Pubblichiamo qui di seguito il breve scritto del Prof. Mirco Tavosanis che l'accademico ha steso in forma di introduzione all'ultima opera di un giovane studioso elbano, Francesco Vanagolli deficata alla figura di grande intellettuale di origini elbane, Oreste del Buono.
Forse più di ogni altro nel nostro Paese, OdB (così usava firmarsi) in quel vivacissimo cantiere culturale che fu la milamo degli anni del primo e secondo dopoguerra, si distinse nello "sdoganare" il fumetto,"arte figlia di un dio minore", com'era considerata, a vero prodotto culturali,
Vanagolli (anch'egli con forti interessi il materia, un suo precoce lavoro su "Superman" risale al 2005) ha dato ora alle stampe, per le edizioni Il Foglio "Oreste Del Buono da Bertoldo a Linus" un saggio di indubbio interesse. Ecco come lo presenta Tavosanis:
Forse, se Oreste Del Buono fosse stato solo uno scrittore, sarebbe uscito da tempo un libro con il suo nome nel titolo. Invece Oreste Del Buono non è stato solo uno scrittore: in parallelo alla sua attività in questo campo è stato uno dei più importanti operatori culturali della sua generazione. E, anche se sembra un paradosso, questo “primo mestiere” rischia di renderlo meno studiato di quanto dovrebbe essere.
A ripensarci, quindi, è quasi incredibile che prima di questo lavoro non esistesse nessun libro dedicato a parlare di Del Buono. Francesco Vanagolli ha rimediato a questa vistosa lacuna. Il lavoro che viene presentato qui di seguito non è però un esame generico dell’opera dell’autore elbano. E’, invece, uno sguardo gettato da un’angolazione ben precisa: quella del rapporto tra Del Buono e il fumetto Per chi ha seguito o studiato la cultura letteraria italiana dal Dopoguerra ad oggi, questo rapporto non è certo nuovo. Anzi, per molti il ruolo avuto da Del Buono nella nascita della rivista Linus è forse l’aspetto più conosciuto di tutto il suo lavoro.
Il che è un peccato perché, come Francesco Vanagolli mostra per la prima volta in modo organico, l’interesse di Del Buono per il fumetto veniva da molto lontano. Il recupero dei contributi realizzati da Del Buono per il Bertoldo, per Pesci rossi o per il Politecnico è senz’altro uno dei pregi maggiori di questo libro. Sorprende vedere il modo curiosamente distorto con cui Del Buono stesso, diversi anni più avanti, ritornava con la memoria su questi esordi; però, soprattutto, la rilettura sistematica delle vicende offerta in queste pagine permette di farsi un’idea del modo in cui un giovane italiano con ambizioni letterarie potesse accostarsi al fumetto – innanzitutto come possibile autore, e poi, misurata senz’altro anche la distanza tra ciò che altri avevano già fatto o stavano facendo in America, come importatore, critico e commentatore. Dispiace aver perso il Del Buono potenziale disegnatore di fumetti e non ci si può fare a meno di interrogare su che cosa avrebbe potuto produrre, impegnando a fondo le sue capacità in un periodo in cui esordivano in vari modi curiosi autori che vanno da Magnus a Crepax. Tuttavia sembra evidente che, senza il suo contributo in altra veste, difficilmente l’intero mondo del fumetto avrebbe potuto raggiungere l’importanza che ha avuto per mezzo secolo in Italia.
Andando a ritroso rispetto a questi esordi si colloca il ricordo delle origine elbane di Del Buono: richiamate qui anche sulla scorta delle ricerche che il padre di Francesco, Gianfranco, ha già dedicato a questo argomento. Mentre, andando in avanti, si arriva non solo a un episodio poco noto come la trasmissione televisiva Fumo d’inchiostro, ma soprattutto a quella curiosa opera incompiuta che è l’Enciclopedia del fumetto, altro punto su cui il libro riassume informazioni di estremo interesse. Così come è interessante vedere Del Buono ripresentare, a quarant’anni di distanza, gli autori e le passioni su cui era intervenuto in una fase pioneristica.
E, naturalmente, ciò che viene portato allo scoperto, non fa che accrescere la curiosità. Per esempio: da quali fonti Del Buono ricavava le informazioni che, all’inizio degli anni Sessanta, lo rendono uno degli italiani più informati (se non quello informato in assoluto) sui fumetti americani? Per qualche risposta in questo senso non si può non sperare che l’autore di questo libro abbia occasione di mandare ancora avanti le sue ricerche.
Mirko Tavosanis
Università degli Studi di Pisa