Il Circolo Culturale “Le Macinelle” ha allestito una mostra fotografica sulle attività di lavorazione del granito degli ultimi cento anni, con foto d’epoca e testimonianze documentarie che ne fanno un’occasione davvero preziosa per conoscere una parte importante della storia economica, culturale e sociale del versante occidentale dell'Isola d'Elba.
Vedere Cavoli, Seccheto, Fetovaia, Vallebuia quando erano luoghi di produzione di colonne, lastre, pali, “pondi”, “calastre”, pietre per banchine portuali o ferroviarie; quando nulla lasciava immaginare che mai potesse realizzarsi quello che oggi nel bene e talvolta nel meno bene comunque caratterizza angoli famosi per la suggestiva bellezza; a vedere le testimonianze della fatica immane del “combattere” (come si dice qui) con quella pietra ingrata che è il granito, a tutte le età dai bambi di 8-9 anni ai vecchi, e per pochi soldi, e insicuri, ci si rende conto di cosa hanno significato per questa parte dell’Elba (come di là, nel Riese, con le miniere di ferro) i vent’anni fra il 1950 e il 1970, quando il turismo ha prodotto un mutamento che appare davvero incredibile.
Ma, ancora ai tempi della povertà, le foto testimoniano l’ingegno laborioso di scalpellini e tagliapietre nell’inventare metodi per trasportare anche dall’alto delle colline fino al mare i massi tagliati e modellati, a spalla tirando le “lizze”, o a dorso di mulo e d’asino, o con i carretti, fino ai più moderni vagoncini su rotaia, o addirittura al camion (al singolare, perché pare ce ne fosse uno solo) con le gomme piene e i freni molto casuali. E tuttavia, per un certo periodo, a Cavoli si produceva energia elettrica per far muovere gli argani o per lavorare le pietre, e poi si usavano strumenti sempre più tecnologici, per preparare il materiale che si imbarcava sulle spiagge. Tutto questo viene mostrato in foto, con alcune elaborazioni di dati sulle produzioni nei diversi anni, sui navigli che trasportavano il granito, e cominciando a pensare alla possibilità di esplorare i valori economici che stavano dietro un’attività vitale per tutti —vi lavorarono fino a trecento addetti, una cifra enorme se rapportata alla popolazione dei paesi interessati, ma faticosa per chi la praticava, e incapace di dare ricchezza a chi vi investiva.
La mostra segue i cambi di proprietà delle cave, con cenni sulla storia delle imprese che si sono avvicendate, fino a ricostruire per immagini questo mondo industriale e artigiano, un mondo in cui gli operatori erano anche contadini e pastori, perché se no la fame non ci si levava.
Accanto a tutto ciò, altre immagini rappresentano manufatti, e altre prodotti che dall’Elba Occidentale sono andati a decorare monumenti famosi a Pisa, a Firenze, a Roma, con l’indicazione delle testimonianze che suffragano le attribuzioni da Vasari a autori settecenteschi e ottocenteschi, uno dei quali narra di una curiosa storia che riguarda la grande fontana di granito al centro del Giardino di Boboli di Firenze, per far passare la quale dalla porta delle mura di Lastra a Signa fu necessario demolire una parte degli stipiti.
La mostra è a San Piero, tutti i giorni dalle ore 9,30 alle ore 23,00 fino a fine Novembre, presso la Galleria Don Milani in Piazza di Chiesa.