11. Da Zitto e nuota! - La passerella (parte 2)
Intanto Almiro continuava a chiedermi:
«Ma insomma, vuoi passare o no? Ti sei addormentato? O forse preferisci passare senza il corrimano?»
A quella prospettiva mi riscossi del tutto e salii sulla passerella, tenendomi con una mano alla corda tesa da Pieraugusto (sul rimorchiatore) e Maurizio (sul Cavodurno) e protendendo l'altra mia mano indietro alla ricerca di Almiro. Ricerca che risultò vana perché Almiro non c'era: guardai indietro e infatti vidi che stava mettendo a posto alcune cose sul rimorchiatore, senza minimamente curarsi di me. Era evidente, e avrei dovuto essere lusingato della sua fiducia, che non gli passava nemmeno per la testa che io avessi bisogno della sua presenza, oltre che del corrimano. Così dovetti far buon viso a cattivo gioco (mia nonna avrebbe detto «far di necessità virtù») e proseguire da solo sull'infida passerella, tenendomi stretto alla corda con tutte e due le mani (se fossi stato un polpo mi ci sarei tenuto con tutti e otto i tentacoli). Feci i primi due passi titubante, ma poi vidi che non era quella grossa impresa che sembrava dal rimorchiatore: in effetti la passerella oscillava un po', ma la corda tesa tra Pieraugusto e Maurizio era un'ancora di salvezza psicologica molto efficace. Perciò, presa confidenza con la situazione, camminai spedito fino alla metà del precario ponticello, guardando dritto davanti a me e tentando anche una smorfia che voleva somigliare a un forzato sorriso.
Quello che vidi mi gelò sulle labbra quella smorfia e, da tentativo di sorriso mal riuscito, la fece diventare sgomento e terrore ben riuscito. Davanti al Cavodurno, non molto lontano da esso ma in rapido avvicinamento, un grosso cavallone avanzava minaccioso e colmo di cattivi presagi.
Vidi infatti che poco più in là si allontanava una grossa nave, che evidentemente aveva generato quell'indegna prole. Calcolai che molto probabilmente sarei passato abbondantemente prima che il temuto maroso si infrangesse contro il Cavodurno facendomi danzare sulla passerella, e la piccola vocina assennata bisbigliava di continuare ad attraversare tranquillamente la passerella perché c'era tutto il tempo, ma... io mi bloccai come un mulo che «ombra» per aver visto qualcosa di sospetto, rimasi puntato con i piedi per terra (anzi per passerella) e non riuscii a fare un passo in più.
«Che c'è?» mi chiese Maurizio dal Cavodurno. Poiché era di spalle, come anche le tre donne, non aveva visto il cavallone che si avvicinava.
Io restavo aggrappato strettamente alla corda e non riuscivo a parlare.
Maurizio allora, vedendo che non mi muovevo, considerando la sua funzione di tendi-corda temporaneamente sospesa, si rilassò togliendo il piede dal bordo su cui stava puntellato. In quel mentre l'ignobile ondata si schiantò contro il Cavodurno, sollevandone la prua di colpo, per poi sprofondare repentinamente facendo sollevare la poppa.
Il movimento inconsulto ebbe due effetti:
1. Maurizio fu sbilanciato all'improvviso in un momento in cui era rilassato (pur tenendo ancora la corda passata dietro la schiena e stretta tra le mani).
2. La passerella iniziò una danza frenetica sussultoria, come si può facilmente immaginare.
In questa situazione, per non cadere, avevo una sola possibilità: tenermi stretto alla corda. Senonché, per i movimenti inconsulti di cui sopra il tenermi stretto divenne un violento strattone proprio quando Maurizio, sbilanciato, era in bilico sulla poppa. Fu catapultato in mare: con un tuffo sgraziato, precipitò in basso ammarando di pancia e spargendo variopinti schizzi di acqua e catrame in un notevole raggio. Mi ricordò quella bella foto, presa al microscopio, di una goccia che cade sulla superficie del latte, spandendo intorno una corona di spruzzi. L'effetto di Maurizio in quell'acqua, se fosse stato visto al rallentatore, sarebbe stato anche più bello, ne sono certo, perché gli schizzi al petrolio giocavano fugacemente col sole spargendo per un attimo meravigliosi riflessi colorati. Nessuno però parve rendersi conto della bellezza della cosa e, tutto sommato, anch'io persi interesse alla faccenda non appena mi resi conto che Maurizio, cadendo, aveva mollato la corda che ora penzolava dalle mie mani inerte e moscia. Perciò feci un rapido dietrofront, verso il tratto di corda ancora teso tra me e il solido Pieraugusto, che aveva ancora sul volto dipinta la sorpresa.
In un attimo saltai a terra (anzi sul rimorchiatore) abbandonando l'infida passerella, e mi affacciai, assieme ad Almiro e Piera, per guardare in acqua. Il povero Maurizio intanto, evidentemente ancora frastornato, cominciava ora a rendersi conto della situazione e a capire cosa fosse successo e voleva parlare o chiedere qualcosa: solo che, per la tremenda panciata, non aveva fiato sufficiente, per cui faceva sforzi vocali incomprensibili, col rischio di bere qualche boccata di quel liquido opaco.
Almiro, capito il pericolo insito in quella situazione, lo apostrofò dall'alto:
«Zitto!», urlò con quanto fiato aveva in gola, «Zitto e nuota! Parlerai dopo! »
Per associazione d'idee, mi venne in mente una frase letta non ricordo più dove:
«Ogni mattina, in Africa, una gazzella quando si sveglia sa che dovrà correre più in fretta del leone, se no verrà uccisa.
Ogni mattina, in Africa, un leone si sveglia. Sa che dovrà correre più in fretta della gazzella o morirà di fame.
Quando il sole sorge, non importa se tu sei un leone o una gazzella, sarà meglio che cominci a correre».
E Maurizio nuotò. Senza più tentare di parlare, facendosi strada tra lattine e sacchetti di nylon galleggianti, si avviò a rapide bracciate verso il cargo che, essendo basso di sponde, permise un suo facile recupero da parte di Piera e di Almiro.
Io ero molto dispiaciuto per quanto era successo, anche se chiaramente quell'onda anomala non era venuta per colpa mia.
Dopo aver chiarito col fradicio Maurizio l'episodio (per il quale, con molta signorilità, fu data la colpa di tutto al cavallone vagante), restava ancora per me il problema, purtroppo, di salire sul Cavodurno. Quell'orrida passerella stava diventando un incubo.
Ricominciammo tutto da capo: Piera sul rimorchiatore, Almiro sul Cavodurno, corda tesa tra i due, Maurizio nella cabina del rimorchiatore a cambiarsi, io in trepida attesa di affrontare di nuovo la passerella infernale. Prima di salire, guardai che non fossero in arrivo onde o marosi vari: il mare era calmo e liscio, senza neppure un'increspatura. Questa volta passai senza inconvenienti e tutti, ne sono certo, tirarono con me un sospiro di sollievo.
Gianfranco Panvini