Riceviamo e pubblichiamo
Risolto il caso della carcassa di bestia marina rinvenuta priva di vita il 23 Ottobre 2024 sulla spiaggia di Cala Seregola in Rio nell’Elba: trattasi di resti in avanzato stato di decomposizione, e pertanto difficilmente riconoscibili, di “stenella”, nome dato alle varie specie di mammiferi cetacei della famiglia dei delfinidi appartenenti al genere omonimo che vivono gregarii in gruppi numerosi nelle acque calde di tutto il mondo; hanno una lunghezza compresa tra 1,2 e 3 metri, una colorazione più o meno grigiastra, si nutrono di pesci azzurri e di molluschi, e capita sovente di scorgerli impegnati a compiere graziose piroette nelle acque del nostro mare.
L'esemplare marino potrebbe essere stato traviato e sbattuto a riva (non si sa se già morta nel momento dello spiaggiamento o ancora viva) dalla violenta mareggiata che si è abbattuta sulle coste dell’isola a seguito dell’evento temporalesco che a più riprese ha interessato l’Elba tra il 15 e il 19 di Ottobre in conseguenza delle forti perturbazioni caratterizzate da copiose piogge e impetuosi venti che hanno sferzato l’isola negli scorsi giorni.
A gettare luce sull’enigma l’intervento di Legambiente Arcipelago Toscano che, esaminata la documentazione, dopo essersi confrontata con gli studiosi dell’Università di Siena ha dichiarato: «Non si tratta dei resti di un raro zifio bensì di quelli molto degradati di una più comune stenella». (Lo zifio, dal latino scientifico ziphius a propria volta dal greco ξίϕιος / ξιϕίας = “pesce spada”, è un genere di cetacei odontoceti della famiglia zifidi, con una unica specie, lo ziphius cavirostris, diffusa nelle acque temperate e tropicali di tutti gli oceani e caratterizzata dalle forme snelle del corpo che non oltrepassa la lunghezza di 9 metri.)
Conferma la tesi la dottoressa Valeria Paoletti Presidente dell’associazione Elbamare: «si tratta semplicemente di un cetaceo spiaggiatosi già un mese fa e si tratta dei resti di una stenella striata (“Stenella coeruleoalba”), cioè un delfino che vive comunemente nelle nostre acque e che spesso lo si può incontrare in navigazione.
Nel caso in questione poi volontari della nostra associazione, come in tanti altri casi di spiaggiamenti all’Elba, su segnalazione della Polizia Municipale e della Capitaneria di Porto di Rio sono prontamente intervenuti il 5 ottobre scorso per le verifiche del caso. In stretto contatto con la Dottoressa Mancusi del dipartimento di ARPAT Livorno, durante il sopralluogo, hanno solo potuto effettuare pochi rilievi, in quanto l’animale di circa 2 metri di lunghezza era già in avanzato stato di decomposizione e probabilmente non è stato possibile provvedere alla rimozione della carcassa a causa dell’inaccessibilità del luogo ai mezzi meccanici. Grazie per averci permesso di aver fatto un po’ di luce sulla faccenda e per ribadire che se avvistate qualcosa di strano sulle coste o in mare, vivo o morto, chiamate sempre prima il 1530: si attiverà la rete dell’Osservatorio Toscano per la Biodiversità».
Dello stesso parere la dottoressa Cecilia Mancusi, biologa marina dell’agenzia regionale toscana per la protezione ambientale (ARPAT): «Il reperto in questione non è niente di strano o inconsueto per le nostre coste. Ne eravamo già a conoscenza, lo abbiamo registrato e comunicato con il comune per la sua rimozione. Si tratta di un cetaceo, un delfino della specie stenella striata (Stenella coeruleoalba). Era già li sulla spiaggia il 5 di ottobre. Questi animali muoiono, a volte anche per cause naturali, e il mare li porta a terra (fenomeno ben conosciuto dello spiaggiamento)».
Sale così a 80 il bilancio degli spiaggiamenti di esemplari di stenella nel Tirreno e a 23 le stenelle spiaggiate solo in Toscana (primo il Lazio con 28 casi). Un dato allarmante se si considera il numero medio di 3,8 stenelle per anno risultante dagli spiaggiamenti registrati dal 1987 al 2012 nella Banca Dati per gli Spiaggiamenti dell’Università di Pavia.
Sorge un nuovo interrogativo: a che cosa è dovuta l’anomala moria di stenelle nel Tirreno?
Secondo i dati registrati dalla rete nazionale per gli spiaggiamenti dei mammiferi creata e coordinata dai ministeri dell’Ambiente e della Salute e presentati in un rapporto ancora provvisorio, circa il 50% delle stenelle finora esaminate (12 su 24) è risultato infetto dal virus del morbillo (dolphin morbillivirus), responsabile in passato di due gravi epidemie nel Mediterraneo (tra il 1990 e il 1992 e tra il 2006 e il 2008) e di altri episodi analoghi nel resto del mondo. È stata anche evidenziata la capacità del virus di infettare altre specie di mammiferi acquatici. Inoltre, su circa il 60% degli esemplari esaminati (20 su 32) è stato isolato il batterio photobacterium damselae, responsabile di sindromi emolitiche ed emorragiche. Il ruolo di questo agente nell’anomalia in corso rimane tuttavia ancora da comprendere. In generale, tutti gli animali si sono presentati fortemente infestati da parassiti, indice di un quadro immunitario compromesso in modo significativo.
Tra le ragioni possibili, oltre al morbillivirus o altri agenti biologici, anche agenti inquinanti organici che si accumulano nei tessuti dei cetacei e che possono alterarne la risposta immunitaria.
Si tende tuttavia a escludere episodi di tossicità acuta dovuta all’inquinamento, poiché una circostanza di questo tipo avrebbe danneggiato più specie e tutte nello stesso momento. Ma potrebbe esserci dell’altro: dall'inizio del 2023 a oggi, in Italia, si sono spiaggiati un totale di quasi 200 cetacei (194 per la precisione), nella maggior parte dei casi delfini. Un dato drammatico, reso ancor più inquietante dal fatto che una quota significativa di questi meravigliosi mammiferi marini muore a causa dell'uomo. I delfini, infatti, tendono a inseguire i pescherecci per profittare dei pesci catturati, rimanendo impigliati nelle reti da pesca o finendo strozzati attraverso il cosiddetto “impigliamento laringeo”.
Manuel Omar Triscari