L’ALBA DELL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ELBA (1859-1860)
Dopo l’armistizio di Villafranca con cui si conclude improvvisamente la seconda guerra per l’indipendenza, le popolazioni dell’Italia centrale che a avevano creato dei governi provvisori e che avevano confidato in una unione al Piemonte, si trovano deluse.
Sono inoltre timorose per la restaurazione dei vecchi regimi.
Il futuro è incerto.
In Toscana, come altrove, l’assemblea dei rappresentanti del popolo ha votato per la reggenza del principe Eugenio di Savoia Carignano che però declina l’incarico conferitogli.
“Potenti consigli e ragioni di politica convenienza” lo hanno indotto a questa decisione e nomina in sua vece Carlo Boncompagni reggente interinale.
I governi provvisori dell’Italia centrale allora proclamano il Boncompagni governatore generale della Lega degli stati dell’Italia centrale.
Infatti, i quattro governi provvisori delle popolazioni dell’Italia centrale (toscani, modenesi, parmensi, romagnoli) si sono costituiti in una lega degli stati dell’Italia centrale dove i rapporti tra ogni governo provvisorio e quello piemontese continueranno ad essere ciò che sono, con tutta la libertà d’azione per mantenere l’ordine e conseguire l’unione nazionale sotto lo scettro di re Vittorio Emanuele.
Fra ogni governo provvisorio e quello piemontese starà Carlo Boncompagni il quale assumendo il titolo di governatore generale della lega degli stati dell’Italia centrale, servirà di legame diretto fra questi governi provvisori e re Vittorio Emanuele II, darà direzione uniforme alle cose militari dell’esercito e provvederà alla esecuzione di tutti quegli atti che ogni governo provvisorio con quello piemontese crederà di fare nell’interesse comune.
Il 21 dicembre 1859, da Livorno, Carlo Boncompagni, nella veste di governatore generale delle lega, così, con un proclama, si rivolge agli stati dell’Italia centrale:
“Popoli dell’Italia centrale!
Designato da S.A.R. Il Principe Eugenio di Savoia Carignano io vengo tra voi per cooperare a mantenere, finchè queste province non abbiano un assetto definitivo, gli ordini che avete stabiliti; vengo tra voi per assicurarvi la benevolenza del re e dell’affetto del Piemonte.Allorquando fu interrotta l guerra, per cui tutta l’Italia doveva divenire pienamente signora di sé, voi, fermi nel pensiero che aveva ispirato quella grande impresa, risoluti a non riconoscere alcuna autorità in coloro che l’avevano avversata, vi volgeste affinchè unite insieme le vostre forze riuscissero più valide a respingere ogni violenza che si tentasse contro i vostri diritti.
Mentre il Governo della Toscana e quelli delle province poste al di là dell’Appennino, più forti oggi dappochè stanno uniti in uno solo reggimento, conservano tutti i poteri che sono loro deferiti dal voto delle Assemblee, io, secondo i concerti presi con loro e col Governo del Re, assumo la direzione suprema della Lega, affinchè siano più stretti i vincoli che uniscono fra loro le Province collegate, e più intime le loro relazioni col Piemonte. I legami politici stabiliti tra voi simboleggiano i vincoli di concordia che tengono tutti gli animi uniti nell’amore dell’indipendenza italiana, e che agevolano quella perseveranza a cui vi esortava il Re Vittorio Emanuele allorquando accoglieva i vostri voti. Egli non vuole che questa vostra perseveranza sia impedita né da interventi stranieri, né da perturbazioni interne, né da difficoltà economiche.
Egli è capo di un popolo forte e libero, il quale sta indissolubilmente unito al suo Re per propugnare in pace e in guerra la causa dell’Italia, e riconoscente all’altissima prova di fiducia che gli deste dichiarando di volervi congiungere ad esso, difenderà come suoi i vostri diritti.
Il mondo civile ammirò quanto operaste per assicurare in queste contrade i benefizi dell’indipendenza e della libertà. Colui il cui nome vivrà immortale nella storia, per aver primo fra i regnanti stranieri proclamato i diritti d’Italia, e per aver condotto in nostro aiuto il valorosissimo esercito francese, Napoleone III, vi assicura con la sua augusta parola che l’opera vostra non sarà impedita dalle violenze straniere che in addietro soffocarono in Italia i germi della libertà.
I potentati d’Europa stanno per raccogliersi a congresso e deliberare sui modi di assicurare le sorti d’Italia, riparando agli sconci fatti dai trattati del 1815 (1) che regolarono i diritti dei Principi, ma dimenticarono che vi era in Italia una Nazione italiana. Il Re Vittorio Emanuele vi comparirà per mezzo dei suoi rappresentanti e vi propugnerà i vostri diritti, che sono i diritti d’Italia sanciti dall’eterna giustizia e consacrati dal sangue dei nostri fratelli che morirono per la Patria. Ora più che mai importa che la temperanza dei propositi, la concordia dei voleri, l’irremovibile costanza nelle risoluzioni, l’osservanza delle leggi ed ai rettori a cui la volontà dei popoli conferì la somma delle cose, vi mostrino degni delle sorti a cui aspirate, e quanto alieni da ogni improntitudine e da ogni aggressione, altrettanto pronti a respingere con la forza chiunque, o al di dentro a al di fuori, si attentasse distruggere l’edificio politico che sorge sulle basi dell’unione, dell’ordine e della libertà. Il mio affetto a queste province vi è già noto; non mi conduce a voi altra ambizione che quella di secondare la politica italiana iniziata dal Piemonte e di contribuire alla vostra grande impresa. Fo assegnamento sulla vostra fiducia e sulla cooperazione dei governanti che, animando e dirigendo i vostri sforzi, si resero già tanto benemeriti della Patria, e che, continuando ad esercitare l’autorità che venne loro attribuita, acquisteranno sempre nuovi titoli alla sua gratitudine.
Livorno 21 dicembre 1859
Il Governatore generale
delle province collegate dell’Italia centrale
C. BONCOMPAGNI “
(PL Ballini “L’assemblea toscana del 1859-1860”.Edizioni Polistampa 2012. pg 227)
Marcello Camici
1) Congresso di Vienna