La ricerca dei restanti 102 bidon, caduti il 17 dicembre 2011 dall’eurocargo Venezia della Grimaldi Lines nel mare in tempesta al largo di Gorgona si è concluso nel peggiore dei modi: quei fusti carichi di materiali tossici per il mare e la sua vita, nonostante il dispiegamento di sofisticate attrezzature, non sono stati trovati e ci chiediamo dove siano e soprattutto dove siano stati davvero “’persi”.
«Non può finire così – dice Umberto Mazzantini, responsabile mare di Legambiente Arcipelago Toscano – 102 bidoni tossici non possono essere abbandonati a qualche miglia dal mare protetto di Pianosa ed in pieno Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, in un’area di mare trafficata dai pescherecci e interessata dal fenomeno dell’upwelling, la risalita delle acque profonde che favorisce la produttività biologica e la presenza di krill e piccoli pesci che attirano le grandi balenottere ed i delfini. E’ chiaro che il rischio che quei fusti pieni di sostanze tossiche rappresentano per l’intera catena alimentare marina e, quindi, anche per l’uomo».
Legambiente chiede che le ricerche dei 102 bidono “fantasma” vengano ripresi lungo tutta la rotta seguita dall’eurocargo Venezia per verificare se lo sversamento a mare non sia avvenuto in due diversi momenti.
Inoltre è necessario adottare senza tentennamenti il principio del “chi inquina paga” e chiamare la Grimaldi e le altre imprese coinvolte in questo disastro non solo a risarcire tutti io costi di tutte le fasi del ritrovamento e del recupero dei 98 fusti individuati, ma anche i danni ambientali che potrebbe provocare il non ritrovamento dei fusti tossici .
«Chiediamo una sorveglianza costante sul nostro mare – conclude Mazzantini – applicando le norme proposte dalla Regione Toscana al recente meeting sulla sicurezza in mare dell’Isola del Giglio. Ma invece in questi giorni notiamo una difficoltà a mantenere la sorveglianza ordinaria. Disastri come quello di Gorgona non possono più ripetersi, non sono più tollerabili in un Paese civile che non può piegarsi alle rischiose ragioni del guadagno di pochi».