Non lo so, però quando ho saputo che stavano cercando Eraldo il mio pensiero questa volta è arrivato subito alla possibilità che se ne fosse andato per sempre. Un poeta a volte decide così, lascia che le sue gambe camminino da una parte e i pensieri dall’altra a costruire immagini e parole che rimbalzano nella testa come all’interno di una stanza vuota dove solo lui le può sentire e la poesia non è altro che quella voce che esce di nascosto dalla finestra e qualcuno la raccoglie. Ho voluto immaginare, forse ingiustamente e poeticamente ma lasciatemelo fare, questo suo ultimo vagare per le strade del paese come un ripercorrere i ricordi, le immagini e le persone che hanno riempito le sue poesie, inseguendo qualcosa che non si può fermare, non si può toccare, si può solo narrare in versi. Perché a me Eraldo piaceva come poeta e non per compassione paesana verso un personaggio eccentrico, ma solo perché Poeta per davvero, nella vita come nella morte che l’ha visto accasciarsi a pochi metri dal Campo Santo, come a dire, fino a qui ci sono arrivato da solo. Per quello, ormai parecchi anni fa, gli dedicai quando ero in amministrazione una serata per presentare il suo libro di poesie e le sue raccolte, lì nell’atrio comunale all’interno di una manifestazione che la settimana prima aveva visto ospite Sandro Curzi. Stessa scrivania, stesso microfono, fu una serata quasi sussurrata, dove i fantasmi della sua vita si materializzarono senza spaventarlo, Eraldo sapeva descrivere il dolore, il dolore dell’anima, il distacco dalle persone care quanto verso quelle poco conosciute, per quello era universale nel suo linguaggio semplice e diretto caratterizzato da immagini che rimanevano impresse come fotografie, sia parlasse di esperienze personali , della sua quotidianità o di drammi sociali. Ho preso un suo libro e ho trovato una dedica che non potrò purtroppo ricambiare, anche quella nella sua semplicità conteneva un pensiero profondo come il mare…
… A Federico, un amico che vale, un amico vero… Eraldo Frangini