Dopo il grande successo della mostra “… SE TORNASSE OGGI”, progetto multimediale legato all’Elba e ad alcuni dei suoi figli illustri, esposizione fotografica, supporto audiovisivo ed installazione evocativa dei personaggi che si è tenuta ne giorni scorsi alla Telemaco Signorini di Portoferraio, abbiamo deciso, per chi non è potuto venire, o per chi vuol rivedere, e riascoltare con più calma, le storie dei nostri 11 personaggi illustri che in passato hanno vissuto nella nostra isola e che se OGGI potessero per un giorno tornare, che cosa direbbero dell’attuale modernità? Quali le loro considerazioni sul tempo attuale?
Cominciamo con Mago Chiò, raccontato da Fabrizio Prianti
"Mago Chiò era quello che oggi chiameremmo “barbone”, in pratica uno di quei poveracci che nelle campagne chiamano allocchi. Era un tipo di media statura né magro né grasso e, sebbene avesse una corporatura piuttosto goffa, la sua andatura appariva dinoccolata, agile e slegata, con braccia lunghe e gambe muscolose. Viveva di piccole rapine campestri e furtarelli ma, dovunque andava, prima di rubare, si annunciava dando fiato ad una vecchia tromba. I contadini lo lasciavano fare. Si comportava in modo stravagante e sicuro di sé, ma ciò che lo caratterizzava era l’originale abbigliamento che lo distingueva dai comuni mortali. Indossava una vistosa casacca bianca che teneva legata in vita con una vecchia corda. Incarcato in testa portava un berretto nero, una specie di colbacco, che teneva legato sotto il mento. Alla cintura teneva appesa una gavetta nella quale era contenuta della vernice bianca. Ma a che cosa gli serviva, direte voi? Quella vernice, in pratica, era l’inchiostro della sua pazzia. Sì, perché Mago Chiò voleva essere famoso a tutti i costi e per questo, sfruttando la sua innata abilità di scalatore con particolari capacità di equilibrista funambolo, si arrampicava sulle più alte mura dei fari, delle fortezze, dei castelli e delle torri, imponendosi all’attenzione dei suoi contemporanei. Le sue spericolate e straordinarie imprese ascensionali, in particolare quella del duomo del Brunelleschi a Firenze e della torre degli Asinelli a Bologna, lo portarono alla ribalta delle cronache dell’epoca. Ma Mago Chiò, non contento delle sole arrampicate, usava scrivere il suo nome su quelle antiche mura a lettere cubitali, quasi a voler suggellare le sue imprese, ad imprimere il suo marchio, raggiungendo così lo scopo principale della sua breve esistenza: attrarre e impressionare il prossimo, come fece poi anche attraverso il suo singolare suicidio consumato per amore di una donna di malaffare. Ma pochi sanno come andò la storia e io ve la voglio raccontare."