Dopo il congresso di Vienna del 1815, tutta quanta l’Elba fu annessa al Granducato di Toscana.
Per il Granducato ciò comportò non pochi problemi riguardanti l’amministrazione finanziaria dell’isola.
Questa, aveva attraversato un periodo storico del tutto eccezionale, prima con la guerra e l’occupazione dei francesi poi perché essa era diventata un vero e proprio stato sovrano sotto Napoleone. In questa circostanza le spese erano di gran lunga state maggiori di quel che non comportasse l’amministrazione di una semplice provincia. Di conseguenza i criteri che dovevano guidare la formazione dei bilanci, specialmente di quello di Portoferraio, dovevano essere profondamente diversi da quelli usati sotto il governo franco-napoleonico. A tutto questo si aggiunge il fatto che la restaurazione comportò il passaggio anche di moneta: dal franco alla lira toscana. Insomma nuove leggi e norme di cui le comunità isolane furono tutte investite e che dovettero risolvere anche richiedendo al regio Governo in Firenze copie di leggi contenenti queste nuove norme.
Il Granducato di Toscano inviò all’Elba, con ampi poteri, il Commissario Straordinario conte Agostino Fantoni il quale dovette procedere a ridurre le spese.
Esse dovevano riguardare i seguenti titoli di bilancio :
1)Spese di amministrazione. Qui il Granducato emanò un regolamento ad hoc per la comunità di Portoferraio riguardante salari, emolumenti ,provvisioni che venissero stabiliti dalla comunità: era la figura del cancelliere che nelle adunanze doveva richiamare la magistratura comunitativa alla osservazioni di norme e leggi; era poi ancora il cancelliere che doveva predisporre il bilancio di previsione ed inviarlo al controllo dell’Uffizio Fossi di Pisa;
2)Spese per sussidi ed elemosine. Qui il Granducato voleva fortemente ridurre le spese del pagamento delle congrue ai curati e ai cappellani dell’isola che se conservate nel modo in cui erano pagate al tempo del governo franco –napoleonico costavano al Regio Erario la somma di circa lire* 3688 l’anno;
3)Spese per il mantenimento delle strade,piazze ed edifici sia comunali,sia di altri enti che avessero diritto a questa prestazione da parte delle amministrazioni comunali.Qui il Granducato intendeva ridurre le spese annuali che per l’intera isola si aggiravano intorno a 1300 lire * e che erano contenute nel capitolo chiamato “Spese di lavori di strade”;
4)Spese diverse .Qui il Granducato vuole ridurre le spese che non sono riferibili a nessuno dei titoli di bilancio sopra riportati.Sono però riduzioni di spesa ritenute necessarie ad una buona e ben regolata amministrazione quali,ad esempio,le spese per sussidi e gratificazioni che gravavano sul Regio Erario per una somma annua di circa lire* 2000
Il Commissario Straordinario prendendo in esame le voci di spesa presentati dai municipi elbani nel 1815,ne fece una generale revisione,portando la spesa complessiva da lire 114460 a lire* 71593.19.8.**.
Dell’ordine di rivedere i bilanci di previsione furono investiti tutte le Magistrature Comunitative dell’Elba. A Portoferraio nell’adunanza del 21 marzo 1816 il cancelliere fa presente alla Magistratura Comunitativa della città gli ordini ministeriali”… Partecipata la ministeriale dell’Ill.mo Sig. Provveditore Uffizio dei Fossi di Pisa del 2 marzo stante colla quale accompagna in copia il Biglietto dell’I.R. Segreteria di Finanze del 29 Febbraio decorso con cui si richiama lo Stato delle Rendite e quello delle Spese Comunitative presunte per il corrente anno osservandosi infine egualmente che se ristrette le spese agli oggetti puramente necessari non avranno le Comunità bastanti rendite proprie per supplirvi, potranno le Magistrature proporre le risorse opportune senza ricorrere ad una discreta imposizione Comunitativa, come fu avvertito da me Cancelliere essere il sistema che si pratica in tutta la Toscana. Sentito pure l’altro Biglietto della prelodata Segreteria di Finanze in data del dì 8 marzo stante, rimessoli il dì 11 di detto mese per il canale dell’Uffizio dei Fossi di Pisa con il quele si rileva che dopo le disposizioni già date non potrebbe aver luogo né già sarebbe conforme ai Sistemi Toscani il rilascio a favore di questa Comunità dell’introito dei diritti che si pagano alle Porte e tornando a sollecitare la trasmissione dello Stato delle Entrate si fa sentire essere intenzione dell’ I.R. Governo di usare verso detta Comunità tutti i riguardi che meritano le circostanze del luogo e di fare risentire ad essa quei vantaggi che possono essere compatibili con lo stato attuale delle Cose non senza aver presenti i loro titoli e dei loro Bisogni con quant’altro…”( Partiti dal 22 dicembre 1815 al 27 dicembre 1817. (24) E 6.Carta n. 41.ASCP)
Per la comunità di Portoferraio, che era quella che più delle altre concorreva alla spesa complessiva di cui sopra, la Magistratura Comunitativa della città si riuni’ in adunanza il 24 maggio 1816 “…dopo di che discusso Partita per Partita il Bilancio di Previsione per il corrente anno 1816 si vide che l’entrata ascendeva a lire*11953.4.5** e l’uscita ristretta agli oggetti puramente necessari e secondo i sistemi delle passate Amministrazioni a lire*53370.3.9** e che in tal guisa vi era un deficit di lire *41422.15.4**. Considerato che la Rendita dei Fondi Rustici e Urbani della Loro Comunità secondo la Matrice di Ruolo compilata sotto il cessato governo ammontando a Franchi 46840.56 che corrispondo a lire*55762.11.5**. Se si dovesse imporre sopra di quella per supplire al bisogno accennato, l’imposta ragguaglierebbe a soldi quindici per lira e così sarebbe insopportabile non restando ai Possessori Contribuenti che un quarto della preaccennata Loro Rendita, di più che nella massima parte le Gabelle che si percepivano alle Porte gravitano sopra i Possessori medesimi pagando dei diritti per i Generi di prima necessità e particolarmente per il vino, che può dirsi l’unica risorsa dell’isola, che sono nella necessità di far apportare in Città dalla Campagna ove non resta a pernotare alcuno in tempo d’Estate. In questo stato di cose nell’assoluta deficienza di altre risorse deliberano e implorano dalla Sovrana Clemenza che si degni provvedere ai bisogni di questa Comunità con tutt’altro mezzo che non quello di un Reparto sulla Rendita o sia Mappa Estimale”( Partiti dal 22 dicembre 1815 al 27 dicembre 1817.(24) E 6.Carta n. 42.ASCP).
In questa adunanza esce fuori la questione del reperimento delle entrate:la comunità non intravede nell’imposta diretta fondiaria la soluzione al problema delle entrate giacchè graverebbe troppo sui possessori che avrebbero anche dovuto pagare la gabella delle porte per introdurre in città il prodotto dei loro possedimenti.
All’Elba, sin dai tempi di Leopoldo II, per un privilegio da lui concesso, non veniva pagata la Tassa Prediale o Fondiaria detta di Redenzione: una imposta diretta che grava invece sul resto di tutto il territorio granducale e che rappresenta voce principale d’introito per il Regio Erario.All’Elba non esisteva un Catasto. Ne era stato redatto uno sotto il governo francese “Matrice di Ruolo compilato sotto il cessato governo” ma ritenuto non esatto per i criteri con cui era stato compilato e che, comunque, veniva usato per scopi locali. L’Introito era che ne derivava era basso ,non veniva depositato nelle casse del Regio Erario ma direttamente in quelle comunali dove era usato per ricoprire fabbisogni dei bilanci locali delle comunità.
All’Elba esistevano invece tutta una serie di tasse indirette, dazi, che venivano pagati su generi alimentari e a Portoferraio era stata mantenuta anche la Gabella delle Porte il cui introito, anche questo, non andava al Regio Erario ma alle casse comunitative. Era stato il governo francese a predisporre questa regola che divergeva fortemente da quanto aveva predisposto il governo granducale leopoldino. Con il ritorno e la restaurazione granducale dopo il 1815 il governo Regio granducale predispose che tale gabella fosse assegnata direttamente di nuovo alle Regie Casse.
Insomma per le Regie Casse granducali, l’Elba era zona dove le rendite fiscali erano molto basse e perciò appena ritornato a governare il Granducato iniziò a prendere iniziative per invertire al tendenza, non senza però “usare verso detta Comunità tutti i riguardi che meritano le circostanze del luogo…”
Infatti, le rendite demaniali erano praticamente nulle perché quelle provenienti dalle miniere di Rio-circa 220000 lire*/anno- e dalle tonnare di Marciana e Portoferraio –circa 70000 lire* anno riscosse col canone di affitto- seppur ora appartenenti al Granducato, non potevano ritenersi nella classe di quelle fiscali o di regalìa proprie del luogo essendo state acquistate per la maggior parte dal principe Buocompagni da parte del Granducato mediante lo sborso di un capitale corrispondente, sborsato dalla Regia Depositeria del Granducato.Anche le rendite demaniali provenienti dalla tenuta di S. Martino pari a circa 2000 lire*/anno non erano ritenute di proprietà demaniale. La tenuta di S. Martino non era ritenuta tra i cespiti d’introito demaniale,poichè comprata da Napoloene per conto suo proprio, ed era, per questo, amministrata in linea di deposito.Erano demaniali le entrate fiscali del bosco del Giove e della Lecceta e dell’isola di Pianosa ma con introiti bassissimi.
Gli aggravi,le spese, per le Regie Casse all’Elba c’erano e di notevole entità, come le spese sostenute per mantenere l’Ospedale militare a Portoferraio, le guarnigioni militari e i vari ministri a cominciaare dal Governatore, militare e civile, dall’Auditor Vicario essendo tutta l’isola stata eretta in Vicariato e stabilite due Potesterie, una in Longone l’altra in Marciana.
Oltre a tutte queste spese ordinarie il Granducato sostenne anche spese straordinarie legate all’atto generoso di sovrana munificenza per cui vennero estinti, con fondi della Regia Cassa, gli antichi debiti contratti dalla comunità di Portoferraio per l’assedio sostenuto da questa piazza nel 1800 contro i francesi, debiti liquidati nella cospicua somma di lire 224765.3.3; inoltre fu ravvivato a favore della comunità stessa sul Regio Erario un capitale di lire 107450 dipendente da Luoghi di Monte.
Tutto queste spese straordinarie avvennero rammentandosi il Sovrano della difesa della comunità di Portoferraio dall’assalto delle truppe francesi nel 1800.
Per tutti questi problemi a Portoferraio fu istituito un Uffizio Principale delle Regie Rendite con direttore Giuseppe Cantini:in questo ufficio si concentrano le spese e le entrate pubbliche di ogni genere.
Si può dunque dire che le rendite,le entrate pubbliche, si riducevano al prodotto 1) della Tassa di Famiglia, ascendente in tutto a circa lire 4300 l’anno, 2)dei Diritti di Registro e Carta Bollata; 3)dei diritti sanitari e d’ancoraggio,i quali bastano appena a supplire al mantenimento dei Ministri di sanità, ed infine al prodotto della vendita del sale venduto quasi al prezzo di costo poiché le saline non davano gran profitto per gli alti costi di lavorazione e manutenzione che nel 1817 ammontavano a lire 10805.11.3
Tra le imposte dirette che anche all’Elba nel 1816 si pagavano come in tutto il resto del granducato v’era la Tassa di Famiglia da poco introdotta(editto 11 febbraio 1815) in sostituzione della tasse di macine o gabella delle farine.La tassa era gestita localmente essendo la quota stabilita da tre deputati eletti dalla magistratura comunicativa fra “i comunisti più reputati e più istruiti” che formavano “il piano del reparto e gli stati di esso distinti in classi, di modo che l’intera tangente di tassa assegnata alla comunità rimanga distribuita proporzionatamente”. La riscossione avveniva tramite il Camarlingo comunitativo che poi la depositava nella Regia Depositeria Generale la quale gestiva gli introiti di tale tassa per conto del Regio Governo. Era un introito importante per il Granducato per cui anche all’Elba si predispose subito affinchè tale pagamento avvenisse. A Portoferraio la Magistratura Comunitativa nell’adunanza del 4 gennaio 1817 procede alla elezione dei deputati al reparto della tassa di famiglia “attesa la rinunzia dei Sig.ri Candido Bigeschi, Pellegro Senno, Pietro Traditi, Giuseppe Palmi eletti in Deputati al reparto della Tassa di Famiglia, dovendosi procedere all’elezione di altri due, furono dal sig. Gonfaloniere proposti i Sig.ri Giuseppe Ninci e Ferdinando Lapi, questi mandati separatamente a partito avendo ambedue ottenuto un primo Partito di voto favorevoli quattordici nessuno contrario…” (Partiti dal 22 dicembre 1815 al 27 dicembre 1817.(24) E 6.Carta n. 110.ASCP ) poi nell’adunanza del 29 settembre 1817 “…in seguito essendo stata sottoposta l’elezione dei tre deputati per il Reparto della Tassa di Famigliaed avendo nominati vari soggetti fu stabilito doversi mandare ciascuno separatamente a Partito,con dichiarazione di aversi per prescelti in Deputati come sopra quie tre che riporteranno un numero di suffragi maggiore a due terzi ,con condizione che non potendo qualcuno degl’Eletti con superiorità di voti prestarsi a detta operazione s’intendino prescelti gli altri successivi.
Primo sig. Maggiore Francesco Rutigni v.F 10;C—
2 sig Pietro Traditi detti 10;C.—
3 sig Dr. Pasquale Squarci detti 11;C—
4 sig Dr. Taddeo Lorenzini detti 10;C—
5 sig Francesco Mibelli detti 10;C—
E in tal guisa rimasero eletti il primo luogo i Sig.ri Squarci,Rutigni e Traditi in Deputati per il Reparto della Tassa di famiglia “ ( Partiti dal 22 dicembre 1815 al 27 dicembre 1817,(24) E 6,Carta n. 168.ASCP)
Dal pagamento della Tassa di famiglia erano esclusi i capi famiglia indigenti e i miserabili e anche coloro che avevano dodici figli godevano del privilegio di essere esentati dal pagamento. A Portoferraio si discute nell’adunanza del 21 marzo 1816 di questo privilegio con una “circolare relativa al privilegio dei XII figlioli…fu partecipata ad Essi Signori Coadunati la Circolare dell’Uffizio dei Fossi di Pisa in data del dì primo marzo stante con la quale per schiarimento si rileva che il benefizio concesso ed attualmente conservato ai Padri di dodici figli deve intendersi limitato e ristretto all’esenzione dei due quinti della semplice Tssa di redenzione e delle Spese Locali Comunitative e non mai esteso al raddoppio della Tassa di Redenzione o ad altre Tasse o Imposizioni che sono state o venissero imposte per sovvenire ai bisogni dello Stato” ( Partiti dal 22 dicembre 1815 al 27 dicembre 1817,(24) E 6. Carta n. 26.ASCP).
Marcello Camici
ASCP. Archivio Storico Comune Portoferraio
*Lire toscane. Lira Toscana equivalente a lire italiane 0,584
**71593.19.8 .Leggi: lire toscane 71593,soldi 19,denari 8.
Soldo equivalente a lire italiane 0,0420.Denaro equivalente a lire italiane 0,0035
ASCP. Archivio Storico Comune Portoferraio