Secondo l'Enciclopedia Italiana la Befana è un’orribile vecchia che passa sulla terra dall'1 al 6 gennaio, innescando una gran quantità di prodigi: gli alberi fruttificano, gli animali parlano, le acque dei fiumi e delle fonti si tramutano in oro; i bambini attendono regali, le fanciulle traggono dal focolare gli oroscopi sulle future nozze, ponendo foglie di ulivo sulla cenere calda; ragazzi e adulti, in comitiva, cantano le befanate per le vie dei villaggi. In molti luoghi si preparano pupazzi di cenci, da esporre alle finestre. In altri, questi fantocci vengono portati in giro sopra un carretto, accompagnati da urli e fischi, fino alla piazzetta del villaggio, ove questi fantocci verranno bruciati. Gli studiosi di antropologia vedono nel bruciamento del fantoccio (la Vecchia, la Befana, la Strega), lo spirito di sopravvivenza agli spiriti malefici.
Secondo la tradizione italiana la Befana fa visita ai bambini il 6 gennaio, durante la notte dell'epifania, per riempire le calze lasciate appositamente appese sul camino o vicino a una finestra. E’ tradizione lasciare un piattino con un modesto ristoro per la vecchia: un mandarino, un'acciuga, un pezzo di aringa, un bicchiere di vino rosso.
I bambini buoni, per tradizione, ricevono dolciumi, mandarini, noci, frutta secca e piccoli regali; i cattivi troveranno carbone nella loro calza. A differenza delle streghe vere, la Befana è spesso sorridente.
La Befana ha alle spalle una storia molto antica, anche più antica di quella di Babbo Natale.
L'origine di questa figura affonda nelle tradizioni agrarie pagane relative all'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo. Difatti rappresenta la conclusione delle festività natalizie come interregno tra la fine dell'anno solare e l'inizio dell'anno lunare. Nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale si celebravano morte e rinascita della natura, attraverso la figura pagana di Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti, figure femminili volassero sui campi appena seminati per propiziare i raccolti futuri. A guidarle secondo alcuni era Diana, dea lunare legata alla vegetazione, secondo altri una divinità minore chiamata Satia (=sazietà) o Abundia (= abbondanza).
I Romani celebravano l'inizio d'anno con feste in onore al dio Giano (da cui il nome Januarius al primo mese dell'anno) e alla dea Strenia (da cui la parola strenna come sinonimo di regalo). In queste feste, chiamate “Sigillaria”, ci si scambiavano auguri e doni in forma di statuette d'argilla, o di bronzo e perfino d'oro e d'argento. Queste statuette erano dette "sigilla", dal latino "sigillum", diminutivo di "signum", statua. Le Sigillaria erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla (di solito di pasta dolce) in forma di bamboline e di animaletti. Questa tradizione di doni e auguri si radicò così profondamente nella gente, che persino la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina.
Chi era Strenia? Era la divinità venerata in un apposito bosco sacro (lucus Streniae), situato presso il Palatino e già noto al tempo di Romolo. Di questo culto si sa molto poco. Alcuni autori antichi ricordano la tradizione delle verbenae (rami) tagliati da un albero sacro del bosco di Strenia e poi donate come strenne di Capodanno al re e poi ai consoli.
La parola “strena” avrebbe anch’essa (come molte parole situate nei giorni del solstizio) origini sabine più che latine e sarebbe sinonimo, benaugurante, di salus (salute, salvezza).
La Chiesa tentò, inizialmente, di condannare rigorosamente queste credenze, definendole sataniche, ma con poco successo. Dovette cominciare, allora, un processo di normalizzazione di questa figura, altrimenti poco addomesticabile. In un racconto popolare, la Befana compare accanto alle figure dei Re Magi, che smarrita la strada per Betlemme, chiesero informazioni ad una vecchia.
Malgrado le insistenze dei Magi affinché li accompagnasse nella visita al fanciullo divino, la donna non uscì di casa. Solo in seguito, pentitasi, avrebbe preparato un cesto di dolci e cercato di ritrovarli, senza riuscirci. Si sarebbe allora fermata ad ogni casa situata lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù.
Da allora, la vecchia girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio. L’iconografia si completò con il passare del tempo: la scopa volante, il sacco stracolmo di giocattoli, di dolciumi, di cenere e di carbone.
Strenia, che portava doni ai bambini romani, e i Magi sarebbero i colleghi più vicini alla Befana.
Che cosa significa “Epifania”? Il termine in sé, dal greco, indica il manifestarsi di un qualcosa, con particolare riferimento alla regalità e alla divinità. Nella liturgia cristiana il termine indica la manifestazione di Gesù agli uomini come Messia. Gesù sarebbe apparso agli uomini come Figlio di Dio nel giorno 6 gennaio, scandendo gli anni con tre episodi miracolosi: la stella che guidò i Re Magi; il battesimo nel Giordano; la trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana. Originariamente la Chiesa celebrava questi tre miracoli nel giorno dell'Epifania. Con l'andar del tempo la festa dell'Epifania finì col ricordare solo la venuta e l'adorazione dei Re Magi.
“Befana” è la forma dialettale di Epifania. "Epifania", termine colto e poco usato, nel corso del tempo si trasformò, deformandosi nei vari dialetti: la Befania (Toscana), Pasqua Befania (Roma), Pasqua Befanì (Puglia), Bifania o "Bufania (Calabria) e così via.
Nel Medioevo molta importanza era attribuita al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, al ciclo di dodici notti nel quale la notte dell'Epifania è, appunto, la "Dodicesima notte". Si tratta del periodo più delicato e critico per il calendario agronomico, subito dopo la seminagione, pieno di speranze e di aspettative ma anche di rischi e d minacce per il raccolto futuro. Nell’immaginario contadino, in quelle dodici notti volavano sopra i campi appena seminati Diana insieme con altre donne, per rendere appunto fertili le campagne. A Roma Diana era, oltre che dea della luna, ma anche la dea della fertilità. Questo rapporto con la fertilità-fecondità garantì alla dea una continuità di culto che andò ben oltre la cristianizzazione, malgrado il tentativo della Chiesa cristiana di condannarle in quanto pagane e figlie di Satana. Da qui nascono i miti e le superstizioni delle streghe, con tutto ciò che ne consegue, in Italia e in Europa. In Germania Diana diventa Frau Holle o Frau Berchta. Si tratta sempre di figure che portano in sé il bene e il male: gentili, benevole, dee della vegetazione-fertilità ma cattive e spietate con chi fa del male.
Strenia, Diana, Holle, Berchta,... da tutto questo complesso stregonesco, ecco che finalmente prende il volo sulla sua scopa la Befana.
Il "fenomeno Befana" è diffuso un po' dovunque in Italia e non è possibile stabilire con precisione dove sia nato di preciso, né quale città o regione abbia dato i natali alla Befana. Fra il Medioevo e il Rinascimento la Befana non è ancora una persona, è ancora soltanto una festa. Nel tardo '500 le Befane sono figure femminili diverse che girano di notte per far paura ai bambini. Alla fine del '600 ne restano ancora due, una buona e una cattiva; la stessa Accademia della Crusca ne fa menzione (1688). Questo dualismo è ancor oggi radicato nell'idea che la Befana porta regali ai bambini buoni, ma cenere e carbone a quelli cattivi.
Ha ancora fortuna la Befana al giorno d'oggi?
Dopo i grandi splendori dei secoli passati, la Befana declina sempre più a partire dal '900, dovuto alla trasformazione della società da agricola in industriale e all'arrivo di Babbo Natale. Un rilancio lo si trova negli anni Venti, grazie al fascismo, che vede in questa festa un fenomeno italiano da contrapporre ai miti natalizi plutocratici proposti dall'Inghilterra e dall'America. Nel 1977, in clima di austerità, anche per limitare i cosiddetti "ponti festivi", il governo italiano elimina l'Epifania dal calendario civile e religioso. Dopo 9 anni di proteste, dibattiti, discussioni, la festa della Vecchia viene ripristinata.
La Befana è, come il presepe, o presepio, il paesaggio della nostra penisola più recondito e nascosto. La Befana è il freddo dei nostri Appennini, la tenacia di uomini, donne e comunità che non vogliono né scomparire né morire di globalizzazione. La Befana viene di notte, come Babbo Natale, ma ha le scarpe tutte rotte, non ha pellicce. Per quanto povera e stracciona, è più meritocratica di Babbo Natale, che distribuisce doni a pioggia. La Befana può anche portare il carbone.
Le giornate tornano ad allungarsi e l’elemento femminile, portatore di fecondità e di fertilità (e per questo stesso motivo complicato e difficile da regolare, da normare e da rappresentare) torna a riprendersi il cielo e la terra, prepotente e inesorabile. Il sole e il fuoco, elementi simbolici forti ma di breve durata, celebrati da un breve solstizio e dalle altrettanto brevi accensioni di ceppi di quercia, cedono il passo di fronte alla incipiente gestazione della primavera.
Franco Cambi