L’ALBA DELL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ELBA (1859-1860)
Il 13 gennaio 1860, nella prima adunanza del nuovo anno, il gonfaloniere di Portoferraio (E. Bigeschi), legge ai consiglieri un indirizzo che il municipio di Pistoia aveva scritto al presidente del consiglio dei ministri del governo toscano, B. Ricasoli, nell’interesse della causa nazionale affinchè anche il comune di Portoferraio faccia pure lui quello che aveva fatto il municipio di Pistoia.
I consiglieri approvano e chiedono che sia aggiunto “con voi perhè speriamo che promuovendo la promulgazione dello Stato Piemontese guidata al Bene Supremo dell’Indipendenza e dell’unione per le vie della Libertà”.
Questo che segue è l’integrale indirizzo del municipio di Portoferraio rivolto a Bettino Ricasoli, indirizzo nel quale tutto il consiglio comunale di Portoferraio, tranne uno, si schiera accanto a Ricasoli.
In questa prima parte la municipalità spieha quali sono i motivi per i quali appoggia la politica del governo toscana presieduto da Ricasoli.
“A SUA ECCELLENZA
Il Barone Bettino Ricasoli. Presidente del Consiglio dei Ministri in Toscana.
Ai governi imposti dalla forza, o, se d’origine meno impura, sopportati dai Popoli per abitudine e per ( ) è cessato il testimonio dell’ossequio servile di pochi: ma ai Governi scelti o confermati e fatti stabili dal voto Popolare ed interpreti schietti ed animosi e fedeli della opinione nazionale, tocca l’omaggio spontaneo delle moltitudini.
Dopo che una Dinastìa Austriaca di sangue e di talenti ( ) la Toscana, Voi foste chiamato al reggimento della cosa pubblica. A quel tempo il raccogliere il potere, guasto e diserto, non fu sollecitudine e appagamento di voglie ambiziose, ma eroismo di carità cittadina; perocchè in mezzo alla commozioni politiche sia breve e facile il passo dall’altare alla polvere.
Il crescendo di quanti vanno distinti per cultura di mente e copia di censo e l’amorosa simpatia della Popolazioni, in cui sono quasi un istinto il bene e l’orgoglio della Patria, vi hanno confortato e sostenuto nel difficile uffizio, tutti stimando, e per in Voi fermezza di cuore, sicurtà di mente, intenso amore all’Italia, e nell’amore della Patria consapevolezza dè suoi bisogni, prudenza di desideri, costanza di propositi.
Due volte innanzi ai rappresentanti della Toscana trovaste il ( ) del passato e il conforto all’avvenire. E ciò può bastare alla modestia Vostra e all’attenta curiosità dell’Europa; ma a noi non basta.
Noi sentiamo il bisogno di esprimere l’approvazione e la gratitudine per ciò che operaste e di confessare la fiducia che proviamo in Voi rispetto a ciò che vi resta a fare: vogliamo sappiano Italia e il mondo civile perché fummo e come siamo sempre con Voi.
Siamo con Voi perché accolto il concetto iniziatore della restaurazione della Patria italiana, respingeste quello della restaurazione di piccoli Stati tanto impotenti a far bene quanto preda facile ed agognati:
con Voi poichè a nessun patto accettaste il ritorno di una Dinastìa inconciliabile col bene dell’Italia, col bene e col decoro della Terra in cui nascemmo; di una Dinastìa spergiura e tinta del sangue versato a Solferino:
con Voi perché ogni atto, ogni vostra parola risponde ai pensieri e ai palpiti nostri e dà testimonianza del proponimento irrevocabile del popolo toscano di essere unti nel nome dell’Italia ad Italiani sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele secondo:
con Voi poiché avete saputo eludere i conàti dei satelliti dei Principi fuggitivi e insieme resistere ai desideri di quanti, svisceratissimi per l’Italia, la par di noi, scorgevate cagioni di debolezza:
con Voi non già per folle baldanza, ma per coscienza dei comuni diritti, sdegnando frasi coperte ed ambigue, solite alla Diplomazia sleale e bilingue, diceste all’Europa che se il Congresso contrapponesse la violenza dell’armi ai diritti nostri e della giustizia, tenteremmo di resistere, sebbene costi di soccombere:
con Voi poiché nel consegnare le insegne alla Guardia Nazionale, chiedeste ai militari il giuramento di cittadini e di guerrieri; di guerrieri che la morte antepongono alla perdita dell’onore e della patria; ed esortandoli a stringersi intorno al Vessillo Tricolore, in cui campeggia la croce sabauda, sapeste confermarli nel convincimento che il Simbolo dell’indipendenza e dell’unione nazionale non ci sarà strappato se noi nol vorremo:
con Voi perché speriamo che promuovendo la promulgazione dello Statuto Piemontese, ci guiderete al bene supremo dell’indipendenza e dell’unione per le vie della libertà…
(Protocollo delle deliberazioni dal dì 24 ottobre 1859 al dì 30 luglio 1860 per il Cancelliere. Pagine 86-91. Archivio storico comune Portoferraio)
Marcello Camici