Finalmente la statua della Madonna dei Marinai di Zulimo Rossellini avrà la collocazione che le è più consona: lunedì 14 agosto alle ore 19 sarà installata all’ingresso del porto del Cavo, a protezione della gente di mare, come avrebbe voluto il suo creatore, che di questa bella opera artistica fece omaggio ai cavesi, riconoscente per l’ospitalità che gli avevano offerto in un periodo non facile della sua vita. Dopo varie vicissitudini, che avevano rischiato di rovinarne per sempre la bellezza e l’integrità a causa della lunga permanenza all’esterno nel giardino dell’ex orfanatrofio San Giuseppe, nel febbraio del 2010, dopo un lungo restauro, la statua era stata portata nella chiesa parrocchiale, nel corso di una cerimonia religiosa alla presenza del Vescovo.
Oggi, lo splendido manufatto, fuso in bronzo, potrà trovare la sua sede naturale sul porto, grazie all’interessamento di persone, cavesi di nascita o d’adozione, legate da vincoli affettivi al Paese, quali la famiglia Scaccabarozzi e Michele Serafino del B&B di Capo Pero, che hanno finanziato la fusione presso la Fonderia Il Cesello di Franco Cipriani, a Campi Bisenzio; il consigliere comunale Fabrizio Baleni; lo scultore Luciano Buccioni, che ha realizzato il primo restauro; la scultrice Camilla Bacherini, che ha lavorato alla preparazione per la fusione con la tecnica della cera persa; la famiglia Paoletti, amica e frequentatrice di Z.Rossellini fino agli ultimi anni di vita; la famiglia Valenti, che ha provveduto al trasporto della statua restaurata.
La Madonna dei Marinai merita davvero la devozione dei credenti e il rispetto di tutti per la struggente storia da cui ha avuto origine e di cui si è occupato il grande intellettuale Concetto Marchesi in un suo scritto del 1942, di cui riporto una parte:
[…] ed ora sull’altare di S. Giuseppe i cavesi hanno voluto far innalzare una loro statua bella, quale non hanno mai visto così bella: la statua della Madonna cara ai marinai. Autore della mirabile opera è un artista che dimora al Cavo [Isola d’Elba] da tanti anni e che non può restare a lungo lontano dal mare che lo ha consolato e animato nelle vicende e nei ricordi spesso amari della sua nobilissima vita. E’ lo scultore Zulimo Rossellini fiorentino. Egli era ancora quasi adolescente quando il suo nome corse per gli ambienti artistici come il nome di un vincitore. Ma quel sorriso di buona fortuna mutò presto ; ed egli patì ingiustizia: uno dei patimenti più gravi quando colpisce l’artista nella sostanza della sua arte.
E venne lo scultore fiorentino a cercare fra gli scogli dell’ arcipelago toscano la sua pace: prima a Capraia, poi al Cavo, dove rimase a condurre una vita onesta e bonaria, ora schiva e taciturna, ora abbandonata e festosa nella sua interezza nota solo a quei pochissimi che possono goderne la confidente amicizia. Ed ha un suo intimo, quasi geloso amore dell’arte, che per lui è compostezza e armonia e unità e semplicità, senza i torbidi, inquieti, insinceri attorcimenti dei ricercatori metodici di novità. Rossellini ha modellato la Madonna per la Chiesa del Cavo. Quella sua istintiva ricerca di decoro e di eleganza, quella fuga dalla vacuità degli enigmi ornamentali, quel suo gusto di modellatura limpida e chiara, quel suo tono quasi melodico dei lineamenti e degli atteggiamenti appariscono in questo ultimo lavoro come in una felicissima ripresa e progressione della sua operosità artistica. La Madonna è ritta in piedi, con il capo velato, ed un manto liscio che l’ avvolge tutta lasciando scoperta la veste davanti, che scende a pieghe ripide ed uguali come in certe statue arcaiche. E’ una immobilità quasi trepida, piena della vita inconoscibile e profonda che spira da un divino mistero, nella purissima giovinezza di quel volto dove l’amore e la pietà, senza le consuete leziosaggini, si compongono in una indissolubile forza di celeste potere. C’è in quella statua qualche cosa che ci prende a poco a poco e ci commuove per quell’ alito di beatitudine dolorosa e maestosa ch’ è proprio della santità cristiana. Così Zulimo Rossellini ha portato dinanzi all’altare la sua arte ignara di mercimoni e di servitù e fra le tante impurità del secolo, per la piccola chiesa avanti al mare, ha plasmato con l’anima assorta e con le mani esperte la immagine sacra: Mater Purissima.
Marchesi ricostruiva così il doloroso destino artistico e umano di un valentissimo scultore fiorentino, Zulimo Rossellini, che fu abituale frequentatore, dagli anni ’30 fino al 1943, del Cavo, per lui un luogo dell’anima, che leniva, con la dolcezza del clima, dei paesaggi marini e collinari e con la schietta ospitalità dei suoi abitanti, le sofferenze di un uomo sensibile e raffinato, umiliato dalla prepotenza del potere e della storia. Le vicissitudini di questo artista fiorentino sono state ricostruite da Alessandra Povia e Massimiliano G. Rosito in un saggio dal titolo “Ugo Foscolo da Firenze a Pavia”, cui segue il sottotitolo “Settanta anni di strane peripezie per un monumento eccezionale ma sconosciuto”, edito nel 1998 da Città di Vita, Firenze: saggio che personalmente ho potuto conoscere grazie a Luigi Paoletti e famiglia, a cui va il mio ringraziamento, avendone potuto scrivere nel mio volumetto “Il mio Cavo fra immagini e memoria”, da cui riprendo, riproponendoli per chi non conoscesse l’intera vicenda, il passo che segue:
Dunque, Zulimo Rossellini, ancora poco conosciuto nell’ambiente artistico fiorentino per la giovane età, risultò vincitore per decisione unanime della giuria, nell’ottobre 1910, a soli 24 anni, del concorso bandito a Firenze per erigere un monumento funebre al poeta Ugo Foscolo, le cui spoglie erano state trasferite nel 1870 da Londra in Santa Croce, accanto a quelle “urne de’ forti” che egli aveva celebrato nei Sepolcri. Nella relazione che motivava la scelta, si esaltava l’opera del giovane scultore che, “rivelando una commossa e vigile fantasia di poeta, mostra saper trattenerla con stile nell’arte”. In effetti, il monumento di Rossellini incanta per la sua bellezza, proponendosi come mirabile sintesi del mondo lirico e della tempra morale dell’uomo cui è dedicato: un blocco bianco di Carrara lungo due metri e mezzo e alto uno e sessanta è diventato un mirabile sarcofago, in cui il corpo disteso del poeta appare avvolto nel sudario che forma morbide pieghe, mentre il volto esprime serenità e compostezza, nell’avvenuto superamento, in virtù della morte-porto di quiete, di quelle “cure” che “al viver suo furon tempesta”. Lungo i lati del poderoso monumento, figure mitologiche come le Muse e le Grazie compongono il corteo funebre che accompagna all’Eliso il poeta, in una perfetta e commovente rappresentazione dei più autentici valori foscoliani, di quelle illusioni che, da sole, rendono la vita degna d’essere vissuta. E poi, ancora, giovinette, cerbiatti, serti di rose e libagioni, sullo sfondo di quei cipressi ed olivi, alberi tipici del dolcissimo paesaggio toscano, che egli così magistralmente cantò nel poemetto Le Grazie. Ebbene, quest’opera, per innumerevoli peripezie terminata soltanto nel 1927, in pieno regime, non entrò mai in Santa Croce: il suo autore non aveva la tessera fascista e non era persona da scendere a compromessi con la propria coscienza. Inoltre, il carattere neoclassico del monumento, la sua celebrazione della bellezza e dell’armonia come valori assoluti, non potevano soddisfare il gusto per la retorica militarista proprio del tempo. Alla scultura di Rossellini si preferì quella di Antonio Berti, l’artista del duce, che rappresentava un Foscolo guerriero e imbronciato.
E così l’ormai inutile e ingombrante monumento, inconsapevole fonte, possiamo ipotizzare, di rammarico e amarezza per la fatica vanamente profusa, fu da Zulimo donato a un amico fiorentino e dimenticato per decenni in un garage, mentre il suo autore cercava pace e conforto nella quiete delle isole toscane: prima a Capraia, poi al Cavo, dove rimase a condurre la vita “onesta e bonaria, ora schiva ora taciturna, ora abbandonata e festosa” descritta da Marchesi; e fu appunto qui che lo scultore sfortunato abbellì la chiesa parrocchiale con la Madonna dei Marinai.
Rossellini morì nel 1965, senza che il suo capolavoro trovasse degna collocazione. Franco Fortini, il noto intellettuale scomparso nel 1994, che era fiorentino d’origine, anche se da anni risiedeva a Milano, così si esprimeva in una pagina de La Repubblica del 25 novembre 1961, a proposito del sarcofago foscoliano e del suo proprietario: “Quando ho saputo che questa persona voleva disfarsene non ho avuto dubbi sul fatto che quel Foscolo dimenticato dovesse finire a Pavia”.
Così l’opera, ripudiata da Firenze, ha concluso la sua odissea trovando finalmente un onorevole approdo nel Cortile delle Magnolie dell’università pavese, dove il giovane Foscolo aveva ottenuto nel 1809 la cattedra d’Eloquenza. Sicuramente Zulimo sarebbe stato fiero di una simile collocazione: lo Studio pavese, voluto da Galeazzo Visconti nel XIV secolo, modificato e ingrandito successivamente da Teresa d’Austria, è scrigno di memorie foscoliane e prestigioso luogo di formazione e di cultura, quindi degna cornice di un’opera tutta tesa a esaltare le illusioni e i miti di uno dei più grandi e sensibili protagonisti della nostra storia letteraria.
E Zulimo sarebbe stato contento anche della nuova collocazione della sua Madonna dei Marinai: all’inizio del porto del Cavo, di fronte a quel mare che Lei provvederà a rendere sicuro per la sua gente.
MGC