Riassunto della prima puntata. La Convenzione stipulata nella cittadina portoghese di Faro (http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2016/01/Convenzione-di-Faro.pdf), introduce i concetti di comunità di eredità, il diritto della comunità al patrimonio culturale come via per migliorare le condizioni di vita, il ruolo partecip-attivo della comunità nella gestione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale. Tutte queste cose competono allo Stato ma anche alle sinergie fra pubblico, cittadini, privati, associazioni. Applicare la Convenzione è fondamentale per l’isola e per l’Arcipelago.
Torniamo sul “paesaggio”. Il paesaggio non è solo una vecchia, affezionata e consolatoria visione fatta di monti, di fiumi, di spiagge e scogliere, il tutto molto suggestivo, soprattutto se visto per contrasto con le tante brutture che ci assediano. Il paesaggio è bello e affascinante anche perché un organismo complicato e vivente, con mille facce, belle e brutte, che può essere osservato da molti punti di vista: storia, archeologia, arte, agricoltura, geologia, diritto, ambiente, salute, economia…
Nel paesaggio si legge il lavoro dell’homo faber che, da sempre e in forma collettiva, ha compiuto trasformazioni buone e cattive, adattandosi alle componenti naturali, trasformandole profondamente. Ci sono trasformazioni rapide e incisive, trasformazioni alla scala di una-due-tre generazioni oppure trasformazioni cominciate millenni fa e non ancora concluse. C’è chi ha invaso, distrutto, costruito, chi ha fatto miniere, manifatture, piantagioni, ville, monasteri, chi ha pescato e allevato per tempi lunghissimi.
Ci sono esseri umani e comunità di donne e di uomini che hanno lasciato nel paesaggio impronte immateriali. Come le attività economiche, anche i tessuti sociali, le reti ideologiche e culturali, i rituali, lasciano nei paesaggi dei diversi tempi tracce variamente profonde, leggibili, interpretabili. Queste tracce vanno decodificate e trasformate in un racconto che, a dispetto delle lacune, abbia trama, svolgimento, ambientazione e personaggi credibili.
Il paesaggio è dunque intreccio di ambiente, lavoro, immagini, relazioni, emozioni.
Il paesaggio contemporaneo deve essere un tessuto, nel quale la comunità che lo abita possa rispecchiarsi ritrovando la consapevolezza di essere comunità di eredità, capace di fare della propria geografia un’area utile, di condivisione, socializzazione e progresso. Per fare questo è indispensabile fermare lo sviluppo, quando questo non sia sostenibile e sia, più che altro, consumo di suolo e attività pregiudizievoli per il contesto nel suo complesso perché questo significa fare scelte a carico del futuro delle generazioni avvenire.
Si percepiscono, in questa isola e in queste isole, amore per queste terre, attaccamento alle proprie origini, storie e tradizioni. Tutto questo, però, deve farsi sistema o si rischia di riproporre, per l’ennesima volta, la stantia politica dell’orticello. Credo che i molti soggetti presenti possano e debbano identificare uno o più minimi comuni denominatori intorno ai quali far convogliare le idee e in relazione ai quali costruire progetti coerenti, sostenibili e di lunga durata. Ma di questo, ancora una volta, in una puntata successiva…
Franco Cambi