Nel 1791 l’ingegnere Jean Joseph Tranchot, già incaricato dal governo francese di redigere un’esatta cartografia della Corsica, allargò il raggio di azione anche alle isole toscane e redasse il «Plan de l’isle d’Elbe», una delle prime mappe dell’Elba realizzate con rigore scientifico.
Durante la rapida ricognizione elbana, Tranchot fece erigere sul punto più alto dell’isola un caposaldo di triangolazione cartografica che nel 1824 veniva ricordato come «il segnale piantato da monsieur Tranchot sul Monte Campana» (Severino Fabriani, «Dei vantaggi apportati dagli ecclesiastici alle scienze, lettere ed arti»). Tale segnale, costituito da «una piramide in pietre a secco» (Louis Puissant, «Traité de Topographie», 1820), era posto sulla vetta del Monte Capanne a 1019 metri di altitudine, con la funzione di collegamento cartografico tra la Corsica, l’Elba e la Toscana (torre di Populonia). Tra l’altro, nella bella cartografia del «Plan de l’isle d’Elbe» compare per la prima volta il nome del Monte Capanne, nella curiosa forma francesizzata «Mont le Cabanne».
Allo stesso periodo, in pieno fervore cartografico, risalgono gli appunti di Louis Puissant riportati nel suo «Traité de Géodésie» del 1805: «Il primo Germinale, anno 11, al mattino (22 marzo 1803) […], dove la latitudine boreale è di 42°.42’.6’’, abbiamo osservato l’angolo tra il sole levante e il segnale di Monte Capane, situato verso ovest […]. Inoltre, la distanza di Monte Capane dallo zenith del Fanale [di Portoferraio] = 86°.15’.11’’,88. L’angolo di direzione o la distanza angolare di Monte Capane dal centro del Fanale = 236°.40’.22’’,8.»
Alcuni anni dopo un altro cartografo, Giovanni Inghirami, salì sul Monte Capanne per valutare lo stato di conservazione della piramide e così annotò nel saggio «Di una base trigonometrica misurata in Toscana nell’autunno del 1817»: «Pervenuto in quelle parti, fino a quell’epoca affatto nuove per me, ebbi subito il dispiacere di non trovare in essere i più interessanti segnali sopra i quali Tranchot aveva appoggiati i triangoli da lui stesi sulla costa e sull’isole nostre. Quello che esisteva già sui monti di Marciana, ristabilito poco avanti da Puissant, e che vien da esso chiamato il segnale di Monte Capane, era nuovamente atterrato, e a me mancava ogni opportunità e comodo di ripristinarlo. […] Lo cercai per lungo tempo ma invano da Porto Ferrajo e da Populonia, con la guida degli angoli di Puissant. Del resto non che il segnale o le sue vestigia, neppur trovai indizio veruno di quella denominazione. Né in Populonia né in Porto Ferrajo mi riescì d’incontrarmi in persona cui fosse noto il vocabolo di Monte Capane.»
A tale insuccesso replicò perplesso lo stesso Louis Puissant in un articolo apparso nel 1821 su «Connaissance des tems ou des mouvemens célestes»: «Come dunque è possibile che Inghirami, nel suo primo viaggio geodesico all’isola d’Elba, non abbia potuto riconoscere questa stazione, né trovare nessuno per indicargli dove è situato il Monte Capane? Non bastava riprodurre al fanale di Porto Ferraio l’angolo conosciuto tra questa vetta e la torre di Populonia, per non avere alcun dubbio al riguardo?» In ogni caso, arrivando al 1840, le mappe del «Catasto leopoldino» ricordano ancora la presenza del «segnale» sulla vetta del Monte Capanne e di un altro su quella del Monte Giove; poi passarono gli anni, i decenni, e dell’antica piramide di sassi svanì anche il ricordo.
Silvestre Ferruzzi