Quando un’operazione di carattere culturale, sovente può trasformarsi in un danno ad un intera comunità. Mi è capitato di leggere il numero di dicembre scorso della rivista mensile di storia FOCUS, laddove ha trovato svolgimento un articolo intitolato SULLE TRACCE DI NAPOLEONE nel quale si parla dei luoghi principali che hanno caratterizzato la vita dell’imperatore.
Di essi, due sono corsi (cattedrale e casa natale di Ajaccio), uno di Porto Azzurro (Forte San Giacomo), uno di Marciana (Madonna del Monte), gli altri sei di Portoferraio (Biscotteria, Villa dei Mulini, Villa San Martino, spiaggia della Paolina, teatro dei Vigilanti, chiesa della Misericordia). Ora, a parte la discutibilità di identificare il Suo passaggio all‘Elba con tutti indistintamente questi luoghi, salta agli occhi anche dei meno attenti conoscitori di storia elbana che manca la località che dopo la zona del Ferrajo fu frequentata con maggiore intensità, e cioè Rio.
Chiunque si avvicini all’esperienza di Napoleone nell’Isola, sa che solo poche ore dopo il suo sbarco del 4 maggio 1814, alla mattina successiva, egli si recò a visitare le miniere Riesi(che versavano alla Camera Imperiale ben 260.000 franchi all‘ anno); che voleva deviare la foce del Riale per farne un porto commerciale ed effettuò per questo motivo direttamente scandagliamenti; che voleva costruire il primo altoforno in questo territorio; che visitò le fortificazioni sul monte Giove e l’isolotto di Palmaiola; che era frequentatore della casa di Lazzaro Taddei Castelli, giudice di pace in Rio, nella zona della Chiusa. Basta leggere i resoconti che fece nel suo libro autobiografico “Souvenirs et anecdotes de l’Ile d’Elbe” André Pons de L’Herault, direttore delle miniere elbane.
Ora, io non so chi sia la “firma” Tim Williamson, nè so se qualcuno - persona fisica o ente - abbia sollecitato questo articolo. Probabilmente, forse, no; ma ciò che risalta è l’immagine che da sempre è stata data, di monopolio della presenza all’Elba di Napoleone. Anziché fare filiera su tutti i territori, assecondando culturalmente il percorso storico che Egli fece in loco, negli ultimi tempi, ciascuno ha cercato di sfruttarlo sotto il profilo turistico e commerciale (e basta: vedi i festeggiamenti del bicentenario), e solo raramente trattandone i caratteri peculiari della Sua reale presenza. Peccato; speriamo che le entità preposte alla gestione del turismo, nel futuro facciano risaltare le “vocazioni” napoleoniche, che vanno ripensate sulle appartenenze territoriali, dando a Cesare quello che è di Cesare: solo così, con operazioni culturalmente comprensibili, potremo rilanciare l’Elba all’interesse del “nuovo” visitatore, che come si sa, non cerca solo mare e sole, ma anche sistemi integrati di valenza culturale.
Umberto Canovaro
storico del diritto delle comunità locali