversamenti di idrocarburi assai modesti; non sfuggirà ai più il fatto che le modalità di pattugliamento, previste nei precedenti bandi, da effettuarsi in prossimità di piattaforme estrattive di olio e gas, appaiono facilmente superabili dai sistemi di telerilevamento oggi esistenti, anche a costi abbordabili, sul mercato. Anche la propulsione delle unità navali, adibite a compiti di salvaguardia ambientale così delicate, a nostro avviso, andrebbe riveduta e resa aderente all’evoluzione già in essere nel campo della propulsione navale per renderle compatibile con la transizione energetica già in essere sia in Europa che nel resto del mondo evoluto.
Non trascurabile, infine, l’incremento del contrasto al marine litter, che sta assumendo dimensioni sempre più drammatiche in tutti i mari ed oceani del mondo.
L’occasione, dunque, della mancata partecipazione al bando di gara del Mase, potrebbe rappresentare un momento di riflessione e consentire agli organi ministeriali decisori di aprire un serio tavolo di confronto e riflessione che, tenendo conto delle innovazioni tecnologiche intervenute, possa migliorare il servizio antinquinamento nei mari e per i mari italiani.
Aurelio Caligiore, Ammiraglio Ispettore del Corpo della Guardia Costiera
da greenreport.it