Chi come il sottoscritto vive dodici mesi all’anno su un’isola ma per motivi di lavoro si sposta frequentemente “in Continente” vorrebbe che quella che viene definita ‘continuità territoriale’ lo divenisse sul serio. Intenderla come “riuscire a raggiungere in qualche modo uno scoglio dall’altra parte del canale di Piombino” è ampiamente limitante, in quanto la continuità reale si esprime solo al raggiungimento di una meta di transito seria verso il resto del mondo (una strada di grande comunicazione oppure una ferrovia su dorsale nazionale).
In una moderna accezione la continuità territoriale dovrebbe permettere il trasferimento dei residenti da o verso l’isola su cui vivono con la stessa semplicità con cui gli abitanti di una grande città si spostano saltando al volo su una tranvia o su una metropolitana, senza pensieri su orari e biglietti. Ovviamente i traghetti non possono non avere orari prestabiliti, ma per tutto il resto la Scienza viene in aiuto.
Userò qua e là l’Isola d’Elba come esempio, senza voler ledere la generale applicabilità delle soluzioni tecniche anche in altri contesti. Non me ne voglia chi in un’isola non risiede ma ne è turista, poiché molto diverse sono le motivazioni e le urgenze degli spostamenti: i residenti transitano quasi unicamente per motivi di lavoro, di studio o di salute e meritano soluzioni altrettanto agevoli di quelle di cui godono i turisti quando tornano ad essere abitanti delle proprie città.
Dal punto di vista scientifico l’organizzazione della continuità territoriale ricade nel settore della così detta “Programmazione matematica e ottimizzazione”, una materia che in molti Atenei è divenuta un ben preciso corso di Laurea nelle Facoltà di Ingegneria. Si tratta di formalizzare un problema complesso riducendolo ad una ‘funzione di costo’, ovvero una funzione matematica che deve assumere valori piccoli, tendenti allo zero.
Si noti bene: qui il termine “costo” non è riferito al denaro, bensì alla penalizzazione della funzione che assumerebbe valori più grandi proprio quando si vuole minimizzarla.
Simili approcci sono quelli comunemente seguiti nella realizzazione di infrastrutture come i viadotti o le linee elettriche di alta tensione. In quest’ultimo caso, ad esempio, supponiamo che per portare la linea da un punto A ad un punto B si possano seguire diversi percorsi ma si voglia scegliere “il percorso ottimo”. Ad ogni ostacolo viene assegnato un fattore di costo: impiantare tralicci su una montagna è più problematico che in pianura; il percorso in pianura però può essere considerevolmente più lungo di quello ottenuto scavalcando il monte; passare in un punto può significare dover radere al suolo un’abitazione e ricostruirla altrove, etc etc. Ad ogni scelta è associato un costo che alla fine concorre a quello totale.
Ebbene le tecniche di ottimizzazione permettono di trovare l’insieme ottimo di soluzioni che minimizzano la funzione di costo. Dal punto di vista matematico si deve trovare quel vettore di variabili:
Si noti che il problema è tutt’altro che semplice. Se ad esempio ci fossero anche solo 10 variabili in gioco, ciascuna delle quali potesse avere solo 3 scelte (cioè assumere solo 3 valori distinti), occorrerebbe comunque scegliere fra 310 = 59049 possibili vettori. Questi numeri nei casi reali sono inverosimilmente bassi e i possibili vettori sono quindi ben più numerosi, sicché un metodo di ricerca che tenti il calcolo della funzione per ogni vettore, trovando infine quello che la rende minima, è improponibile e servono metodi più avanzati.
Tuttavia questo approccio ingegneristico è estremamente potente e valido: si osservi bene che, una volta pattuita e concordata la funzione di costo, il metodo fornisce l’elenco delle azioni da intraprendere per ottenere il minimo costo (e nel caso isolano si legga “il minimo disagio per i residenti”).
La soluzione è matematica e quindi agnostica. Ecco perché talvolta si trova assurdo che per costruire una strada sia stata distrutta un’abitazione (e ricostruita altrove) ...la strada non poteva avere un percorso diverso? Certo che poteva, ma avrebbe causato una serie di disagi maggiori. È un concetto difficile da digerire (soprattutto per il proprietario della casa o per i non addetti ai lavori) ma è la soluzione ottima, intesa come quella che minimizza la concordata funzione di costo.
Trovare il modo di realizzare una ‘continuità territoriale’ degna di questo nome è dunque scientificamente possibile. Richiede una buona dose di studio condita dalle opportune simulazioni al computer, che passano attraverso la formulazione matematica del problema e la derivazione della relativa ‘soluzione ottima’. Un lavoro perfettamente affrontabile per un bravo ingegnere.
Non essendo dunque né realistico né serio fornire ‘la soluzione’ in un breve articolo, è tuttavia possibile elencare le principali innovazioni in grado di contribuire a minimizzare la funzione di costo, tra quelle che la moderna tecnologia ci mette a disposizione (peraltro senza dover inventare nulla di nuovo).
Innanzi tutto ai cittadini residenti su un’isola dovrebbe essere dato modo di salire in nave senza passare dalla biglietteria e senza essere soggetti ad una penalità sul biglietto solo perché costretti dalle contingenze a comprarlo a bordo.
Per questo è tecnicamente sufficiente attuare i due punti seguenti:
- definire prezzi per i biglietti dei residenti identici per tutte le compagnie di navigazione;
- permettere ad ogni residente l’acquisto di un “carnet” o “wallet”, un portafoglio di transiti memorizzati su un supporto fisico, acquistabili con un semplice click come avviene ad esempio per gli acquisti su Amazon.
I prezzi da definire sono soltanto due: quello della persona e quello del veicolo residente, ovviamente variabile a seconda del tipo di veicolo e legato al numero di targa dello stesso.
Il supporto fisico può essere un dispositivo di memoria che esiste in una forma molto robusta e pratica, simile a quella di una piccola batteria da orologio. Si chiama iButton, costa pochi euro, dispone di un codice identificativo univoco memorizzato al proprio interno in fase di fabbricazione (pertanto non è “hackerabile”), per leggerlo o scriverlo basta porlo in contatto per pochi secondi con un lettore portatile e può essere comodamente appeso al portachiavi come visibile in Figura 1:
Figura 1. Da sinistra a destra: un dispositivo iButton, lo stesso inserito nel ‘fob’ da portachiavi (in questo caso giallo), un esempio di lettore/programmatore del dispositivo.
Questa soluzione permette di passare dalla modalità: “la prossima nave che parte è della compagnia X, vado quindi alla biglietteria X, faccio la coda, mi compro il biglietto, salgo a bordo” al nuovo concetto: “salgo sulla prima nave che salpa e scalo un passaggio ponte dal mio wallet”.
Peraltro questa tecnica supera anche il problema per cui spesso non si riesce a prevedere con esattezza l’istante di arrivo al porto e innumerevoli sono i casi di bus o treni che costringono alla bigliettazione “al volo” a bordo (con l’antipatico sovra prezzo).
Ovviamente devono essere i software delle compagnie di navigazione a gestire “chi ha cliccato su quale traghetto” e a rendere disponibile online al residente la propria situazione transiti, in modo da poter comodamente ricaricare il proprio iButton da casa (o in biglietteria).
Una visione davvero pro-residenti dovrebbe prevedere per i veicoli una corsia preferenziale ad ogni molo di imbarco con sbarra ad apertura automatica e con altrettanto automatico addebito del transito. Naturalmente, anche il passaggio al varco della Port Authority dovrebbe essere automatico per i residenti sull’isola.
Un metodo molto efficace e robusto per regolare l’accesso nelle corsie preferenziali con sbarra è l’utilizzo di algoritmi di AI per il riconoscimento delle targhe. Questa tecnologia è preferibile rispetto a quella ad esempio utilizzata dal sistema autostradale Telepass per il minor costo realizzativo: è applicabile al suo posto poiché il numero di residenti è circoscritto, sicché le dimensioni del corrispondente database di targhe sono ragionevolmente piccole e quindi la sua consultazione sufficientemente rapida.
Come visibile in Figura 2, una telecamera posta prima della sbarra acquisisce l’immagine dell’auto che tenta l’accesso. Il software rileva dapprima la targa e successivamente, una ad una, le lettere e i numeri in cui è suddivisa, che infine riconosce (funziona anche con la targa anteriore del mezzo). La figura riporta volutamente un’auto straniera per significare che può benissimo essere di proprietà di un residente e quindi con pieno diritto di aprire la sbarra: l’unica discriminante è che sia stata “una tantum” registrata e faccia ufficialmente parte del database di quelle ammesse.
Figura 2. Sistema di AI per il riconoscimento targhe. Il riquadro della targa a sinistra viene ulteriormente segmentato per riconoscere i singoli caratteri che la compongono.
Una volta che l’auto è stata riconosciuta come residente, il sistema provvede automaticamente al pagamento del biglietto, che può avvenire in due modalità: scalando un passaggio dal carnet oppure effettuando direttamente il prelievo del costo del biglietto dal conto bancario indicato all’atto della registrazione al servizio (come avviene normalmente per il Telepass).
A questo punto il passaggio auto è a posto e al personale di imbarco non resta che controllare il numero di occupanti e far loro scalare i relativi passaggi residente mediante iButton.
Ovviamente per evitare intasamenti il sistema di riconoscimento targa deve essere posizionato in modo da prevedere a valle una via di fuga verso le corsie per non residenti se la sbarra non si apre.
Sarebbe auspicabile che alla corsia preferenziale per residenti sui moli facessero seguito analoghe corsie preferenziali a bordo dei traghetti, secondo la logica che se si imbarca un residente è nella stra grande maggior parte dei casi per motivi di necessità. Quindi le corsie a bordo nave per i residenti saranno le prime a procedere allo sbarco dei veicoli. Ma come farebbero gli operatori a bigliettazione avvenuta a capire che un’auto è residente?
Per questo viene in aiuto la tecnologia RFID (Radio Frequency Identifier), la stessa ampiamente in uso in negozi con casse “smart” (ad esempio Decathlon). L’auto residente avrebbe sul dorso dello specchietto retrovisore un piccolo transponder RFID con LED come quello di Figura 3:
Figura 3. Transponder RFID. A sinistra è ben visibile l’avvolgimento di rame che funge da antenna, mentre a destra in basso l’elettronica di controllo e gestione.
Attraversato il ponte di imbarco un dispositivo fissato a bordo riconosce il codice RFID come appartenente al database dei residenti (lo stesso database usato dal sistema per l’apertura della sbarra !) e accende il LED rendendo immediatamente e facilmente riconoscibile il veicolo da parte del personale, che così può incanalarlo nella corsia preferenziale.
Gli orari di partenza dei vari mezzi dovrebbero essere sincronizzati con quella che tecnicamente si chiama “modalità top-down”: partendo dai mezzi a più alta priorità e i cui orari si danno per fissi e stabiliti, si procede all’indietro regolando quelli degli altri mezzi, a cascata.
Nel caso dell’Elba, il fattore limitante per chi non viaggia in auto è il treno che opera sulla dorsale nazionale Pisa-Roma e conseguenti diramazioni. Innanzi tutto dovrebbe essere fatto presente alle Ferrovie dello Stato che la stazione di Campiglia Marittima non asserve solo gli abitanti della Val di Cornia, bensì anche un bacino di utenti isolano. Quindi sarebbe opportuno che tutti i treni ad alta velocità, Intercity e Freccia, fermassero in questa stazione, nessuno escluso. Saranno i loro orari a definire quelli di tutti gli altri mezzi.
Dovrebbe rinnovarsi completamente il servizio bus diventando ‘servizio navetta’ Piombino Porto - Stazione di Campiglia Marittima, passando da un orario statico e fisso (come ha l’odierna linea 200) ad una modalità “on demand”: è inutile che una navetta parta vuota dalla stazione 5 minuti prima dell’arrivo di un treno, è assurdo che parta vuota dal porto mentre una nave sta ormeggiando. Anche se treno e nave erano in ritardo.
La modalità “on demand” è la stessa ampiamente usata nelle periferiche di un computer, in cui la gestione delle risorse è gestita da software che negli anni sono stati fortemente ottimizzati e la cui applicazione su questo tipo di trasporti sarebbe del tutto fattibile.
La navetta in partenza dal porto potrebbe sfruttare la tecnologia GPS (il ben noto Global Positioning System) per stimare con buona approssimazione il momento dell’avvenuto ormeggio di un traghetto e stabilire in questo modo “adattativo” il prossimo orario di partenza. La navetta andrebbe posizionata subito sotto le scale di (dis-) imbarco del traghetto per agevolare chi ha problemi di mobilità. Ovviamente il costo del servizio sarà elargibile per mezzo del medesimo iButton usato per il biglietto del traghetto, senza bisogno di usare software di terze parti (oggi Tabnet).
Tutto questo permetterebbe di risolvere annosi problemi tipo:
- raggiungere la fermata del bus da moli lontani (famigerato il molo 1 a Piombino), spesso vedendo il bus che scappa poco prima di arrivare;
- assistere a scene di vecchietti in corsa con valigie al seguito che si vedono sfilare davanti un treno a Piombino Porto che non aspetta, ma che poi sta fermo dieci minuti a Piombino Centro.
Infine la tecnologia di comunicazione nota come “broadcasting” sarebbe utile per confermare l’effettiva partenza di traghetti o aliscafi, decisione presa univocamente dal rispettivo Comandante al massimo 30 minuti prima dell’orario di partenza, informazione soprattutto utile in caso di condizioni meteo marine avverse.
Il sistema farebbe uso degli smartphone replicando semplicemente ciò che oggi avviene per chi si è iscritto al sistema di allerta della Regione Toscana (IT-Alert), in cui gli utenti registrati ricevono in contemporanea notifiche ufficiali di situazioni critiche quali pericolo di catastrofi naturali. Allo stesso modo la decisione del Comandante, oggi comunicata unicamente alle biglietterie che si vedono sommerse di telefonate e visite di clienti, verrebbe resa immediatamente di dominio pubblico alle persone che hanno espresso il consenso.
Ricordiamo che questa informazione è doppiamente utile per chi non risiede vicino al porto di partenza (all’Elba si pensi fino ai due estremi per lontananza di Cavo e Pomonte) permettendo a molti degli interessati di evitare di mettersi inutilmente in viaggio per raggiungere un traghetto che non partirà.
Concludo con la piena consapevolezza che la serie di soluzioni tecnologiche proposte:
- può essere profondamente migliorata;
- sicuramente non è esaustiva;
- probabilmente sottostima certi vincoli di applicabilità.
Ma questa ‘pillola’, come ho scritto, non ha lo scopo di fornire una soluzione che richiederebbe un progetto ben più seriamente concepito, ma solo di far presente che oggi sono disponibili soluzioni tecnologiche che è davvero un peccato non sfruttare a beneficio degli abitanti su un’isola.
Per far questo serve il coraggio del “think different” (pensare diversamente), eliminando quello che gli esperti di psicologia chiamano “bias di funzionalità non percepita”, ovvero la tendenza a sottostimare le grandi potenzialità di una soluzione nuova e alternativa rispetto a quello a cui si è semplicemente abituati, solo perché l’esistente spesso è più comodo e solo perché il nuovo spesso fa paura.
Marco Sartore