All’inizio dovevano essere quattro o cinque settimane (al massimo) di campagna, alla fine le settimane sono state sei e quasi quasi… E’ stata una delle migliori fra le sei campagne di questa storia che sta crescendo piano piano ma bene. Una storia raccontata con calma e, se possibile, anche con ordine.
Ma che cos’è l’insediamento romano di San Giovanni, ai piedi del promontorio delle Grotte? All’inizio si pensava che potesse trattarsi della fase iniziale delle Grotte medesime, la parte rustica, costruita con congruo anticipo rispetto alla residenza vera e propria ma contestualmente all’impianto delle diverse colture di pregio (vigneti, oliveti, frutteti) che segnarono, a un certo punto, l’abbandono del paesaggio dei forni del ferro e la costruzione di un paesaggio agrario di grande pregio.
A partire dalla terza campagna (2014) cominciò a prendere forma l’idea che il piccolo edificio che costituisce l’ala orientale, proprio ai piedi del promontorio, potesse essere una piccola villa rustica, nata e vissuta di vita propria e in stretta relazione con le strutture portuali, ora sommerse, documentate proprio in quell’anno.
A partire dal 2015 abbiamo cominciato a pensare che la piccola villa, oltre che meno piccola del previsto, era molto “urbana”, oltre che rustica. Molti frammenti di pavimenti del primo piano e un numero di frammenti di intonaco bianco e policromo, in aumento via via che si approfondiva l’indagine sulla parte occidentale, facevano capire che si trattava di una villa con una parte residenziale decorata in maniera sobria ma raffinata.
Queste decorazioni rientrano a pieno titolo nell’orizzonte architettonico usualmente definito “I stile”. L’attributo “pompeiano” che spesso viene aggiunto sta ad indicare il fatto che, come spesso accade per l’archeologia romana, da Pompei e dalle altre città vesuviane sepolte dall’eruzione del 79 d.C. provengono i casi meglio conservati. Non c’è dubbio, tuttavia, che le manifestazioni più precoci e più lussuose di questo schema decorativo siano quelle di Roma (il centro del potere). Il I stile intende riprodurre l’immagine sia delle austere e maestose mura in opera quadrata sia dei lussuosi pannelli o lastre di marmi preziosi e variopinti, presenti negli edifici più monumentali e più costosi. I riquadri potevano, perciò, essere dipinti in rosso, nero, giallo, verde. Il modulo era, più o meno, lo stesso partendo dall’alto: sotto il soffitto si trovava una cornice in stucco aggettante; nella fascia mediana si trovavano i pannelli dipinti; la fascia inferiore era, di solito, di colore giallo.
Questa modularità è perfettamente rispecchiata dai frammenti rinvenuti, purtroppo in situazione di crollo, a San Giovanni. Nella decorazione degli ambienti della villa predomina il rosso accompagnato dal verde. Ad una preliminare analisi, il rosso in questione sembra derivare dal costosissimo cinabro.
Esempio di parete di I stile da Pompei, Casa di Sallustio (fonte: http://www.pompeiiinpictures.org).
San Giovanni 2017. Frammento di cornice in stucco, in strato di crollo.
San Giovanni 2017. Frammenti di intonaco dipinto in verde (a sinistra)
San Giovanni 2017. Frammenti di pavimento in opus signinum (caduti dal primo piano della villa).
E’ la prima volta che all’Elba vengono ritrovate le tracce degli schemi decorativi del I stile. Queste decorazioni, di manifattura particolarmente elevata, si collocano usualmente fra il 130 e l’80 a.C. e confermano ampiamente quanto si era finora pensato sulla cronologia di costruzione dell’insediamento, attorno al 100, forse un paio di decenni prima. Ma queste decorazioni sono anche il riflesso di un comportamento sociale e culturale che potremmo definire “di classe”. La classe è quella delle potenti famiglie senatorie romane alla fine del secolo delle grandi conquiste, capace di elaborare una propria originale (e vincente) cultura, inclusiva per definizione. Non solo le città e le campagne e le case vengono riconcepite e riformulate ma anche i loro paesaggi e il modo di condurli.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di Laura Pagliantini, persona indispensabile nella gestione di questo scavo in particolare ma necessaria nella progettazione delle attività culturali in generale di Portoferraio e dell’Isola, coadiuvata dal brillante ingegno di Edoardo Vanni. Accanto a loro stanno crescendo giovani persone diverse per carattere e competenze ma molto brave: la senese Valeria Izzo, le siciliane Cristina Longo e Chiara Mendolia, le calabresi Federica Persampieri, Noemi Liguori, Maria Teresa Sgromo, la campana Egle Mereu, il tarantino Mario Pagnottella (fin qui tutti studenti della Università di Siena), la pisana Caterina Guidi e il padovano Alessandro Bertin. In altri anni abbiamo avuto altre presenze italiane ma il tratto originale di quest’anno è rappresentato dalla presenza del ricercatore spagnolo Oscar Bonilla Santander e dalle studentesse polacche Weronika Novacka e Monika Muszczynska.
Una delle cose più belle di questa campagna è stata la partecipazione attiva degli studenti liceali, nell’ambito della Alternanza Scuola/Lavoro. E’ vero che questo dispositivo, nel suo complesso, è mal concepito e peggio fatto ma nel caso in specie possiamo dire di avere visto all’opera una serie di intelligenze collettive che hanno permesso di sviluppare una significativa sinergia.
Ringrazio, in particolare, gli alunni della Prof. Giusi Vago, bravissimi.
Ringrazio i compagni di strada di sempre: Marco Benvenuti, Alessandro Corretti, Cecilia Pacini di Italia Nostra, Rossana Galletti di Accademia della Cucina, Valter Giuliani di Elbataste e il vitivinicoltore e amico Antonio Arrighi.
Ringrazio Paolo Gasparri, che, oltre ad essere proprietario del terreno, è anche custode della conservazione di una piccola ma sempre più importante parte della rada di Portoferraio.
Ringrazio il Comune di Portoferraio e il vicesindaco Roberto Marini, per il sostegno e per la concessione dell’indispensabile servizio mensa.
Vi sono, poi, tutta una serie di donatori privati, che ringrazierò successivamente.
Noi stiamo già preparando San Giovanni 2018. Ci saremo anche il prossimo anno. Intanto, rimettiamo a posto la documentazione e le idee e formuliamo altre ipotesi e altre congetture.
Qualcuno dirà: ipotesi, congetture, ma questi cambiano idea ogni tre per due. Non è proprio così. Molti punti sono fermi fin dagli inizi di questa impresa (i proprietari, la cronologia iniziale, il paesaggio agrario). Altri punti crescono e si evolvono intrinsecamente e in relazione ai fattori esterni. Ma così è la vita e solo i dinosauri non si evolvono: tant’è che, a parte i coccodrilli e gli squali, si sono estinti.
Franco Cambi