Caro Sergio,
la mia memoria elettronica mi restituisce questo documento letto il 30 novembre 2001 da Giovanni Pedizzi, recentemente scomparso, durante una semplice cerimonia a Sant’Ilario, sotto la lapide che ricorda Pietro Gori che in quel borgo abitò per qualche tempo. Te lo trasmetto in questo momento in cui una improvvida deliberazione della Giunta Municipale di Portoferraio decide di togliere il nome di Gori alla piazzetta antistante il Palazzo del Comune. Non è mia intenzione alimentare le discussioni già in atto, ma sottolineare la rilevanza che il personaggio ha nella coscienza comune del popolo elbano.
Ho conosciuto il dott. Ageno quando era sindaco, e ho il ricordo di una persona cortese e attenta. Al di là di ogni altra considerazione per la quale non ho titolo, credo che per primo si sarebbe schermito di fronte a una decisione come quella di cui parliamo in questi giorni, consapevole che la sproporzione oggettiva fra le persone e le situazioni rischia di costituire uno sgarbo a quanti hanno cara la memoria di Pietro Gori, senza recare al nuovo destinatario dell’omaggio il lustro che una bella targa ricordo nel cortile della biscotteria avrebbe idoneamente apportato, senza turbare coscienze e sensibilità.
In ogni caso, difficilmente il ricordo di Pietro Gori svanirà dalla memoria comune, come non è svanito negli oltre cento anni tarscorsi dalla sua morte, piazza o non piazza. Come non sarà dimenticato l’inutile sgarbo che ancora una volta lo vuole colpire.
Ecco il testo di Pedizzi:
NELLA PACE SOLENNE DI QUESTI MONTI,
NAVE SBATTUTA DALL’UMANE TEMPESTE,
PIETRO GORI
VENNE A CERCARE SOVENTE RIPOSO E VIGORE
PER L’EGRO CORPO E PER LA MENTE AFFATICATA,
OVE PRIMA FANCIULLO
AVEVA ACCOLTO NELL’ANIMA GRANDE
LA SCINTILLA DEL GENIO, LA FIAMMA DELL’IDEALE
E LA VIRTU’ DEL SACRIFICIO.
IL POPOLO DI SANT’ILARIO
NEL GIORNO 22 FEBBRAIO 1921
PER RICORDARE IL POETA UMANISTA
PREDICATORE DI UN MONDO MIGLIORE
IL FASCISMO
LA VIOLAVA
1940
IL POPOLO
LA RICONSACRAVA
1946
Questa scritta si trova su una lapide di marmo grigio, nella facciata di una casa di Sant’Ilario. La vedo da quando sono nato, e da lei ho imparato a conoscere Pietro Gori.
A conoscerlo come lo conoscono a Sant’Ilario, dove c’è rimasto ancora qualcuno che l’ha incontrato di persona (a mio nonno ha insegnato a fare la firma, che era la sola cosa che sapeva scrivere), e qualcun’altro che era presente quando fu posta la lapide: colto avvocato, ma soprattutto un poeta predicatore di un mondo migliore, come dice la lapide.
Lascio a chi ne ha competenza di raccontare della sua vita. A me è bastato sapere che questo “poeta” doveva parlare forte e chiaro se, diciannove anni dopo l’omaggio del popolo santilariese, la violenza di coloro che avevano incatenato le libertà ne aveva ancora paura. Se, sei anni dopo l’oltraggio della distruzione, il popolo voleva quella lapide di nuovo al suo posto.
Quelli che c’erano, quando la lapide fu rimessa solennemente dov’era e dov’è, li ho conosciuti quasi tutti -Romolo, Remo, Bruno-; e molti sono ancora vivi, babbi di quelli che hanno la mia età. Non molti di loro avevano studiato più di mio nonno, ma qualcosa li legava forte alla memoria di quel raffinato intellettuale che era il Gori.
Ancora oggi la notte fra il trenta d’aprile e il primo maggio di ogni anno i maschi santilariesi “cantano il maggio” alle “ragazze” -anche ottantenni, purché nubili- del paese. Alla fine della maggiolata ci si trova sempre tutti sotto quella lapide, a “cantare il maggio del Gori”. Si tratta di una poesia appassionata e ingenua, accompagnata da un arrangiamento del “Va’ pensiero” di Verdi. Lo si canta tutti, anche quelli che, a sentir loro, sarebbero più vicini a chi distrusse la lapide. E invece sono lì a cantare. Perché il legame con quell’antico, illustre ospite rimane oltre il trascorrere delle generazioni.
La canzone è lunga, ma voglio ricordarne due soli versi:
VIENI O MAGGIO, TI ASPETTAN LE GENTI
TI SALUTANO I LIBERI CUORI
Questo aveva capito Pietro Gori della notte di maggio, e questo ci insegna ancora: che la libertà nasce e cresce solo insieme all’amore e alla poesia.